Il tempo corse e si rividero. “Te lo avevo promesso che sarebbe passato in fretta”, gli disse lei sorridendo. Poi comprarono due cornetti e corsero a casa da lui. Fu una mattina chiara ai primi di dicembre. Lei gli regalò un disco in vinile. “Love Over Gold”, dei Dire Straits. L’amore più dell’oro. Se lo dissero all’infinito: “L’amore più dell’oro, love over gold”. Quel mattino fu un unico, lungo, interminabile bacio. Come fossero attratte da una forza magnetica, le loro labbra non riuscivano a staccarsi. 



Fu solo l’inesorabile appuntamento con una nuova partenza e con un nuovo treno che li separò. Ma sarebbe stato solo per poco, si dissero. Il tempo per lei di fare due esami di russo, dettato e grammatica. Poi sarebbe tornata. Si sarebbero rivisti, abbracciati e baciati all’infinito, ascoltando qualche vecchio disco in vinile pescato dal baule della memoria. Durante quell’assenza lui le scrisse anche una lettera, convinto che l’avrebbe rivista prima che quelle parole giungessero a destinazione. Ma la scrisse ugualmente. “Quando leggerai queste parole ci saremo già visti ma ti scrivo lo stesso. Sapendo che stringerai questi fogli, mi parrà di stare ancora un po’ con te”. Le scrisse esattamente questo.



In quei giorni lui continuò a lavorare al libro e lei a studiare. Si sentirono ogni giorno per un numero infinito di volte, ridendo a crepapelle. Lei aveva scoperto che lui, oltre alle poesie e ai racconti intrisi di malinconia e inquietudine, era una sorta di umorista mancato. Lo pervadeva infatti una corrente elettrica, qualcosa che lo trapassava e gli faceva vedere il mondo da un profilo goffo e grottesco. Era una specie di compensazione a quell’altro polo della sua esistenza: la malinconia. Risero davvero tanto in quei giorni, spesso fino a tardi. Come l’ultima volta che risero insieme, salutandosi e dandosi appuntamento per il giorno dopo. Lei aveva sostenuto gli esami e finalmente si sarebbero rivisti. Per poco ma si sarebbero incontrati. Lei aveva lezione al conservatorio ma c’era tempo per un saluto. Nei giorni successivi, si promisero, avrebbero passato mattini e pomeriggi insieme. Anche quella notte si salutarono ridendo. Si addormentarono lasciandosi l’uno con l’altra con parole dolci e inequivocabili.



Era da poco passata mezzanotte e i cuori che si erano scambiati via WhatsApp continuavano a pulsare dentro ai loro telefoni. Lui lo aveva scoperto da poco: spedendo un solo piccolo cuore rosso, WhatsApp lo trasforma in un cuore gigante che comincia a pulsare. Fu questa l’ultima cosa che videro entrambi prima di spegnere la luce e aspettare il giorno dopo: due enormi cuori rossi che pulsavano dallo schermo del telefono. Si addormentarono, mezzanotte era passata da circa mezz’ora.

Poi accadde qualcosa. Lui si svegliò nel mezzo della notte. Come spesso gli capitava di fare, controllò il telefono sul comodino. Era un’abitudine che aveva preso da quando faceva quella professione. Per i giornalisti il giorno e la notte sono la stessa cosa. Le notizie arrivano quando devono arrivare, senza preavviso e senza considerare se sei sveglio o stai dormendo. Vide l’icona di WhatsApp e pensò che fosse giunto un nuovo messaggio da lei. Sorrise pensando ad un saluto, a un nuovo cuore nel cuore nella notte. Poi, quando aprì la schermata, i sui occhi divennero luci che scomparvero nell’universo. Si perse nel buio e nel vuoto, come un satellite uscito fuori dall’orbita. 

Il messaggio, inviato alle 2:03 del mattino, solo un’ora e mezza dopo il loro ultimo affettuoso saluto, diceva questo: “Domani non potrò tornare”. Nulla più. Nel momento stesso dell’invio, lei bloccò l’utenza di lui e quella che era stata la sua porta sulla felicità gli venne definitivamente sbarrata. Perso nella notte, scorse i messaggi precedenti in cerca di una parola, di una spiegazione, di qualcosa che potesse fargli capire che era solo un brutto sogno. Invece era tutto terribilmente vero. L’unica cosa che restava, erano quei cuori  che continuavano a pulsare dalla videata di WhatsApp. Un’immagine terribile, d’amore e di morte, che gli spaccò il cuore. Restò sveglio tutta la notte. Al mattino, le scrisse un messaggio via Facebook. Ne ottenne solo altre e definitive parole: “Per te sono morta. Perdonami se ti ho dato fiducia. Dimenticati della mia esistenza”

Poi, dopo questo, venne oscurato anche da Facebook. Come fosse una tragedia russa, la sua eroina romantica era spartita per sempre. Lui non ebbe mai una risposta. Ripensò per anni a quella notte, a quell’ora e mezza passata tra l’ultimo, dolce saluto e il messaggio d’addio. Cosa era accaduto? Cosa le era passato per la testa, che cosa aveva visto o con chi, più semplicemente, aveva parlato? E se aveva parlato con qualcuno, cosa le era stato detto? 

Era quasi Natale e lui le aveva comprato due libri: tutte le poesie e una selezione di racconti di Raymond Carver. Pensò fosse giusto che lei li avesse. Baciò quei due libri e li mise in un pacco. Andò all’ufficio postale e, come fosse la lettera di un naufrago, spedì quel plico. Poi chiuse gli occhi. Il pacco arrivò, lei non era in casa e venne ritirato dopo qualche giorno. Lui lo seppe, grazie al servizio di tracciabilità delle Poste, e tirò un sospiro di sollievo. Temeva che sarebbe rimasto in giacenza, sino a quando non lo avrebbero rispedito al mittente. Invece era stato ritirato e lui ringraziò Dio. Si accorse anche che era stato riabilitato su Facebook, e lo ringraziò di nuovo. Non erano più amici ma nemmeno era più oscurato. Attraverso Facebook, lui vedeva qualcosa di lei e lei qualcosa di lui. Fu come se attraverso quel sistema cercassero di ristabilire una comunicazione. Così, quando due giorni dopo il fattorino gli suonò alla porta annunciando un pacco per lui, il cuore gli divenne come quello visto su WhatsApp: enorme e pulsante. C’era un pacco da ritirare e pensò fosse un dono di pace da lei per lui. Il perdono per un’infamia di cui non si era mai macchiato. Ma questo non contava più. Ciò che gli faceva battere il cuore era l’arrivo di quel pacco e la notizia inattesa che metteva fine a quell’incomprensibile dramma. 

Scese le scale di corsa e mentre lentamente le risaliva, avvertì qualcosa. Sentì che lo spessore di quel pacchetto cominciava a ghiacciargli il cuore. Entrò in casa e si appoggio con le spalle alla porta appena chiusa. Pensò: “No. E’ solo la suggestione di questo brutto incubo. Non sono i miei libri. Sono altri libri. Qualcosa che arriva da lei e che ne preannuncia il ritorno”. La confezione era diversa, natalizia, un’edizione limitata dei pacchi preaffrancati in uso alle Poste. Questo lo rinfrancò. Gli parve uno dei tanti gesti dolci di cui lei era capace e che gli avevano riempito la vita. Continuò a pensare: “In fondo se non avesse gradito il mio pensiero, avrebbe respinto il pacco con i miei libri. Mi sarebbe stato recapitato così come lo avevo spedito. Con la medesima confezione”. Entrò in cucina. Si sedette al tavolo dove erano rimaste le sue cose in disordine, così come le aveva lasciate prima di quel diluvio: le due bozze del libro, le matite in grafite e quelle colorate, i pennarelli, libri sparsi, un cuore di peltro e qualche bottiglia di liquore. 

Tutte quello che teneva sempre sul tavolo, una compagnia a cui aveva aggiunto solo una cosa: la copertina in cartone sottile di Love Over Gold, il disco che lei gli aveva regalato. Fece un respiro profondo, aspetto che il cuore rallentasse e aprì il pacco. Quello che per un attimo gli era parso un annuncio di felicità, si rivelò solo l’ennesima ferita. Un taglio peggiore dei precedenti. I libri gli erano stati restituiti e a questa fredda crudeltà se ne era aggiunta un’altra: il cambio della confezione.  Quando vide i due libri, fu come congelato dal dolore. Si sentì come il protagonista di una canzone che nei giorni precedenti aveva ascoltato infinite e altrettante ne aveva parlato a lei.

“Lord Franklin”, nella versione dei Pentangle. Una canzone tratta dal repertorio tradizionale inglese. Il testo narra della sciagura che colpì Sir John Franklin e i suoi marinai. Affondati tra i ghiacci dell’Artico, alla ricerca del Passaggio a Nord – Ovest, non vennero mai trovati. Si sentì come Lord Franklin quel pomeriggio. Dai vetri passava il sole caldo di un inverno che tardava a venire, la casa era inondata di luce e tepore ma lui si sentì perduto nel gelo perenne. Sepolto tra i ghiacci, dimenticato e senza una croce. Proprio come lord Franklin. 

 

(seconda parte, segue)