Beverly Hilton, Beverly Hills, California, 11 febbraio 2012. Nella vasca da bagno di una delle suite galleggia a testa in giù il corpo di una donna. E’ il primo pomeriggio e nella hall il suo compagno, il cantante Ray J. la sta aspettando per recarsi insieme alla serata dei Grammy Awards, il più importante evento della discografia americana (e di conseguenza, del mondo). E’ preoccupato, sono già le 15 e 30 passate e lei non scende. Chiede al personale dell’albergo di entrare nella camera: sono le 15 e 43 quando il corpo di Whitney Houston viene trovato nella vasca da bagno. Non dà segni di vita, si cerca disperatamente di rianimarla. Inutile: quella che in molti considerano una delle più grandi cantanti della storia è morta. Causa ufficiale del decesso: morte accidentale, ma nel corpo della Houston, come si leggerà nei risultati dell’autopsia a lungo tenuti segreti, ci sono tracce di marijuana, cocaina, farmaci antidepressivi e alcol. Un collasso cardiaco causato “da una malattia cardiaca, l’arteriosclerosi, accentuata dal prolungato uso di queste sostanze”. Al momento della morte Whitney Houston ha 48 anni.Quella sera dell’11 febbraio doveva esibirsi ai Grammy Awards.
31 gennaio 2015. Una giovane donna è rivolta a faccia in giù nella vasca da bagno della sua abitazione in Georgia. La trova così il compagno, Nick Gordon, che cerca subito di rianimarla, ma lei non risponde anche se, sembra, respira ancora. Viene trasportata al Nord Fulton Hospital a Roswell e viene messa in coma farmacologico. I medici appaiono sin da subito con ben poche speranze: la funzione del cervello è scarsa e la possibilità di riprendersi sarebbe un miracolo. Arriva in ospedale anche il padre, il rapper Bobby Brown. Lei è Bobbi Kristina Brown, sua madre si chiamava Whitney Houston. Verrà tenuta attaccata ai macchinari per quasi sette mesi, poi il 26 luglio il padre comincia ad avvertire i familiari: le macchine sono state staccate, Bobbi Kristina è morta. Aveva 22 anni e da quando era morta la madre aveva fatto abuso di sostanze stupefacenti e alcol, per cercare di lenire il dolore. Madre e figlia sono morte allo stesso modo per le medesime cause.
Quella di Whitney Houston e di sua figlia Bobbi Brown è una storia tipicamente americana. La madre di Whitney era una famosa cantante gospel e soul, Cissy, le cugine erano due altrettanto straordinarie interpreti, Dione e Dee Dee Warwick. La madre, premurosa e attenta, pur essendo le doti di Whitney già notevoli da bambina, le aveva impedito di entrare nel carrozzone dello spettacolo fino a quando non avesse terminato gli studi. Dopo aver fatto per qualche anno la modella, grazie all’avvenenza fisica, esordirà con un disco solo nel 1985, a 22 anni, un immediato successo mondiale. Whitney è entrata nel carrozzone, ne uscirà cadavere.
C’è un filmato che si può vedere anche su Youtube, quando la Houston porta sul palco la figlia Bobbi Kristina, avrà 6 o 7 anni. La presenta al mondo e la piccola da quel momento sognerà di seguire la strada della mamma, ma non ne avrà mai le doti. La storia è nota: Whitney Houston sposa un uomo violento, il rapper Bobby Brown, che la farà entrare nel mondo della droga per sfuggire alle sue violenze. Nonostante il divorzio nel 2006, la cantante non riuscirà più a trovare la forza di vivere, trascinandosi in condizioni sempre peggiori fino alla morte.
E’ una storia americana di talento sprecato. Nonostante la voce incredibilmente bella e la vendita di decine di milioni di dischi, il suo repertorio sarà quasi sempre di scarsa consistenza piegato alle logiche di mercato. Se Whitney Houston avesse avuto la possibilità i lavorare con i grandi produttori degli anni 60 che costruirono la fortuna di star come Aretha Franklin, probabilmente sarebbe diventata la più grande cantante della storia.Non avrebbe avuto il successo che ha avuto, ma questo, forse, avrebbe anche contribuito a salvarle la vita. E’ una storia americana di di successo enorme, spropositato: Whitney è nel Guinness dei Primati per essere la donna più premiata nella storia della musica con un totale di circa 415 premi, tra cui 6 Grammy Awards, 2 Emmy Awards, 31 Billboard Music Awards, 22 American Music Awards. Come Elvis, chiunque può avere successo in America, ma proprio come Elvis, una persona che diventa re è qualcosa di unico. E come Elvis, a quei livelli di successo si muore. E’ una storia americana di solitudine e di violenza e di fuga da una realtà impossibile da sopportare.
Bobbi Kristina Brown cresce in mezzo a questa storia americana e come la madre questa storia la ucciderà, a soli 22 anni. Quando Whitney scompare, la ragazza eredita tutta la sua immensa fortuna. Manca solo una cosa: una madre che probabilmente non è mai riuscita ad avere. Chissà cosa avrà visto in quella casa la piccola Bobbi Kristina. Chissà quante volte avrà raccolto la mamma caduta a terra per droga e alcol, chissà quante volte l’avrà consolata dopo le botte del padre.
L’ultima esibizione live di Whitney Houston è di due giorni prima della sua morte. Il 9 febbraio sale a sorpresa sul palco del Tru a Hollywood durante una esibizione di Kelly Price e insieme a lei fa un duetto. Spontaneo, improvvisato. Si ricorda di una vecchia canzone che cantava da bambina alla New Hope Baptist Church dove a soli 11 anni era diventata voce solista. Si intitola Jesus Love Me, Gesù mi vuole bene. E’ più di una preghiera, è una constatazione: Gesù mi vuole bene nonostante tutto, nonostante il disastro che ho fatto del dono della voce che ho ricevuto e probabilmente è anche l’ultimo abbraccio e l’ultimo messaggio alla figlia. Che adesso ha ritrovato, alla fine di una autentica storia americana.