I Canned Heat rientrano a pieno titolo tra le leggende del rock anche se non hanno mai raggiunto il successo che avrebbero meritato. Purtroppo la band di Topanga Canyon non è mai stata brava e fortunata a curare i propri interessi commerciali: pare che con un accordo sciagurato e capestro abbiano ceduto le royalties dei loro più grandi successi perdendo così il controllo di molta della loro musica.



Eppure a Woodstock loro ci sono stati e non da spettatori: nella seconda giornata del festival, sotto nuvole minacciose e mentre il sole stava tramontando, per più di un’ora intrattengono e stregano il pubblico con il loro caratteristico e irrefrenabile rock blues boogie. E per quanto una loro canzone sia diventata l’inno non ufficiale del festival, Going up the Country (I’m goin’ where the water tastes like wine, we can jump in the water, stay drunk all the time) ascoltabile nei titoli di testa, nessuna immagine della loro esibizione compare nella prima edizione del film documentario del 1970. Per diverse ragioni, stessa cattiva sorte è toccata a band del calibro di The Grateful Dead, The Band e Creedence Clearwater Revival. 



Ma loro il successo lo avevano già ampiamente raggiunto. Solo con la Director’s cut di venticinque anni dopo si renderà giustizia ai Canned Heat con l’inclusione nel documentario di una loro canzone A Change is gonna come. Tale filmato è reso celebre anche per un fuori programma: salito sul palco, un ragazzo del pubblico si dirige verso il corpulento Bob Hite. Nonostante il cantante sia visibilmente disturbato nell’esecuzione del brano, in pieno spirito Peace & Love festivaliero allontana l’uomo della security, abbraccia l’avventore, ci scambia qualche parola come se fosse un caro amico e gli accende pure una sigaretta che nel frattempo il ragazzo gli aveva impunemente sottratto dal taschino della sua magliettona gialla taglia XXXL!  



Ci ha pensato la Cleopatra Records a dare nuovo risalto al repertorio della band mettendo in commercio tre album live dei primi anni settanta. In nessuna registrazione è presente la formazione tipo che li ha resi celebri in quanto Alan Wilson è venuto a mancare nel 1970 a soli 27 anni a causa di una overdose di barbiturici. Nel 1971 il chitarrista viene sostituito da Joel Scott Hill mentre nel 1973 gli subentra James Shane. Venendo alle uscite discografiche in aprile è stato pubblicato “Carnegie Hall 1971”, la registrazione della serata del tour con John Lee Hocker a seguito dell’album “Hooker’n Heat”. È di maggio invece la pubblicazione di “Stockholm 1973” a pochi giorni dal Festival di Roskilde, quando i Canned Heat sono di nuovo in tournée per presentare l’album “New Age”. Infine con luglio è disponibile “Illinois Blues 1973”. Nessun disco è davvero inedito perché le registrazioni erano già state diffuse da trasmissioni radio, disponibili sui bootleg e molte immagini erano già girate in rete. Il miglior documento di quegli anni rimane comunque il video “Live at Montreux 1973” con il grande bluesman e multi strumentista Clarence “Gatemouth” Brown. 

I Canned Heat nascono in California nel 1965 per volontà di Bob Hite e di Alain Wilson, incontro favorito dalla comune passione per il Blues e per la raccolta di vinili. Il vocione e il carisma di “The Bear” e la voce sottile e l’armonica di “Blind Owl”, partendo dal blues e dalle sue origini, sono stati in grado di confezionare grandi successi del calibro di Going Up the Country, Same All Over, On the Road Again e Let’s Work Together. La scena musicale di contorno è quella della West Cost, ai Canned Heat capitava spesso di imbattersi e di condividere il palco con i Jefferson Airplane,  Janis Joplin, The Doors e molti altri.

Come cantano loro stessi “You can’t stop the Boogie” ma con la morte di Hite nel 1981 per overdose di eroina il boogie dei Canned Heat non è stato più lo stesso.

Eppure i Canned Heat sono ancora in giro. L’ultima volta che li ho visti dal vivo è stato quasi una decina di anni fa, per quanto apprezzabili erano poco più di una cover band. In quell’occasione per via di un piccolo intervento chirurgico non c’era nemmeno Adolfo “Fito” de la Parra il batterista della band il cui motto è da sempre “Born to play with Canned Heat” e negli ultimi 30 anni ha fatto da vero e proprio collante della band.

Nel 2015 i Canned Heat festeggiano i 50 anni sulle scene. Oltre a Fito de la Parra (che comunque non faceva parte della primissima formazione avendo sostituito Frank Cook dopo i primi due anni) degni di rappresentare i veri Canned Heat sono rimasti solo Larry “The Mole” Taylor al basso e Harvey “The Snake” Mandel alla chitarra.

Instancabili e finalmente (pare) con ingaggi di tutto rispetto continuano a calcare le scene mondiali, dagli Stati Uniti all’Australia passando per l’Europa in particolare in Germania, Belgio e nei paesi Scandinavi privilegiando da sempre i festival e i raduni dei Bikers (dove non manca mai Harley Davidson Blues). Per celebrare l’anniversario la band in agosto metterà in commercio un cd+dvd “Songs from the road”, set registrato all’Harmonie Club di Bonn il marzo scorso. Nella lineup oltre ai due Heat originali è presente il  frontman Dale Spalding e il chitarrista John Paulus, che temporaneamente ha sostituito Mandel il quale sta combattendo la sua battaglia contro il cancro.

Giusto per ricordare a tutti che i Canned Heat sono ancora sulla strada, On the Road Again.