A tre anni da “Senza paura”, GIORGIA torna sulle scene discografiche con “ORONERO” il suo decimo album di inediti disponibile da oggi venerdì 28 ottobre nei negozi ed in esclusiva digitale su Apple Music e iTunes per una settimana. “Oronero” va a consolidare la collaborazione tra GIORGIA e il produttore Michele Canova, già insieme nei precedenti due album, “Dietro le apparenze” (2011) e “Senza paura” (2013), e conferma ancora una volta la grande capacità dell’artista di esprimersi appieno anche come autrice. Dei 15 brani inediti che compongono l’album, infatti, 10 portano la firma di GIORGIA, che grazie alla sua forte sensibilità artistica e alla sua potente carica interpretativa riesce a toccare le corde più profonde dell’animo umano. Un album dove la cantautrice si svela nella piena coscienza della sua maturità artistica, senza filtri, e libera di esprimersi con una scrittura sempre più consapevole. Più di vent’anni di carriera artistica con oltre 7 milioni di dischi venduti, GIORGIA è unanimemente considerata tra le più grandi artiste italiane di sempre, con una voce capace di virtuosismi tipici delle grandi star d’Oltreoceano! Nel corso degli anni ha collaborato con importanti artisti italiani e internazionali quali, per citarne alcuni, Luciano Pavarotti, Ray Charles, Lionel Richie, Jovanotti, Mina, Zucchero, Pino Daniele, Andrea Bocelli, Herbie Hancock e Alicia Keys.



Le parliamo a Milano dove ha incontrato il pubblico al Mondadori Store di MILANO Piazza Duomo l’ormai rito del “firma-copia”.

Ciao Giorgia oggi esce “Oronero” il tuo 10º disco, Un disco che contiene ben 15 tracce, con sonorità diverse, elettroniche e dense. Una tua scelta?

In realtà non è stata una scelta. Quando mi sono messa lavorare non mi sono messa delle regole. Volevo fare un disco con almeno 11 /13 pezzi. Le idee erano tante e non mi sono sentita di lasciare fuori quelle che facevano parte di questo momento, ed ho pensato che stessero bene nel racconto generale dell’album, perché in fondo l’album e poi un racconto. Si. 15 brani e vari. Non ci siamo fissati dei limiti con il produttore. Solo le sonorità, il suono. Doveva essere compatto nelle ritmiche elettroniche, un po’ come in “dietro le apparenze” , il primo disco in cui abbiamo collaborato dove il suono era ben definito. Con “Oronero” volevamo ed abbiamo cercato un suono elettronico. Poi ci siamo concessi libertà. D’accordo le sonorità di Michele sono internazionali, quando si lavora con lui inevitabilmente affiorano ma, vi sono arrangiamenti fuori dai canoni nei quali si è concesso e si è lasciato andare. La varietà a me piace ed è una cosa che anche dal vivo mi porto sempre. Nel disco non è sempre facile riprodurla ma secondo me con la coerenza del suono puoi permettertela.



Credi sarà difficile riprodurlo dal vivo, riprodurre queste sonorità?

No! Non credo anzi, sarà divertente. Anche perché in concerto e quasi obbligatorio avere delle dinamiche diverse, momenti che si devono alternare. Non può essere tutto uguale quindi secondo me questo lavoro mi faciliterà dal vivo e mi permetterà di avere momenti diversi. Questo mi permetterà di unire pezzi del passato con pezzi nuovi, creando momenti unici. Non so come farò la lista dei brani, sarà difficile. Accontentare il pubblico che mi segue da tanto con quello che mi ha scoperto due dischi fa non sarà semplicissimo però costruita la scaletta si farà tutto il resto.



Questo “Oronero” quanto ha a che fare con il petrolio e quanto con la tua vena creativa che è più Oro o Nero?

C’entra il petrolio perché il petrolio é un po’ il simbolo di questo tempo, di come una ricchezza, una risorsa possa diventare un veleno e quindi preso nel generale può essere così il particolare. Come nella canzone, le relazioni interpersonali possono essere una risorsa ma se le vivo solo nella distruzione di te per sentirmi bene, io divento una schifezza, una cosa che non serve a niente. Poi comunque io sono contro queste cose, tipo la plastica, quindi mi piaceva inserire queste tue parole per rappresentare un po’ il tempo che viviamo.

Mi racconti la costruzione di queste canzoni? Come sono nate e quali sono state le ispirazioni che hanno portato alla realizzazione di Oronero?

Diciamo che mi sono atteggiata a cantautrice. In realtà mi sono messa a lavorare e scrivere quando mio figlio ha iniziato le elementari quindi questo ha significato, come donna che lavora, la sveglia, portarlo a scuola, fare le corse per la spesa e poi la cena, il controllo di tutto. Per farla breve, ho dovuto iniziare a scrivere ponendomi degli orari fissi, molto rigorosi, alternandoli con momenti di vita quotidiana. Mi sono presa il tempo perché volevo che riuscissi ad identificare le parole giuste per il senso che volevo raccontare nelle canzoni. Ma anche per il suono, perché le parole devono aiutare la parte musicale a trovare e valorizzare un momento. Quindi sentivo il dover lavorare sul suono ed il senso. Ho dato il tempo a tutto. Un tempo che ritenevo giusto. Anche dimenticando nel cassetto alcune canzoni per poi riprenderle, limarle oppure buttarle. Mai come questa volta mi sono opposta rispetto me stessa, senza preoccuparmi del giudizio esterno, di quello che il pubblico poteva pensare o di quello che poteva dire o non dire. Ho cercato di levare, di pulire per essere al massimo della sincerità e diretta, soprattutto perché in passato ho avuto il pudore di raccontare le mie cose. Questa volta no.

 

Quindi adesso hai un cassetto con le cose che hai buttato?

Sì ma non le riprendo mai. Penso sempre che appartengono a quel tempo lì. Forse dovrei anche riascoltarle, però penso che le canzoni hanno il loro tempo. Secondo me i dischi poi vengono accolti e apprezzati dal pubblico quando è il loro momento. Quando è il momento giusto. Non è detto che un disco che va male sia brutto, magari non era nel suo tempo. Questo è molto importante per me, il tempo in cui lo presenti. Questo è uno dei motivi per cui le cose passate non le riprendo mai.

 

Ascoltando con attenzione “Oronero”, due canzoni mi hanno colpito e guarda caso sono quelle in cui tu sei autrice sia del testo che della musica.

Ma veramente? Posso farcela e non fa niente? Sono contenta.

 

Come mai solo due momenti e non qualcosa di più? C’è ancora qualcosa nel cassetto che non hai tirato fuori?

In realtà è più facile scrivere parole e musica. Cioè usando le parole ti vengono con la musica. Io vivo comunque le canzoni che scelgo come mie. Direi che non mi andava di metterne di più. Ne ho fatte di più, certo. Però poi le mie non le vivo mai appieno e penso sempre che non saranno dei singoli. Più come delle mie cose che stanno lì a rappresentare un momento ma, non riesco mai a vederle in quella parte commerciabile o commerciale. Poi non mi sono posta il problema se fossero poche o tante. Erano quelle e quelle ci sono. Figurati che “non fa niente” pensavo di non inserirla, poi invece ho detto no. Ci deve stare e deve essere l’ultima perché volevo chiudere il disco con questa.

 

In questo disco non ci sono duetti. Scelta o frutto del caso?

Nell’ultimo lavoro ho duettare con Alicia Keys. Questa volta Aretha Franklin era un pochino occupata anche perché dovevo andare dall’altra parte del mondo ed io non prendo aerei. A parte gli scherzi ho già cantato con tanti colleghi e colleghe e poi non è stato una scelta, è andata così. Poi più o meno tutti erano impegnati a fare le proprie cose e per come sono fatta, non mi piace andare troppo a disturbare le persone che stanno lavorando. Ci siamo mossi. Direi che non si è concretizzato e poi probabilmente, credo dovesse andare così, avendoci messo la mia faccia su questo disco, forse dovevo starci da sola, anche se poi si è realizzata la collaborazione con Pacifico. Erano anni che tentavamo e questa volta ci siamo riusciti.

 

Viste le sonorità così internazionali, hai un pensiero per il mercato d’oltre oceano?

Il problema, come ho detto, è che non prendo l’aereo. A parte questo. Hanno detto che hanno visto il video di “Oronero” su BH1 americana. Bello! Poi adesso con Internet tutto viaggia, tutto é più vicino. In realtà per l’estero avrei dovuto lavorarci vent’anni fa. Quando ho avuto la possibilità di farlo non mi sentivo pronta, poi c’è stata una fase in cui ero pronta ma la discografia non credeva minimamente in questa possibilità. Quindi non si sono mai incastrate le cose. Il mio direttore musicale è della vecchia New Power Generation di Prince. Ogni volta mi dice “dai vieni qua che ci divertiamo”, poi la vita di tutti giorni, il bambino, la scuola. Per una donna non è semplice.

 

Il ruolo di Emanuel Lo é chiave in questo tuo percorso. Come coniughi la vita professionale con quella privata?

Secondo me non lo sa nemmeno lui. Gli arriva questa grazia dal cielo che gli passa attraverso e si sa porre come strumento di ispirazione. Spesso da donna che ha un compagno, gli dico “io voglio stare con chi mi scrive le canzoni, non con quello che trovo a casa”. Che dire. Forse perché poi una donna non è mai contenta. Nella parte del lavoro siamo molto equilibrati, ognuno consapevole del proprio spazio. C’è molto scambio reciproco e ci confrontiamo molto. E poi però andiamo a casa e siamo un po’ come tutte le coppie, un po’ scoppiati inevitabilmente. Dopo quattordici anni è un classico. Insomma, sottolineando la differenza uomo donna.

 

In più brani di “Oronero” si coglie il “giudizio” delle persone, della collettività. Ma anche la voglia di tornare all’individuo singolo, alla singola personalità. Vanità forse è quella che più rappresenta questo concetto. Come mai avevi questa esigenza?

Perché alla fine siamo una parte di un tutto, soprattutto in questo tempo. Ormai viviamo tutti insieme l’evento angosciante e tutti siamo angosciati. Quindi uniti ma con questo desiderio più di farsi del male che del bene. Si parte è si torna sempre a se. Se tu fai un piccolo cambiamento dentro di te questo risuonare come un’onda anche per gli altri. Quindi il desiderio e la necessità di guardarsi dentro per valutare se stessi e di amare se per rispettare ed amare te, è un gioco a doppio senso. Quello che cambio io in te, lo sentiranno anche tutti.

 

Questa è una consapevolezza che hai sempre avuto o ci sei arrivato con il tempo?

Si! Ma adesso ci credo più di prima, più di quando ero giovane. E poi la mia fiducia nell’essere umano rimane intatta. Ancora credo che possiamo fare delle cose meravigliose. Prendere il meglio perché fino ad oggi abbiamo fatto solo casino. Come sappiamo adattarci, inventare, creare cose, magari possiamo fare una sterzata finale ed imparare ad usare di più l’anima e noni possedere. Allargare lo sguardo e capire che non è tutto qua, perché è vero che passiamo da qui, ma probabilmente andremo altrove.