Di lei non seppe più nulla. Mille volte pensò di cercarla e mille volte si fermò davanti a quel proposito. Le scrisse una poesia la notte di Natale e la mandò a lei con la posta elettronica. Poi pensò che avrebbe lasciato quel posto dove lui viveva e lei studiava il sax. Era un posto piccolo e ormai gli pareva di rivederla in ogni strada. Dove talvolta si erano dati appuntamento oppure, più semplicemente, in quei posti legati a una telefonata fatta o ricevuta, a un messaggio scambiato. In pratica ovunque. Quello passato insieme era stato un tempo breve e intenso, impossibile da separare dal mondo circostante. Per questo, dopo poche settimane, si licenziò e andò via da quel posto. Portò con se tutto l’amore di quell’incontro e il mistero di quella separazione.



Trascorsero gli anni e le stagioni, poi un giorno tornò quel tempo passato. Rivide le vecchie bozze del libro, ormai ingiallite, e ne ebbe compassione. Un libro con le sue poesie e i suoi racconti. Decise allora di chiudere quella pagina e con essa quella ferita che il tempo non aveva ancor asciugato. Riprese tra le mani quelle carte gialle e passò notti intere a correggere ogni singola parola. Erano i primi giorni dell’anno e lui lavorò senza sosta per settimane. Desiderava che il libro uscisse in un giorno particolare. Lo stesso giorno in cui la conobbe all’uscita dal conservatorio: quattordici aprile. Lo ricordava bene perché era il giorno del suo compleanno. Era venuto il momento di pubblicare quel libro. Erano passati ormai tanti anni, troppi, e sentiva che la vita si stava allontanando. Quando la conobbe ne aveva cinquantadue anni, adesso sessantaquattro. Erano passati dodici anni. 



“Lei ne avrà trentadue – pensò – adesso sarà una donna”. Poi sorrise. Sapeva che era diventata una donna, era il tempo stesso che lo diceva, ma la rivide com’era. Ne aveva sempre conservato la stessa immagine, quella di un volto giovane che sorride e sogna. Qualcosa di dolce e soave, come una pittura preraffaelita. In tutti quegli anni era apparsa molte volte nei suoi pensieri e lui l’aveva rivista sempre così: una ragazza dal volto luminoso mentre sorride. La stessa che un giorno venne ad ascoltarlo mentre parlava di Carver. Una figura incorniciata da riccioli biondi e leggeri che scompare felice da un sottopassaggio. 



Il libro uscì. Era il quattordici aprile 2027. Pensò a Lord Franklin perso tra i ghiacci, e lo chiamò “Lettere dal silenzio”. Come Lord Franklin, anche lui era perso e dimenticato. Lo presentarono alla Casa del Libro, a Termoli, vicino al mare. Il posto era rimasto lo stesso di dodici anni prima. Era molto piccolo e quel giorno c’era molta gente. Mentre parlava, ad un tratto, però non vide più nessuno. Gli parve di essere rimasto solo. Di essere tornato a quel giorno di tanto tempo fa, quando andò in quel posto a parlare di Carver. 

Non vide più nessuno, salvo un volto, un sorriso e una ragazza molto giovane con i riccioli biondi. Gli parve lo stesso volto inondato di luce che fece un’ora e mezza di macchina per correre da lui. Già, un’ora e mezza. La stessa frazione di tempo che quella notte di dodici anni prima cambiò per sempre la sua vita. Quella ragazza e il suo amore scomparvero un giorno a dicembre. 

Mancava poco a Natale. Lui aveva comprato due biglietti per un concerto gospel programmato per il giorno 23. Le due sedie, le loro, rimasero vuote in mezzo alla platea. In uno dei libri che dodici anni prima gli furono restituiti, lui aveva infilato una busta. Dentro c’era una lettera con il nome di lei ai quattro angoli della pagina e al centro, fermati da un adesivo giallo, i biglietti per quel concerto. L’amore, come Dio, è un mistero senza tempo, anni o stagioni. 

Dodici anni prima lui si era innamorato di quella ragazza e il tempo non contava più nulla. Fu lei stessa un giorno, quando lui le confessò le  proprie inquietudini, che gli scrisse un messaggio che demolì il tempo e le convenzioni in un istante. Una dichiarazione d’amore, parole che lui non aveva mai letto in nessun libro e non aveva mai sentito in vita sua: “Ho sempre pensato alle nostre differenze anagrafiche e altre. Mi sono posta tante domande, in tutte però ho trovato una congiunzione avversativa che mi faceva guardare altrove. Altrove le differenze, la vita, la morte, la società, le convenzioni, i canoni, le ‘male lingue’, cosa è normale altrove, ciò che viene classificato come giusto e ciò che è ingiusto. A me sta a cuore la tua felicità, il tuo sorriso e ciò che custodisco nel cuore. Perché io ti conosco, ti ammiro, ti adoro. Perché ho sempre desiderato incontrarti. Perché custodirò sempre i miei sentimenti per te”. Per dodici anni, ogni sera, come fosse una preghiera, lui aveva riletto quel messaggio trascritto su un foglio di carta. 

 

Adesso il suo libro era finalmente uscito. Non sapeva dove vivesse ma in quel libro c’era anche lei e pensò di mandarglielo. Da una scatola di latta gialla con la scritta “Cabo de São Vicente” (un capo situato all’estremità occidentale del Portogallo, nella regione dell’Algarve, uno dei tanti posti dove avevano desiderato andare insieme) tirò fuori le quattro lettere d’amore che lei gli scrisse. Copiò il suo indirizzo e andò all’ufficio postale. Dentro un pacchetto mise il libro e in mezzo una lettera. Ai quattro angoli dalle pagina c’era il nome di lei e, in mezzo, scrisse l’unica cosa che aveva nel cuore: “Mantengo la promessa. Ti lascio i miei libri e i miei dischi. E’ tutto quello che ho”. Baciò il pacchetto e lo spedì. Poi tornò a casa, accese la luce dell’abat-jour e si sedette sulla sua vecchia poltrona in cuoio rosso. Accanto c’erano le foto di tutti i volti cari passati dalla sua vita. In quel momento, però, l’occhio gli cadde sulla foto di Neve, il suo cane. Anche Neve se n’era andato, da molto tempo, ma gli aveva tenuto compagnia a lungo. 

Pensò a Neve e a dove fosse a quell’ora. Poi pensò a lei, a quella ragazza adesso diventata donna, a dove fosse in quel preciso istante. Pensò alle parole di una canzone, “Anthem”, un brano di Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa. E’ così che entra la luce”. Quei versi lo avevano sempre colpito e mentre ricordava quelle parolesentì nuovamente soffiare sull’anima il vento caldo dell’amore a prima vista. Esattamente come la prima volta quando la vide e, mentre lei tremava come una foglia, le dette due baci sulle guance. “C’è una crepa in ogni cosa. E’ così che entra la luce”, ripeté a bassa voce. “E’ così che entra l’amore”, aggiunse nei suoi pensieri. Quella ragazza era stata questo per lui: luce e amore passati dalla crepa del tempo. Era stata solo questo, ma per lui era stata tutto. Anche lui, come in un poesia di Carver, aveva ottenuto quello che desiderava dalla vita: sentirsi amato. Quella poesia, “Ultimo frammento”, lui la scrisse come dedica su uno dei libri rifiutati: “E hai ottenuto quello che volevi da questa vita, nonostante tutto? Si. E cos’è che volevi? Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra”

 

Il suo cuore adesso era in pace. Adesso lo sapeva, grazie a quella ragazza anche lui si era sentito amato sulla terra. Era il 14 aprile del 2027, il suo libro era finalmente uscito. Dentro c’erano molte poesie e questo racconto che parla di lei. Alla “Casa del Libro” la presentazione era stata un successo. Era finalmente felice. Anche se per poco, si era sentito amato. La sua corsa era finita, restava solo l’ultima curva. Toccò la foto di Neve e quella di un’altra donna che lui aveva tanto amato, atteso e perso; toccò la foto dei suo genitori, quella di Carver e di Jerry Garcia. Tocco la foto con l’ultima notizia di quella ragazza che studiava russo e suonava il sax. Una foto pubblicata su Facebook, l’ultima cosa che vide di lei dodici anni prima. Un tratto di spiaggia con la scritta “Fare Thee Well”, addio, tracciata da lei con un legnetto. Poi chiuse gli occhi. Era tutto finito, solo su WhatsApp i cuori battevano ancora. Lo trovarono che sorrideva. Aveva tra le mani quattro lettere d’amore e un vecchio disco: Love Over Gold. L’amore più dell’oro. 

 

(fine)