Italiani d’America. Tre uscite discografiche sottolineano il livello di profonda conoscenza di chiavi musicali che di natura non ci appartengono, declinate in voci diverse: il blues, il funk, il country, il bluegrass e la canzone d’autore. Tre uscite discografiche che pur nell’originalità di ciascuna proposta hanno questo comun denominatore Non è facile cimentarsi con mondi così diversi dal nostro, ma sappiamo bene quanto certa musica americana goda di un riconoscimento nel nostro paese da decenni. Oggi questo spettro si è fortemente ridotto, ma c’è ancora chi ci crede.



Il primo esempio è quello di Francesco Piu, di origine sarda, conosciuto inizialmente per essere stato la chitarra solista di una delle tante incarnazioni della band di accompagnamento di Davide Van De Sfroos. Da anni Più ha scelto la strada solista, il suo nuovo lavoro si intitola “Peace & Groove” ed è un bagno profondo nella musica afroamericana dai suoni scintillanti ed emozionanti. 



Tra brani originali e cover (anche Rough God Goes Riding di Van Morrison, per capire quanto sia ampio lo spettro da cui attinge il musicista sardo fino alla conclusiva Give Peace a Change, del recentemente scomparso Leon Russell) si passa dal gospel al New Orleans Sound, dal funk poderoso al soul e naturalmente il suo grande amore, il blues. Chitarre in primo pano, tra elettriche e acustiche, note grasse di Hammond, voci femminili, fiati colorano tutto di una sana gioia espressiva che danno al disco un andamento esaltante. Sorta di Ben Harper italiano, Piu ha firmato il suo lavoro più completo e maturo, grazie anche alla collaborazione nei testi del Premio Campiello 2006, suo conterraneo, Salvatore Niffoi.



Il secondo esempio è un lavoro molto complesso e ambizioso, non per questo meno piacevolmente affrontabile. Ne è autore Edward Abbiati con i suoi Lowlands ed è un tributo allo scomparso e leggendario autore texano Townes Van Zandt (“Play Townes Van Zandt’s Last Set”). 

Abbiati è stato testimone dell’ultimo concerto del songwriter al Borderline di Londra, poche settimane prima della sua improvvisa morte il 1 gennaio 1997. Da queste due circostanze è nata l’idea di un disco che ripercorresse quella notte di “bellezza e premonizione” attraverso le stesse canzoni eseguite quella notte per Abbiati indimenticabile. A unire il tutto la voce dell’ex gestore del Borderline, dove Van Zandt si esibì quella sera, Barry Marshall-Everitt, con i suoi racconti, come se stessimo ascoltando un programma radiofonico perso nella notte dei tempi. 

I Lowlands duellano in ogni brano ospiti eccellenti: la Gnola Blues Band, Stiv Cantarelli, i Cheap Wine, Will T. Massey, Chris Cacavas, Antonio Grammentier e tanti altri. In mezzo, classici come Pancho & Lefty, Loretta, Tecumseh Valley tra le altre. Il risultato è affascinante ed emozionante.

Infine un nome storico della scena italiana che guarda all’America, Jimmy Ragazzon, leader dei Mandolin’ Brothers, gruppo pavese sulle scene dal lontano 1979, con il suo primo disco solista, “SongBag”. Un lavoro che non richiama per forza di cose quello della sua eccellente band (nel disco vi compaiono alcuni di loro), tra mandolino, banjo, corse bluegrass, ma con una più marcata visione da songwriter.

Eccellenti in questo senso brani come la notturna Sold, la polverosa baldlad texana Old Blues Man, la coraggiosa rilettura di un classico della tradizione americana come Spanish Is the Loving Tongue, in questa versione ispirata a quella che ne fece Bob Dylan con una splendida parte di armonica, la conclusiva e dolce In a Better Life, ancora dalle parti del Dylan più romantico e il tributo a un altro maestro scomparso, Guy Clark con la sua The Cape. In mezzo composizioni briose dove le corde d’acciaio nelle loro varie declinazioni spiccano in modo trascinante: 24 Weeks, il gospel country di D Tox Song, il blues trascinante di Going Down. Anche qui non mancano gli ospiti di prestigio tra cui CVhiara Giacobbe, Jono Manson; Maurizio Gnola Glielmo e Roberto Diana.

Tre dischi che parlano di un amore grande, quello per una musica e una visione del mondo in cui in tanti ci siamo abbeverati per decenni e che hanno sicuramente migliorato il livello qualitativo delle nostre esistenze.