Una delle proposte interessanti di questa estate è la messa in scena, a Siena e a Montepulciano, de El Cimarrón di Hans Werner Henze, l’opera  che, si dice, piacesse di più a Fidel Castro e comunque uno dei capolavori della seconda metà del novecento. Prima di parlare del lavoro e del suo allestimento visto e ascoltato a Siena nel Teatro dei Rozzi il 17 luglio in una produzione del Teatro di Losanna (a Montepulciano ne viene presentata un’esecuzione differente il 27-28 luglio)  è utile situarlo nel contesto del festival in corso a Siena e della vita e poetica dell’autore.



Da decenni a Siena si teneva un festival di una settimana (era chiamato La Settimana Chigiana) in cui grandi artisti (specialmente cameristica ma anche sinfonica e qualche spettacolo di lirica) presentato lavori, spesso inediti, in coincidenza con i corsi estivi di perfezionamento dell’Accademia Chigiana. Quest’anno, a budget invariato, il festival è esteso: dura da 10 luglio al 31 agosto ed incorpora concerti degli allievi dell’Accademia (tutti selezionati con grande rigore) e dei loro docenti. 



E’ un messaggio alla politica: in un momento in cui fondazioni e altre istituzioni del settore musicale non hanno ancora certezza sulla allocazione del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo 2015), un territorio che è stato travolto da un vero e proprio terremoto economico e finanziario (la crisi del Monte dei Paschi di Siena) fa leva sulla cultura musicale per rilanciarsi. E lo fa non assemblando artisti comunque in giro per l’Italia in quanto impegnati in numerosi festival estivi, ma portando nel nostro Paese grandi produzioni di livello internazionale. E’ un atto di fede nell’Italia migliore (quella delle arti , della musica) a cui speriamo che il Governo ed il Parlamento prestino attenzione. Nasce da un’idea del Direttore Artistico, Nicola Sani che ha trovato il supporto e del Presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Marcello Clarich e della comunità senese.



Talento precocissimo, Henze (1926-2012) è protagonista della scena musicale internazionale della seconda metà del ventesimo secolo e del primo scorcio del ventunesimo. Inizia a comporre a 12 anni: il suo Kammerkonzert per pianoforte, flauto e archi del 1946, viene subito eseguita con successo. Dopo aver scritto opere molto diverse fra loro per genere e stile, tra cui si a Boulevard Solitude (che scatenò una vera e propria battaglia al Teatro dell’Opera di Roma), e dopo aver collaborato con il Deutsches Theater di Costanza (1948) e con il Ballet du Staatstheater Wiesbaden (1950-53) si trasferisce definitivamente in Italia dove compone le due opere, König Hirsch (1956) e Der Prinz von Homburg da Kleist, i tre atti del balletto Undine e l’opera Elegy for Young Lovers (1961) su libretto di Auden; le cantate Kammermusik (1958) e Cantata della fiaba estrema (1963). 

Nel 1966 sempre su libretto di Auden, Henze compone  Die Bassariden  concepita come una sinfonia in quattro movimenti – opera che il prossimo novembre inaugurerà la stagione 2015-2016 del Teatro dell’Opera di Roma. Di questo periodo è anche l’opera comica Der Junge Lord, a cui segue un altro capolavoro, il Secondo Concerto per pianoforte (1967). Una visita a Cuba (1969-70) lascia un’impronta politico-sociale nei lavori di quegli anni: El Cimarrón (1970) e We Come to the River (1976). Sono anche gli anni in cui fonda il Cantiere d’Arte di Montepulciano, che considererà “uno dei miei pochi successi politici”, per cui scrive Pollicino, un’opera per bambini, forse il suo lavoro più eseguito in Italia.

Contemporaneamente sviluppa la ricerca di una ricchezza espressiva anche nel linguaggio orchestrale conHeliogabalus imperator (1972), Tristan (1974), Aria de la folía española (1977), reinterpretando spesso antichi modelli musicali. Degli anni più recenti ricordiamo The English Cat del 1983. e nel 2003, su commissione del Festival di Salisburgo,  Upupa che  ha approdato sulle scene di tutto il mondo (tranne quelle italiane), e Paolo Isotta considera come l’opera migliore in assoluto a cavallo tra il XX ed il XXI secolo.

In Italia si è avuta una ripresa di Boulevard Solitude a Genova alcuni anni fa e una delle sue opere da camera più struggenti Elegy for young lovers viene eseguita, grazie ad una co-produzione del Teatro alle Muse di Verona e del Teatro San Carlo di Napoli, nonché Gisela! che ha inaugurato la stagione lirica 2015del Massimo di Palermo.

Anche qui occorre chiedersi, come mai un compositore considerato “di sinistra”, nell’Italia “a sinistra”, venga rappresentato di rado mentre era regolarmente nei programmi del Covent Garden negli anni di Margaret Thatcher (sua grande estimatrice), ha composto opere su testi di Yukio Mishima ed è di frequente sulle scene americane e spagnole (oltre che su quelle tedesche, austriache e svizzere). Henze ha portato la musica dodecafonica al grande pubblico combinandola (grazie ad un eclettismo inconfondibile ) con la musica cromatica e diatonica tradizionale.

Per celebrare il genetliaco di Henze, il Cantiere Arte di Montepulciano (un festival da lui creato davvero low cost- un budget di solo 380.000 euro per 3 settimane, finanziato in gran parte da privati) ha riproposto sue musiche Tra le vere chicche la prima italiana di Das Wundertheater (opera composta da Henze quando aveva 23 anni) nonché la ripresa della rielaborazione di Henze del Re Teodoro in Venezia di Paisiello ed ora El Cimarrón

Andiamo a El Cimarrón (lo schiavo impiegato a tagliare canna da zucchero). Henze, il quale viveva nei pressi di Roma (ad Albano) ma viaggiava molto, incontrò a Cuba (dove abitò dal 1969 al 1970) Estéban Montejo, che allora aveva 103 anni e che era stato schiavo dalla nascita ma era riuscito a fuggire dalla piantagione e a vivere alcuni anni nella foresta prima di unirsi alla rivoluzione castrista. Lo scrittore cubano Miguel Barnet ne aveva raccolto le memorie. Sulla base del libro di Barnet e di una serie di incontri con Montejo, Henze chiese a Hans Magnus Enzensberger di predisporre un libretto molto singolare: un racconto con una unica voce (un baritono- a Siena Maurizio Leoni) ed un organico di tre strumentisti (flauto- Luciano Tristaino; una chitarra (Luigi Attedemo) e percussioni (Maurizio Ben Omar). 

In tal modo poteva essere rappresentato sia in teatro sia in sala di concerto. Quello che contava, per Henze, era il forte messaggio politico contro la schiavitù. Non sorprende che fosse rappresentata spessissimo a Cuba, dove era considerata l’opera favorita da Fidel Castro.

A Siena viene rappresentato in scena in un elegante teatro ottocentesco, ma anche gli strumentisti sono sul palcoscenico e una serie di diapositive rappresentano i vari umori e le varie tinte più che i sentimenti. La regia (quasi impalpabile) è di Laura Croce. Maurizio Leoni non le ‘physique du rôle’ per essere Estéban Montejo. Inoltre, legge il testo da un leggio. Ha un ottima voce ed un bel fraseggio ma non rende tanto quanto il baritono nero Zelotes Edmund Toliver che nel 2003 interpretò la parte a Macerata  in un capannone industriale di Appignano per evocare l’ aspro e poetico «recital per 4 musicisti» Battezzato Teatro delle Pietre, lo spazio era un cubo delimitato da teli bianchi, sassi, cento sgabelli-sedili di massi; dalle pareti piove polvere colorata nei cambi di luce. Lo spettacolo firmato da Brockhaus attizzava l’ epicità del lavoro ed ottenne un premio speciale della critica musicale.

Una buona produzione, ma mi sarebbe piaciuto qualcosa di più ruvido e con un Cimarrón meno elegante, più corpulento.

Nessuno è perfetto.