La provvidenziale segnalazione dell’ottima Synpress di Donato Zoppo ci permette di giocare il rilancio sul versante progressive anche per il 2016. Ecco una band ancora giovane ma che, appena superata la soglia dei trenta, può già vantare quattro album in studio ben rappresentati in un bel doppio live (intitolato tanto per essere chiari “Vivo”) dove si mette a punto una sintesi ragionata di questa prima fase di attività.
Vengono da Modena e il nome che si sono dati – Barock Project – svela con la massima onestà e trasparenza il loro manifesto artistico. Grande preparazione e virtuosismo a profusione contraddistinguono l’apporto degli elementi chiave del gruppo con il culmine nelle progressioni e nei copiosi spunti del tastierista Luca Zabbini.
Gli altri protagonisti, Marco Mazzuoccolo alle chitarre elettriche, Francesco Caliendo al basso e Eric Ombelli alla batteria, allestiscono un bel contorno con licenza di accedere al mosaico sonoro presidiato da Zabbini e dall’ottima voce solista Luca Pancaldi (alla sua ultima apparizione con la band), spesso supportato dallo stesso Zabbini anche a seconde voci, cori e chitarra acustica.
Atmosfere pomp-rock e grandeur, legati a doppio filo a un itinerario che si accaparra i Genesis più romantici e gli UK passando per le più svariate sfumature del rock di marca sinfonica, grandi referenti tricolori inclusi.
Loro stessi portano orgogliosamente in petto il vessillo del sympho-rock ma talento e destrezza sono quelli dei ricercatori che si avventurano con abilità e fiuto nelle strettoie del genere, scollinando tra rock opera e teatro musicale, cenni hard e romanzo per ragazzi.
Lo show rappresenta chi lo fa e l’apertura di Back to You è la media inglese dei primi tre dischi del gruppo. Ritmi fragorosi, figurazioni banksiane, beat irregolari, impennate dure, distensioni melodiche, armonizzazioni e soavi classicismi pianistici. In Coffee in Neukolln un canto dolce e rotondo si alterna a dinamismi orchestrali e fasi sospese risolvendosi in avvincenti corali tra saghe fantasy e carmina burana.
Le voci di raccordo di Fool’s Epilogue e le melodie un po’giocose un po’meditative di Inside My Dreamer’s Eyes (con tanto di emulazione di fiati in stile musical) consolidano questa linea sonora, mentre l’electro-sirtaki sgargiante di Save Your Soul aggiunge ulteriori ingredienti a una miscela già ricca di suo.
E per non farsi mancare nulla i due brani in lingua italiana schiudono un surplus di suggestioni e liriche che personalizzano la poetica del gruppo. Dall’alternanza piano-voce e inserti full band di Un altro mondoalla cavalcata fantasy con connotazioni eroiche di Duellum, la cornice sonora accompagna le immagini di un rinnovato faccia a faccia tra umano e agguati del destino.
Il secondo disco vede l’esecuzione di gran parte degli estratti dall’ultimo lavoro “Skyline”. Ecco una Overture sulla scia della prima maniera con tanto di organo svolazzante, ma con Gold si entra in un universo più intimo.
Arie e motivi conduttori appaiono in una veste ancora più definita ed essenziale, la tecnica individuale lascia spazio all’efficacia d’insieme. Gli assolo suonano a tratti più sfumati e sospirati. Le ottime liriche di un “esterno” come Antonio De Sarno viaggiano tra sci-fi e lampi metafisici, come riassunto in una nota esplicativa a margine della studio release.
C’è una Roadkill che si appoggia a drum box, schizzi orchestrali e linee fugaci, prima delle usuali schitarrate dure, intermezzi danzanti e le sempre suadenti romanticherie del canto.
Il momento più alto viene peraltro dalle inedite influenze celtiche e orchestrazioni folkie della title-track Skylinedove un arioso tappeto acustico fa gran parte dello splendido tema ricorrente. Toni più scuri avvolgono da par loro le polifonie inquietanti di The Silence of Our Wake. La chiusura di The Longest Sigh marca nella melodia un forte senso d’auspicio che ne fa un po’ il brano icona/sigla del gruppo, quello che l’ha portato all’attenzione di un pubblico più vasto.
C’è anche una bonus track per ciascun disco, nel primo Los Endos, capolavoro dei Genesis reso dal vivo con encomiabile maestria, nel secondo un brano in studio che sembra suggerire passi di una prossima direzione. Barock Project, in due parole. Una festa di suoni segnata da una ricerca spasmodica del grandioso, ma con un buon bilanciamento tra ambizione e melodia, tra tecnicismo e gusto musicale.
Quasi come in una Disneyland di genere, si divertono e sanno divertire.