“E’ ora che ce ne stiamo zitti e facciamo salire Howlin’ Wolf sul palco”. Così, sfrontatamente come solo loro sapevano essere, Brian Jones invitò il presentatore dello show televisivo americano Shinding! a farsi da parte. Gli Stones avevano accettato di apparire al programma solo se fossero stati invitati anche il citato bluesman e l’altra leggenda Son House. 



Jones, Jagger e gli altri si siedono rispettosamente per terra in mezzo al pubblico e lasciano il microfono al gigantesco, in tutti i sensi, musicista di colore. Negli Usa, in quel maggio del ’65, non era ancora stato approvato pienamente il diritto di voto per i neri. Il Voting Rights Act infatti sarebbe arrivato di lì a poco.



In questo episodio è contenuta tutta l’anima del gruppo: farsi da parte davanti a chi è veramente un musicista blues e trasgredire ogni regola imposta, anche quella della legge. Sempre in nome della musica (che, come abbiamo detto più volte, ha cambiato di più il mondo di qualunque Fidel Castro).

Tre anni prima, Mick Jagger aveva pubblicato un piccolo annuncio su una rivista musicale inglese, specificando chiaramente che loro non erano una band di “rock’n’roll”, ma di R&B e blues, chiarendo che non volevano essere confusi con qualcosa di commerciale.

E’ risaputo che l’anima blues del gruppo era Brian Jones, e che uno dei motivi dei dissapori che lo portarono poi, complici le droghe, a essere allontanato dalla band era che il suo gruppo (perché fu lui a metterli insieme) si fosse allontanato troppo da quella musica, diventando ben altro.



“Blue & Lonesome”, il primo disco dei Rolling Stones dopo undici anni, registrato in tre giorni dopo che la band era entrata in studio per vedere se riuscivano a incidere canzoni nuove, non dovrebbe suonare dunque come una sorpresa per qualunque conoscitore degli Stones. Nella ristampa deluxe di “Some Girls”, ad esempio, l’ultimo grande disco della band, erano contenuti diversi brani che suonano né più né meno che come questi, anche quelli registrati per divertimento. 

La sorpresa è che la forza trainante di questo nuovo lavoro è un superlativo Mick Jagger, in fortissima quando canta e devastante quando suona l’armonica. E’ lui che si tira dietro il gruppo, con Richards e Wood che si limitano a macinare riff di accompagnamento e il solito Charlie Watts a pestare con precisione infallibile. 

L’entusiasmo dell’anziano cantante è evidente sin dal primo brano, Just Your Fool, una composizione del 1960 di Little Walter, mentre il suono dietro di lui esplode violento e grezzo, quasi al limite della distorsione. “Blue & Lonesome”, il primo disco in oltre 50 anni di carriera degli Stones a contenere solo brani altrui, alfine è meno blues di quanto avrebbe dovuto essere: è punk, è calore bianco, è rock’n’roll diretto e fragoroso. Il blues vero e proprio esce fuori solo nei due brani che vedono la presenza di Eric Clapton, anche lui tirato fuori dalle “acque fangose” in cui riposa da decenni, finalmente gioioso anche lui di suonare quello che ama veramente: Everybody Knows About My Good Thing, un pezzo inciso da Little Johnny Taylor, e composto da Miles Grayson e Lermon Horton del 1971 e I Can’t Quit You Baby scritta da Willie Dixon e incisa da Otis Rush nel 1956.

Il blues, nel resto del disco, è sottinteso, come da sempre i musicisti bianchi hanno sempre fatto, perché inevitabilmente impossibilitati a possederlo veramente, ma non per questo è meno appassionante e travolgente, anzi viene rilanciato come qualcosa che trascende ogni definizione. 

La title track, ancora di Little Walter, incisa nel 1956, è in questo senso epicamente straordinaria: probabilmente Mick Jagger non cantava così bene dai tempi di “Sticky Fingers”. Quando invece canta “you put poison in my coffe” (in Committ a Crime di Howlin’ Wolf) Jagger rende reale un mondo di vizi e violenze che ovviamente lui non ha mai visto e toccato, ma che è stato ed è reale nel momento in cui lui lo canta, rendenone così testimonianza.

Quando poi parte a soffiare nell’armonica è incontenibile, come in I Gotta Go, sempre di Little Walter, l’autentico punto di riferimento di questo disco, e per un attimo sembra di vedere gli Stones di Brian Jones esibirsi al Marquee nel 1962 quando il rock’n’roll per loro era roba da ragazzine.

In Hoo Doo Blues (incisa da Lightnin’ Slim nel 1958, scritta da Otis Hicks e Jerry West) Jagger più che un cantante di colore sembra quel ragazzino dalla pronuncia cockney maleducato e malizioso che era a inizio carriera, e la magia neraafroamericana di cui si canta nel brano viene evocata ma non invocata. 

Alla fine “Blue & Lonesome”, i cui brani storicamente risalgono al periodo anni 50 e 60, più che un tributo al blues è un tributo agli Stones stessi, quelli che erano prima di diventare la più grande rock’n’roll band del mondo. E’ un divertimento e va preso in questo senso. Manca del tutto la ricostruzione filologica e storica che ad esempio Dylan ha fatto con i suoi ultimi dischi dove ha riportato di schianto, in modo realista ed emozionante, di attualità un repertorio perso nella notte dei tempi. 

Gli Stones invece sono ancora, e probabilmente è un bene, quei ragazzi che sognavano di essere “americani immaginari”, seduti per terra ai piedi di Howlin’ Wolf, consapevoli della immensa distanza che li separa: “Was that ok?”, andava bene? chiede un incerto Mick Jagger alla fine dell’ultimo pezzo, chiudendo così il disco con una domanda che dice tutto.