Cosa vuol dire ‘Hanjo’’, il titolo dell’opera di Marcello Panni che ha trionfato al 53simo festival di Nuova Consonanza in corso a Roma dal 12 novembre al 16 dicembre? Il programma di sala non lo spiega. Quindi lo facciamo noi: è un nomignolo spregiativo dato dalla proprietaria di un albergo-bordello rurale (siamo nel medio evo giapponese) ad una fanciulla, Hanago, innamoratasi di un cliente di passaggio e sempre in attesa di lui sino a diventare folle. Anni dopo avverrà la ricongiunzione con l’innamorato ed il lieto fine. Da questa novella venne tratto nel XVI secolo un dramma per teatro. Nel 1956, Yukio Mishima ne scrisse un teso testo per teatro moderno. 



Dal lavoro di Mishima, Marcello Panni trasse un’opera commissionata dal Maggio Musicale Fiorentino dove andò in scena, con la regia di Bob Wilson, con grande successo. Dieci anni dopo Hanjo venne riproposta dal compositore giapponese  Toshio Hosokawa, su commissione del Festival di Aix-en-Provence in coproduzione de La Monnaie a Bruxelles; andò anche a Vienna, Lussemburgo, Rouen, New York (Brooklyn Acamedy of Music) ed altri teatri. Potenza degli uffici marketing dei grandi festival stranieri.



Ora a Nuova Consonanza, Marcello Panni offre una nuova versione per un organico ridotto, essenziale, perfettamente in linea con i caratteri della tradizione del teatro. Non conosco la prima versione di Panni, ma ero alla prima di quella di Hosokawa di cui nel 2011 è stato messo in commercio un DvD. Quindi un raffronto tra due Hanjo, quella di Hosokawa di 12 anni fa e quella di Panni di oggi.

Per Toshio Hosokawa, e Kazishi Ono (direttore artistico e maestro concertatore principale de La Monnaie di Bruxelles) l’avvicinarsi al Ño  è quasi naturale, dato che sono ambedue giapponesi (pure se imbevuti di scuola musicale tedesca). L’ atto unico (sei scene per 90 minuti complessivi, senza intervallo) potrebbe ricordare una “Madama Butterfly” del XXI all’incontrario (a 100 anni dalla “prima” dell’opera di Puccini). 



Nella lettura di Mishima, una geisha  aspetta, da oltre tre anni, ogni giorno alla stazione ferroviaria l’uomo che la ha abbandonata (si possono riconoscere grazie ad uno scambio di ventagli); la storia finisce sul giornale ed incuriosisce una pittrice, che ne riscatta il contratto con il bordello, la sceglie come sua modella preferita e se ne innamora, volendo, però, che sia quest’ultima a darsi a lei, senza alcuna conquista forzata o forzosa; quando l’uomo ritorna (anche lui ha letto sul giornale la vicenda della quotidiana lunga attesa), la ragazza non vuole riconoscerlo e resta, in attesa sempiterna, con la pittrice a cui si abbandona per diventarne l’amante in quello che viene definito “il sortilegio dell’amore estremo”. Il finale del Ño del XVI secolo era differente: Hanjo ed il suo uomo (Yoshio) si lanciavano in un duetto d’amore che ispirava un quadro della pittrice.

Raccontata in questi termini, la vicenda può fare sorridere. Hosokawa, ha una scrittura raffinata di chiara estrazione tedesca (anche se coniugata con aspetti della musica e nipponica tradizionale di corte e delle liturgie buddiste). Un impasto, quindi, tra Darmstad, il Palazzo Imperiale e le monodie dei templi di Nara e Kyoto. E’ una partitura verticale rigorosamente dodecafonica, con tre voci (soprano, mezzo e baritono), un piccolo organico (16 elementi ed integrazioni elettroniche) ed una buona dose di “Sprechgesang” alla Schönberg. Misurata la regia di Anna Teresa de Keermaaker; essenziale la scena di Jan Loris Lamers.

Molto differente il lavoro di Panni per tre voci ed un ensemble di sei strumentisti di Roma Sinfonietta diretti da Carlo Boccadoro è stringato (circa 45 minuti), un’orchestrazione ricchissima pur se basata sul lavoro di pochi strumenti, una struttura in cui il recitar cantando con molto declamato. In Panni prevale il sentimento più intimo mentre in di Hosokawa l’eros.

L’innovazione principale è la novità del linguaggio musicale di questa nuova versione, principalmente il tono elegiaco in linea con quello che permea i teatri Ño  del XVI secolo. Tre belle voci (Sabrina Cortese Hanako,, Chiara Osella Jitsuto (la pittrice) e Antonio Pirozzo (il giovane frequentatore di bordelli che si innamora della geisha) ed un ensemble molto affiatato. Deliziose le scene e costumi di Isabella Ducrot . Delicata la regia di Cesare Scarton. Teatro Palladio pienissimo. Molti applausi.