È da poco uscito il suo primo progetto da solista ma la sua carriera non è certo iniziata l’altro ieri. Si chiama Luca Masperone e ama l’arte del far musica sin da quando era un bambino. Oltre ad esser per me un collega – Luca è infatti un giornalista – veste (benissimo) anche i panni del cantautore, prezioso, amante della chitarra, del suono e della sperimentazione in musica più di qualsiasi altra cosa. L’ho intervistato qualche giorno fa per chiedergli di raccontarsi a Il Sussidiario.net e ai suoi lettori. Ecco quanto mi ha raccontato… 



È uscito da poco il tuo nuovo album, primo progetto da solista… Ma mi permetto di stravolgere la domanda chiedendoti come sei arrivato fino a qui. Quali sono state a tuo parere le più formanti tra le esperienze che hai avuto in passato? E come mai, poi, questo album?

Inizio coll’andare indietro nel tempo, ma nemmeno più di tanto, e ti cito un nome: Pietro Nobile. Oltre ad esser per me un grande amico, Pietro è anche uno dei precursori della chitarra acustica e in particolar modo del Finger Style, stile musicale letteralmente fatto solo di arpeggi con la mano destra e senza l’aiuto del plettro. Ci siamo conosciuti qualche tempo fa, e sono subito rimasto affascinato e piacevolmente colpito da quanto potessi anche da lui imparare. Abbiamo suonato insieme più volte, memorabili le nostre esibizioni al Festival Riva Acustica, sul lago di Como. Abbiamo condiviso tanti palchi insieme ed ho quindi scritto un libro sulla sua figura intitolato “I Grandi Musicisti Italiani: Pietro Nobile”, pubblicato in collaborazione con una casa editrice fondata nell’800, la Carish. È stata anche questa una grande esperienza formativa che penso non dimenticherò mai. Le nostre collaborazioni continuano ancora oggi, credo potrei ripeterla magari con qualche altra firma del panorama musicale italiano dei nostri tempi. Mi piacerebbe raccontare anche di altri tanti personaggi, con altri metodi e certo nuove partiture. Ho un po’ di progetti nel cassetto, già approvati anche con la stessa Carish, che aspettano solo di arrivar al completamento per poi esser pubblicati. Ecco questa potrei dire sia stata la prima grande “esperienza passata” che mi ha un po’ avvicinato all’album e a quello che sono oggi, nonostante certo stavolta si parli di canzoni e non di parti puramente strumentali.



E dopo?

La seconda grande esperienza formativa che mi ha cresciuto, sia dal punto di vista umano che musicale, è sicuramente stata la tournée in giro per il mondo che mi ha visto  girare più di 5 grandi Stati, rispettivamente New York, Massachusetts, New Jersey, Pennsylvania e Ohio, per altro con Emanuele Dabbono, autore di testi famosissimi tra cui il tormentone cantato da Tiziano Ferro Incanto, e con Santo Florelli, batterista formidabile con cittadinanza doppia, sia Italiana che Americana. Quando possibile suoniamo ancora insieme, è sempre molto bello ritrovarci e lo è stato anche nel corso di quella tournée. Soprattutto perché non ci aspettavamo che l’essere Italiani passasse quasi in secondo piano, e che il nostro pubblico potesse apprezzarci così tanto. Avevamo un po’ paura che ci sottovalutassero solo per il tricolore che portavamo sulle spalle e invece è accaduto l’esatto contrario. Una gran bella sfida che ci ha incoraggiato a far sempre meglio. Un’esperienza che non dimenticherò mai! 



Parliamo ora del disco. Si intitola Giochi di Maschera. Un titolo Pirandelliano che rimanda all’Uno, Nessuno e Centomila” o sbaglio?

Assolutamente Pirandelliano! D’altronde credo come faceva anche Pirandello, ma in una versione forse più positiva e meno “distruttiva” della cosa, che ognuno di noi sia quasi obbligato a portare una maschera, ogni giorno. Nonostante poi forse quelli più bravi siano quelli capaci di indossarne una il meno spesso possibile, o addirittura di non averne una. Anche nel disco ho cercato di raccontare questa cosa. Con ogni pezzo, infatti, mi sono voluto mettere in gioco, vestendo i panni di storie differenti e non tutte mie, ma cercando di immedesimarmici il più possibile. La traccia numero tre, ad esempio, è assolutamente Pirandelliana. Canta di un personaggio che decide proprio quale forma dare al suo volto per poter vivere la sua quotidianità. Un’analisi interiore, quasi.

 

Se portan maschere tutti, porti maschere anche tu?

 

Io ne porto il meno possibile, non amo mentire o non essere trasparente. Certo, non sono perfetto e può capitare che qualche volta un pochino finga anche io, ma il mio proponimento è quello di non metterne mai, di maschere.

 

Torniamo a parlare di Giochi di Maschera. Arrangiamenti tuoi e del grande Bob Callero. Sei partito da un’idea di 30 pezzi poi ridotti ad 8. Perché proprio queste canzoni e non altre? 

 

Esattamente, proprio così. Sono partito da 30 brani dai quali ne ho tratti 8 da inserire in Giochi di Maschera. La selezione è stata difficile, perchè ovviamente avrei personalmente inserito il più possibile, ma forse poi il risultato avrebbe perso di chissà, qualità magari. Ho scelto proprio questi testi, non privilegiandone altri, perchè erano certo i più inerenti a quello che volevo fosse il mio messaggio stavolta, con questo disco. Tutti i testi e tutte le musiche hanno visto partecipe anche Bob Callero, grande collaboratore di Lucio Battisti prima, e di tanti grandi come Anna Oxa, Mina, Celentano, Giorgio Gaber poi. È stato un onore poter collaborare con lui per il mio progetto, la sua esperienza è eccezionale e ho potuto apprendere come una spugna anche dalla sua figura. Il grande Kubrik diceva che il miglior modo di imparare a fare un film è farne uno. Io ho imparato a far dischi facendone uno. 

 

Subito in top ten su Itunes, primo singolo estratto intitolato Chi ci crede. Di cosa parla il brano, e come mai proprio questo singolo come apriporte a Giochi di Maschera?

È un brano a mio dire molto significativo, perché vede il personaggio decidere di tirar giù le maschere che indossa, e di iniziare a credere nel potere della vita. Ma anche nella sincerità, e nel rapporto con gli altri, con persone molto spontanee quasi capaci, pur potendo apparire talvolta sopra le righe, di far da mediazione tra il bene e il male, senza causare la beffa del sembrar quasi sguaiato a chi invece è assolutamente libero e felice. Racconta anche una storia d’amore, con una persona a far da interlocutore dall’altra parte. In Chi ci crede, il soggetto è proprio il Chi. Dico, ma Chi ci crede? Per dar ancor maggior enfasi alla storia d’amore e al romanticismo di questo brano ho optato per un arrangiamento più dolce, più fruibile, solo il ritornello risulta un po’ più aggressivo.

 

C’è qualche nome al quale ti ispirato particolarmente, e a più di altri?

 

Sicuramente Luigi Tenco, che mi ha ispirato anche e soprattutto a livello concettuale. Era un cantautore che quando scriveva non si preoccupava. Non si preoccupava di spiazzare le persone, e poi era un musicista che suonava la chitarra ed il sassofono. Amava gli ascolti variegati ed era uno coraggioso, che sperimentava, doppiava la voce, cercava di traghettare la musica italiana ad un livello di contaminazione molto profonda. A livello concettuale, dunque, a tutti gli effetti un grand artista, puro. Gli ho anche dedicato un pezzo, cercando di mettermi nei suoi panni, nel 1967, e in particolar modo provando a immaginare cosa possa aver vissuto quella sera, la notte in cui lui perse la vita. “Cos’avrei provato io al suo posto?” mi sono chiesto. Penso abbia sicuramente voluto osare con le parole, forse più “auliche” rispetto a quelle di tante altre canzoni al Festival a quel tempo. Però era coscienzioso, perché non ha abbandonato il ritornello orecchiabile. E poi un evolversi di cose. Dalla Commissione tecnica ai litigi con l’amante. Ma tutto questo cosa potrebbe aver scatenato in lui? Il brano si intitola Tenco e vede anche una lunga parte finale strumentale fatta da basso ed oboe. Il bassista di Lucio Battisti, per altro, facendo gli arrangiamenti insieme a me, ha anche suonato il basso in tutti i pezzi contenuti nel mio disco, donandogli un poco quella verve tipica dei ’70s. 

 

Hai in progetto qualche live?

 

Sì, molti. E molte sono le date che ho già fatto, da un po’ prima dell’uscita del disco, soprattutto in Lombardia, Liguria e Toscana. Ne ho ancora molte in progetto, vorrei aggiungerne il più possibile, ma le sto organizzando proprio in questi giorni. Non appena ne avrò di certe, te lo dirò!