La sera del 18 settembre, nell’ambito della settantesima edizione della Sagra Musicale Umbra sono stati festeggiati gli 80 anni di Arvo Pärt, uno dei più importanti compositori cattolici contemporanei. Nato in Estonia due anni prima dell’annessione della Repubblica Baltica all’URSS, sottoposto a vero e proprio ostracismo a ragione della sua fede, emigrato in Occidente nel 1980, stabilitosi dapprima a Vienna e poi a Berlino,  Pärt è relativamente poco conosciuto in Italia non solo a ragione del suo carattere schivo e solitario ma anche in quanto non appartiene a nessuna delle ‘scuole’ che hanno caratterizzato il dibattito musicologico nella seconda metà del Novecento. 



Ha una tecnica compositivo, da lui stesso chiamata, ‘tintabullazione’; essa consiste con lavorare con elementi essenziali, come le triadi o con accordi a tre note che, dice, ‘come le campane tintabulano’. Un approccio minimale più che minimalista; ciò fa sì che il suo ascolto sia relativamente facile e le vendite dei suoi dischi abbiano grande successo all’estero.



In una prima fase della sua vita professionale, Pärt, come tutti i giovani musicisti sovietici, ha lavorato principalmente per musiche di scena e da film (una produzione giovanile ora da lui ripudiata). Entrò in contatto (ovviamente con prudenza e discrezione) con l’avanguardia occidentale degli Anni Settanta ma in parallelo approfondiva gli studi delle musica medioevale e rinascimentale, che in quelle che erano state le Repubbliche Baltiche e la Scandinavia (basta ricordare film di Igmar Bergman come Il Settimo Sigillo e la Fontana della Vergine) è sempre stata coltivata.

La svolta stilistica avviene alla metà degli Anni Settanta con Fur Aline per pianoforte, una melodia quasi non armonizzata, trattata come una linea di canto gregoriano molto dilatata. A poco a poco, dato che Pärt si rivolgeva sempre più a temi sacri (intere pagine dei Vangeli e della Bibbia) il suo stile venne chiamato minimalismo sacro. Ma poco aveva a che fare con il minimalismo di John Adams and Philip Glass. A mio avviso il termine minimale (con l’aggiunta dell’aggettivo sacro) è più appropriato.



Questi cenni sono a mio essenziali per comprendere il significato storico del concerto della Sagra Umbra. Musica di Pärt viene eseguita con una certa frequenza in concerti di musica contemporanea. Ma la Sagra non ha solo scelto un luogo unico – la Basilica affrescata da Giotto gremita in ogni ordine di post i- ed esecutori perfetti (i Tallis Scholars diretti da Peter Phillips) ma ha inserito le composizioni anche più recenti di Pärt in un discorso più ampio, per mostrarne la continuità. La prima parte si concentra sulla musica polifonica sacra Tudor (John Taverner, John Sheppard, Thomas Tallis) – in mancanza di partiture medioevali -, quindi dell’epoca in cui si consumava lo scisma tra Londra e Roma. La seconda parte è musica rara di Pärt. Il trait-d-union è il Miserere barocco di Gregorio Allevi. Una notazione importante; in epoca Tudor i registri alti erano affidati a voci bianche non a cantanti donne. I Tallis Scholars includono, invece, donne con voci addestrate quasi a non fare udire traccia di ‘vibrato’. Così come avviane nelle composizioni di Pärt.