Continua imperterrito il tentativo delle firme musicali del Sussidiario di sintetizzare in poche righe l’annata musicale, ben sapendo che i gusti di ognuno si intrecciano con le vicende culturali ed industriali che il mondo musicale sempre porta a galla. Così – come quasi sempre avviene – il lettore non troverà in queste classifiche i nomi che molto spesso hanno dominato le classifiche oppure che hanno fatto parlare di sè per via di gossip, di talent o di semplice dominio delle hit parade.
Questo sta a significare che gli amanuensi del Sussidiario snobbano chi vende? Diciamo di no.
Preferiamo dire che compito del cronista musicale è provare a leggere la produzione situandosi in un punto di vista che si astrae sia dalla mischia delle classifiche che dalla presunzione delle “tendenze modaiole”, osservando quindi da un diverso orizzonte: chi vende non necessariamente fa le cose migliori o più stimolanti; chi domina le hit non obbligatoriamente fa i conti con la creatività, chi fa tendenza (sui media o su Mtv) traina spesso l’industria ma non il discorso artistico della sua epoca.
Così – come sempre accade – in questa classifica il lettore troverà dischi, personaggi musicali, eventi, concerti e anche fatti di cronaca culturale che a loro modo hanno una dignità di produzione d’eccellenza, di evento simbolico, di autorevolezza artistica. Quale può essere il nostro obiettivo? Invitare chi legge a scoprire a lasciarsi trascinare in una diversa emozione da quella che passano quotidianamente radio e show televisivi: cantanti e band, italiane e straniere, nomi di nicchia come autori già affermati, ma sempre con una cifra artistica (ed una domanda umana) ben superiore al problema di “quanto venderò con questo titolo o con questo arrangiamento?”. E… se aiuteremo qualcuno a scoprire qualcosa, avremo centrato il nostro obiettivo. E magari avremo lasciato il testimone del passaparola. Buona lettura. E buona condivisione… (W.G.)
(Alessandro Berni)
2016, anno del contatto finale? Per molti grandi nomi a vario titolo della musica rock e non di sempre, anno di svariati faccia a faccia con il destino. Ripetuti, definitivi, lapidari. In un’annata dove l’attenzione maggiore è stata riservata alle implicazioni ultime e ultra-musicali di grandi storie di vita e di musica, rischiava di passare seriamente in secondo piano ciò che – in modi differenti – non viene mai a mancare pure in anni contraddittori e di umanità sparigliata come questi. Da tenere a mente cinque proposte sopra la media, tre straniere, due italiane. Ben sopra la media quella di due regine del pop-rock armonicamente ricco e di grande visione e versatilità come Bailey Rae e Spalding. Non da meno – anzi – Mirò, musicista nostrana di grande spessore capace di tenere insieme durezza del presente e sottili percorsi umani. La dolce irrequietezza di Lisa Hannigan e la spigliatissima proposta di un’Agnese Valle che riporta alla freschezza e proprietà di scrittura della musica leggera italiana del tempo che fu, lasciano fuori di un soffio la rediviva Alicia Keys di “Here”.
Dischi dell’anno
The Heart Speaks in Whispers – Corinne Bailey Rae –
Nessuna Paura di Vivere – Andrea Mirò
Emily’s D + Evolution – Esperanza Spaldin
At Swim – Lisa Hannigan
Allenamento al Buonumore – Agnese Valle
Emergenti
Agnese Valle – Allenamento al Buonumore
Lera Lynn – Resistor
Barock Projcet- Vivo (live)
Angelica Lubian – E che Dio che la mandi Buona
Patrizia Cirulli – Mille Baci
Concerti
King Crimson -The Elements of King Crimson Tour, Milano Arcimboldi 6 novembre 2016
Wilco – Schmilco Tour, Milano Fabrique 12 novembre 2016
Andrea Mirò – Deboli di Cuore Tour, Milano Ohibò Club 10 dicembre 2016.
Lisa Hannigan – At Swim Tour, Milano Fabrique 30 ottobre 2016.
Everything Everything – Get to Heaven Tour, Milano Fabrique 28 gennaio 2016.
Evento dell’anno
La scomparsa di David Bowie e Leonard Cohen. Nella forza eversiva degli ultimi istanti di due grandi parabole artistiche sta tutto l’anno 2016. In senso industriale, in senso culturale e in senso ultra-culturale con il passaggio – forse definitivo – di comunicazione e interazione al tempo dei social ad un altro livello di consapevolezza, e con tanto di sforamento del solco tra emozione e ragione. Una nuova coscienza della canzone come fatto e gesto artistico? Il tempo, come sempre, ce lo potrà suggerire.
(Walter Muto)
Siamo in Italia ed il primo dato che si osserva è che più che parlare di annata musicale occorrerebbe parlare di annata televisiva. È appena uscita la lista degli artisti che andranno al Festival di Sanremo, e lo strapotere di talent e aggregati è più che evidente. Altro dato consistente è la preponderanza del rap, una buona fetta di popolazione giovanile non ascolta altro. L’ultimo dato è personale: essendo uno che di mestiere la musica oltre che ascoltarla, la fa, mi ritrovo progressivamente ad aver ascoltato meno musica e ad essere andato a non molti concerti, e quindi il lavoro di selezione e di valutazione probabilmente non è oggettivo. Ma giornalisti più blasonati di me insegnano che la vera critica illustra quello che resta nel setaccio e che ha valore. Quindi non può essere che soggettiva. Se è vera. Ecco pertanto le mie scelte.
Dischi dell’anno
UNA SOMMA DI PICCOLE COSE – Niccolò Fabi
LIGHTHOUSE – David Crosby
AT SWIM – Lisa Hannigan
57TH & 9TH – Sting
SKELETON TREE – Nick Cave
Emergenti
Confesso di non avere ascoltato un disco intero di un emergente. So che non mi è piaciuto il vincitore del Premio Tenco, Motta, mentre mi hanno interessato i Thegiornalisti e la band brasiliana dei Selton.
Concerti
Per ragioni di lavoro serale non sono riuscito a vedere molti concerti. Quello che mi è rimasto di più emozionalmente e per il valore delle canzoni è stato il concerto milanese di Niccolò Fabi (24 maggio – Auditorium di Milano).
Evento dell’anno
Più che l’assegnazione del Nobel a Dylan, direi che sono state le lacrime di Patti Smith, testimonianza che il cuore vince sempre.
(Paolo Vites)
Una annata musicale che si è aperta con la morte, quella di David Bowie, e si è conclusa con quella di Leonard Cohen. In mezzo, tanti altri morti, troppi, da Glenn Grey degli Eagles a Prince. E’ la fine di un mondo, quello del rock? Per ragioni di età senz’altro, per ragioni creative questa fine è già avvenuta da tempo.
Dischi dell’anno
Blackstar, David Bowie
You Want It Darker, Leonard Cohen
At Swim, Lisa Hannigan
Shadows in the Night, Bob Dylan,
The Ghosts of Highway 20, Lucinda Williams,
Concerti dell’anno
Chris Robinson Brotherhood, Fabrique, Milano, 7 marzo
Neil Young and The Promise of the Real, Market Sound, Milano, 18 luglio
Graham Nash, Teatro Sociale, Como, 3 giugno
Glen Hansard, Carroponte, Milano, 26 giugno
Eugenio Finardi, Teatro Dal Verme, 4 novembre
Evento dell’anno
Se il 2016 è stato un anno segnatodalla morte di tanti grandi nomi della musica rock (e anche un suicidio, quello di Keith Emerson), David Bowie e Leonard Cohen si sono segnalati con grazia per il desiderio di condividere fino all’ultimo il momento dell’addio. I loro dischi infatti sono stati incisi quando il trapasso era ormai annunciato e confermato dal punto di vista medico, hanno così voluto con un gesto tenuto segreto a tutti, condividere fino all’ultimo vita e arte, che come per tutti i grandi, è una cosa unica. Se Bowie ci ha mostrato il terrore e l’orrore della morte ma con la coscienza che la resurrezione è quello che ci spetta, Cohen ha mostrato che la morte è il compimento della vita e che quello che ci aspetta è la Bellezza eterna.
(Lorenzo Randazzo)
Quest’anno non sono stati molti gli album che hanno superato la prova dell’ascolto e che ugualmente siano durati nel tempo. Tra quelli che non sono mai usciti dalla mia selezione dell’Iphone (che per motivi di spazio metto puntualmente in discussione settimana dopo settimana) ci sono due band emergenti. Anziutto i The Pines (in realtà non una novità assoluta), costantemente ispirati dalla loro terra il Midwest hanno confezionato un album stupendo e poi i The Record Company che con il loro rock blues sfrenato mi hanno conquistano sin dal primo ascolto. Mi sono piaciuti molto anche gli album di due band che purtroppo non sono passate in Italia a riproporci le loro nuove canzoni dal vivo: i Band of Horses e il loro album dalla domanda lasciata in sospeso e gli Okkervil River con le nuove esplorazioni musicali di Will Sheff. Fuochi di artificio di fine anno con il blues degli Stones e con Neil Young e la sua difesa dei nativi americani. Una menzione speciale per Leonard Cohen che ci ha salutati con il suo album più bello del nuovo millennio, un testamento intenso e toccante.
Dischi dell’anno
Why are you ok – Band of Horses
Away – Okkervil River
You want it darker – Leonard Cohen
Blue & Lonesome – The Rolling Stones
2 – Mudcrutch
Emergenti
Above the Praire – The Pines
Give it back to you – The Record Company
Soul Insight – The Marcus King Band
City Painted Gold – The Brothers Comatose
The Shelters – The Shelters
Concerti
Bruce Springsteen – 3/7/16 Milano
Neil Young – 18/7/16 Milano
Wilco – 14/11/16 Milano
Francesco De Gregori – 23/3/16 Milano
Ryan Bingham – 6/7/2016 Desio
Evento dell’anno
In un anno funestato dalla morte di così tanti artisti, la musica dal vivo continua a celebrare la vita perché ogni istante, ogni nota suonata, è unica ed irripetibile. In un tempo in cui la musica è sempre più vissuta nella solitudine delle cuffiette, la musica dal vivo dimostra di essere ancora capace di portare la gente fuori di casa, da Pompei a San Siro, dal piccolo club di periferia al Bataclan. Dobbiamo dire quindi grazie agli artisti del calibro di Bob Dylan, Neil Young e molti altri ancora che hanno mantenuto la voglia e gli stimoli per mettersi in gioco città dopo città. Il Desert Trip, con la sua parata di band da sogno, è stato l’evento rock dell’anno.
(Luca Franceschini)
Questo 2016, al di là delle numerose morti illustri alle quali ci ha spietatamente messo di fronte, ha chiarito molto bene due cose: la prima è che di musica bella ne continua a uscire (quest’anno forse molto di più del precedente), per cui non occorre per forza strapparsi i capelli per il “nuovo” Rolling Stones, per dichiarare apertamente che possiamo ritenerci soddisfatti. La seconda, ahimè molto più triste, è che di tempo per ascoltarla, questa nuova musica, non ne abbiamo praticamente più. I dischi ormai escono a livello così frenetico che, al netto del tempo medio che occorrerebbe per assimilare un prodotto a dovere, dobbiamo ammettere che, se davvero abbiamo gusti vari e ci interessiamo a quante più cose possibili, allora saranno davvero pochi, forse quasi nessuno, i lavori che nel giro di qualche anno non saranno bypassati dall’inesorabile scorrere del tempo. E ripeto, non è l’assenza di capolavori; è che manca il tempo per accorgersi che questi capolavori esistono.
Dischi dell’annoBlackstar, David Bowie
The Colour in Anything, James Blake
A Moon Shaped Pool, Radiohead
A Corpse Wired For Sound, Merchandise
Not To Disappear, Daughter
EmergentiJulien Baker, Sprained Ankle
Motta, La fine dei vent’anni
Bobby Joe Long’s Friendship Party, Roma Est
Oscar, Cut And Paste
Blossoms, Blossoms
Concerti dell’anno LCD Soundsystem, Primavera Sound Barcellona
Daughter, Primavera Sound Barcellona
The National, Pistoia
Wilco, Ferrara
Bruce Springsteen And The E Street Band, Circo Massimo Roma
Evento dell’annoLa reunion degli LCD Soundsystem: siamo in un’epoca in cui ci sono più reunion di band del passato che multe per divieto di sosta. Di conseguenza, definire il ritorno di James Murphy e soci come l’evento dell’anno potrebbe suonare un tantino esagerato. Ma loro sono stati la band più influente degli anni Zero, gli unici che hanno saputo proporre qualcosa di radicalmente nuovo partendo dai lasciti stilistici del passato. Gli unici che hanno saputo andarsene all’apice del successo e dopo solo tre dischi in studio, di cui tutti capolavori inarrivabili. Non sappiamo se siano ritornati per rimanere (si parlava di nuovo album ma al momento nulla è accaduto) ma di certo, chi ha avuto la fortuna di vederli sul palco nei pochi show che hanno concesso, si è reso conto che nessuna delle nuove band oggi così tanto celebrate possiede un decimo della loro grandezza.
(Luigi Viva)
Come sempre tanta musica, parecchia porcheria e tanta buona musica “nascosta”, difficile da fruire, sia in Italia che all’estero, causa il “tappo” che i grandi nomi esercitano sulla musica di qualità. Musicisti in caduta verticale (Pat Metheny deludente nelle sue tappe italiane in quartetto e in duo), nuovi nomi da confermarsi (Kamasi Washington). Grandi risultati per Michael League e gli Snarky Puppy freschi di nomination al Grammy con CULCHA VULCHA e applauditissimi nel loro breve tour italiano. David Crosby che proprio insieme a Micheal League, firma un nuovo gran capitolo della sua produzione. Gran cd/dv per Bill Laurance con LIVE AT UNION CHAPEL. Brian Wilson , nonostante l’incedere degli anni, si conferma con un album live BRIAN WILSON &FRIENDS e un lungo tour mondiale. John Cale a Londra fa vedere di che pasta è fatto. Tanti giovani emergenti da Carlo Natoli, a Luigi Masciari, al bellissimo cd in trio di Fabrizio Savino chitarrista pugliese, all’- International Collective of Music Travellers, produzione di Gegé Telesforo che realizza un album degno delle più riuscite produzioni pop americane (non a caso distribuito in tutto il mondo dalla Ropeadope). La svolta di Giulio Carmassi, lo straordinario polistrumentista ha pubblicato un riuscito album di canzoni da lui interamente prodotto e arrangiato lasciandosi alle spalle l’esperienza con il Pat Metheny Unity Group. Ottime le esibizioni live di Cristiano de André, impegnato anche nella sua veste di scrittore. Gran riscontro di Umbria Jazz che si conferma palcoscenico internazionale e multidisciplinare. Lo strameritato Nobel a Bob Dylan. La scomparsa di David Bowie e Leonard Cohen sono tali da far traballare l’intero edificio della musica. Un addio con due grandi album, il testamento di due immortali. Tra gli album dell’anno anche quello di Antonio Onorato & e Franco Cerri, quasi un passaggio di consegne fra Onorato e Franco Cerri il nostro jazzista più popolare, autentico maestro della sei corde. Un segnale questo: nessuno lascerà in terra senza raccoglierlo il testimone della grande musica, quella con la M maiuscola, fatta con passione, con l’impegno, la sofferenza, nella speranza che la musica “cialtrona” dalla quale siamo inondati, venga spazzata via.
Dischi dell’anno
YOU WANT IT DARKER – Leonard Cohen
CULCHA VULCHA – Snarky Puppy
LIVE AT UNION CHAPEL – Bill Laurance
ANTONIO ONORATO & FRANCO CERRI
LIGHTHOUSE- David Crosby
Emergenti
FUNSLOWRIDE- International Collective of Music Travellers
THE INNOCENT- Giulio Carmassi
GEMINI- Fabrizio Savino
DENTRO LA STESSA TEMPESTA – ERRI (Carlo Natoli)
THE G-SESSION- Luigi Masciari
Concerto
SnarkyPuppy- 25 luglio, Teatro Romano, Fiesole
Brian Wilson – 28 ottobre, Royal Albert Hall, Londra
Cristiano De André- 7 maggio, Teatro Comunale di Cagli
John Cale – 3 febbraio, Roundhouse, Londra
Jacob Collier- 13 Luglio, Umbria Jazz-Teatro Pavone
Evento dell’anno
La scomparsa di David Bowie e Leonard Cohen e il Nobel a Bob Dylan.
(Walter Gatti)
Per forza di cose il 2016 è stato l’anno che ha annunciato l’inizio della fine della prima era del rock. Mai così tanti morti celebri (Bowie, Cohen, Prince, Keith Emerson, Greg Lake, Lonnie Mack, Merle Haggard, Paul Kantner, Glenn Frey, Scotty Moore, Leon Russel, Lemmy, Rob Wasserman….), mentre in tanti stanno annunciando il ritiro dalle scene (non tutti hanno la longevità onstage di Cohen o di BB King, anche se). A questi si aggiunge la scomparsa di alcuni personaggi che hanno legato il proprio nome ad alcuni capitoli imprescindibili del rock, da George Martin (produttore dei Beatles) a Chip Moman (autore e produttore di classici per Elvis Presley e Aretha Franklin). Tutte queste cose messe insieme sottolineato un fatto, mai prima così evidente: la prima generazione del rock sta scomparendo. I più grandi, i più preparati, hanno anche saputo “annunciarlo” e addirittura rileggere la propria dipartita, come è accaduto con “Blackstar” e “You Want it Darker”. Ma addirittura ironico e profetico, in questo senso, è risultato il nuovo disco dei leggendari Gong: “rallegratevi, sono morto!” (“Rejoice! I’m Dead”), celebrazione postuma di Daevid Allen, maestro della religione psichedelica. Il 2016 ha detto una semplice verità: il tempo passa e l’età avanza, implacabili entrambi. Dobbiamo farci i conti. Avanti la prossima generazione.
Disco dell’anno
Blackberry Smoke – Like an Arrow
Kentucky Headhunters – On Safari
Drive by Truckers – American Band
Pentagle – Finale
Luther Dickinson – Blues & Ballad
Emergenti
Con Brio – Paradise
Birds of Chicago – Real Midnight
Changin Room – Caradon Hill
Chris Stapleton, Chicago, 7 giugno
Doug MacLeod, Delta del Po’, 9 luglio
Osanna, Verona, 21 maggio
Paolo Conte, Piazzola sul Brenta, 8 luglio
Blixa Bargled e Teho Tehardo, Bologna, 5 maggio
Bob Dylan ha ricevuto il Nobel. Il fatto è centrale sia per chi ha apprezzato la scelta che per chi l’ha criticata, perché ha costretto tutti a confrontarsi con l’implicita ammissione della centralità di Dylan nella cultura e nell’arte del nostro tempo. Ma forse l’evento più rilevante non è stato assegnare il Nobel al più importante songwriter della storia recente della musica, quanto il messaggio che mr. Zimmerman ha voluto recapitare all’Accademia. La riflessione proposta da Dylan (in breve: non mi sono mai domandato se stessi facendo della letteratura mentre scrivevo le mie canzoni; d’altra parte Shakespeare non se lo chiedeva mentre partoriva le sue opere teatrali, eppure noi oggi lo consideriamo il più grande autore di teatro di tutti i tempi; quindi grazie all’Accademia che si è posta – su di me – la domanda e ha dato una così bella risposta”).
L’evento, quindi, sta in questa semplice e potente autocoscienza di fronte alla premiazione: siamo un mondo di artisti che producono canzoni che qualcuno scopre, giudica e definisce come cultura. Non è nostro compito definirci, semmai è nostra responsabilità creare. Mai fino ad oggi il rock o uno dei suoi personaggi era arrivato ad interrogarsi a questo livello, esprimendo una coscienza meta-musicale. Va da se che d’ora in poi il rock entra in una fase differente: era controcultura 50anni fa, oggi è consacrato al più alto livello culturale. Premiare con il Nobel il suo più importante interprete lo porterà a riscoprire in un qualche modo le sue radici o coincide con la sua ultima normalizzazione?
Un anno di gioia e di dolore. Un anno, come tutti gli altri, in fondo. Eppure, allo stesso tempo, diverso dagli altri. Quella crepa che c’è in tutte le cose, quella che uno splendido Leonard Cohen ci aveva indicato come la porta attraverso la quale passa la luce, ha cominciato a farsi strada il mattino di un 10 gennaio, quando David Bowie ha lasciato questo mondo dopo dolorosa malattia. Chi per motivi di salute, chi semplicemente perché giunto al tramonto della propria esistenza – come lo stesso Cohen, morto il 7 novembre – molti musicisti che hanno suonato la colonna sonora della nostra esistenza, l’anno prossimo non ci saranno più.
Da Keith Emerson a Greg Lake, da Prince a Glenn Frey, passando per Leon Russell e Sharon Jones. E alcuni di loro hanno firmato un epitaffio, composto quell’ultimo disco che ha il sapore del capolavoro, quasi la loro musica riuscisse finalmente a meditare con pienezza su quella domanda ultima dell’esistenza, il vero grido del rock che reclama alla vita stessa la spiegazione del suo significato. Blackstar di Bowie e You Want It Darker diCohen sono, senza tema di smentita, tra i dischi dell’anno, ma sono anche lavori che nessuno riuscirà a dimenticare mai più.
Poi c’è chi ha meditato sul dolore che, in altro modo, è entrato nella propria vita senza riuscire ad ucciderla. Domande ancora sospese, risposte che continuano a soffiare nel vento, ma che mantengono un inossidabile desiderio di verità. The Skeleton Tree di Nick Cave, un lavoro in cui la morte del giovane figlio dell’autore si aggira come uno spettro lungo le note di ogni canzone, guarda in faccia alla tristezza, scava giù nel profondo, prova a farsi largo tra le ferite; scruta, alla fine, quel sole che sorge, nonostante tutto, ogni mattina, anche nell’orizzonte così lontano di un Distant Sky.
E, infine, c’è chi pensa di essere giunto alla fine di un percorso, chi non sa cosa gli riserverà il futuro, pur non avendo ancora perso idee, né, tanto meno, vigore. E’ il caso dei Runrig e quello dei Richmond Fontaine, che producono due dischi tra i più belli in carriera, nello stesso momento in cui annunciano che saranno gli ultimi della loro band. The Story per i primi, You Can’t Go Back If There’s Nothing To Go Back To per i secondi, quasi a dire: ecco, non sappiamo dove ci condurrà l’ultimo pezzo di strada, ma il cerchio si è chiuso, la nostra storia si è conclusa, e in quest’ultimo nostro sforzo potete provare a leggerla tutta intera.
Crepa su crepa, la luce fatica a farsi strada. Eppure c’è, la si intravede sempre. E’ quella sfolgorante di Bob Dylan che, con il suo Fallen Angels, fa capire a tutti quanto egli sia realmente la voce dell’America e che non c’è bisogno di un premio Nobel della letteratura per comprenderne la grandezza ed il valore. Oppure quella diLucinda Williams, più tenue, forse, ma cristallina, clarificata dal dolore che ha attraversato come un fiume i mille rivoli della sua vita, ma che ora può guardare in faccia i fantasmi – The Ghost Of Highway 20 è il titolo del suo disco – senza più timore di smarrire la strada. E c’è un Bruce Springsteen che si mette a nudo lungo i capitoli di un libro – l’autobiografia Born To Run – che svela quanto il male del secolo, la depressione, sia duro da sconfiggere anche per chi ha avuto maggior fortuna di tanti altri, e che, infine, prova a spiegare a chiunque che anche i suoi concerti altro non sono che “la lunga e rumorosa preghiera che ti ho offerto, la mia magia, nella speranza che ti travolgesse l’anima, per poi essere letta, ascoltata, cantata e alterata, senza intaccare lo spirito, da te e dal sangue del tuo sangue”.
Fatta di luci e crepe, la musica, anche lungo questo 2016, non ci ha salvato la vita. Ma ancora una volta l’ha accompagnata, l’ha aiutata a risollevare lo sguardo ed ha prodotto anch’essa, come ogni forma d’arte, qualcosa che, dopo essere stato vagliato con cura, si è scoperto che valeva la pena d’essere trattenuto. Tre accordi e tre minuti di canzoni, spesso e volentieri nulla di più. Ma che ci hanno fatto capire ancora una volta quanto la vita valga la pena d’essere vissuta.
The Story, Runrig
You Want It Darker, Leonard Cohen
Blackstar, David Bowie
Fallen Angels, Bob Dylan
The Ghosts Of Highway 20, Lucinda Williams
BRUCE SPRINGSTEEN & THE E-STREET BAND – Milano, San Siro, 3 e 5 luglio
LUCINDA WILLIAMS – Pusiano, 19 luglio 2016
NEIL YOUNG (feat. WILLIE NELSON) – Milano, Market Sound, 18 luglio
FRANCESCO DE GREGORI – Milano, Alcatraz, 23 marzo
(Paolo Rosati)
Un anno destinato a lasciare un segno indelebile nelle menti e nei cuori degli appassionati di generazioni differenti. Le tragiche dipartite di artisti come Prince, Keith Emerson, Greg Lake e David Bowie lasciano vuoti che sembrano al momento incolmabili. Dalla black music al progressive, fino al mutante per eccellenza, colui che ha saputo trasformare la propria morte in una nuova opera d’arte. Credo che più di ogni altro, David Bowie abbia impresso il suo marchio su questo 2016, e il nostro paese lo ha riscoperto anche per merito della splendida mostra “David Bowie Is” che ha registrato un boom di visitatori al MamBo di Bologna. Per concludere il Nobel per la letteratura conferito a Bob Dylan, che oltre a premiare una carriera sfolgorante e unica, conferisce finalmente una dignità definitiva a tutto il rock, come forma d’arte contemporanea.
Blackstar, david Bowie,
Post Pop Depression, Iggy Popolazione
The Ship, Brian Eno
A Moon Shaped Pool, Radiohead
Swans, The Glowing Man
L’anno musicale appena trascorso è difficilmente descrivibile senza tracimare nell’emozionale. È stato l’anno della trilogia della morte più intensa di sempre: David Bowie e Leonard Cohen hanno, con due grandi album, messo in musica lo sfiorire dei propri giorni, mentre Nick Cave si è inabissato nei sentieri oscuri della perdita in un modo ancora più disperato rispetto al suo passato. Ma è stato anche l’anno dello scioglimento dei Richmond Fontaine, una delle più grandi e misconosciute band americane, che lasciano con il loro capolavoro e un leader, Willy Vlautin, sempre più orientato sulla forma del romanzo. È stato l’anno in cui Ben Watt e Bob Weir, due figure diverse per età, formazione e storia, hanno dimostrato che non servono effetti speciali per fare grandi dischi ma che basta semplicemente una cura amorevole nello scrivere, suonare e cantare le proprie canzoni. È stato poi l’anno in cui in Italia si sono riscoperte le radici popolari, grazie al capolavoro assoluto di Capossela ed a Peppe Voltarelli che ha portato in giro le canzoni di Otello Profazio, il più grande cantore popolare della Calabria. Ultima nota di carattere: i giovani stanno guardando indietro. I cinque emergenti indicati si pongono sulla strada del revival (del soul anni Settanta Kiwanuka, di certo folk psichedelico Walker e Nugent, del country screziato di “blue eyed soul” Williams e Blau): che sia solo un atteggiamento nostalgico o un qualcosa capace di gettare i semi per un futuro radioso è qualcosa che scopriremo solo vivendo.
DAVID BOWIE – Blackstar
VINICIO CAPOSSELA – Canzoni della Cupa
RICHMOND FONTAINE – You can’t go back if there’s nothing to go back to
BEN WATT – Fever Dream
BOB WEIR – Blue Mountain
MICHAEL KIWANUKA – Love and Hate
CIAN NUGENT – Night Fiction
KARL BLAU – Introducing Karl Blau
MARLON WILLIAMS – Marlon Williams
RYLEY WALKER – Golden Sings that Have Been Sung
PEPPE VOLTARELLI & OTELLO PROFAZIO – Torino, Folkclub – 19.11.2016
NEIL YOUNG (feat. WILLIE NELSON) – Milano, Market Sound – 18.7.2016
BRUCE SPRINGSTEEN & THE E-STREET BAND – Milano, San Siro, 5.7.2016
CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD – Milano, Fabrique, 7.3.2016
BOBO RONDELLI – Milano, Teatro Parenti, 7.4.2016
Sarebbe facile indicare il Nobel a Bob Dylan o la morte di qualche personaggio eccellente, di cui ci sarebbe l’imbarazzo della scelta. Tuttavia, questo è stato l’anno delle grandi band: le grandi band che continuano imperterrite a produrre nuovi album dopo anni, senza tradire se stessi, come i Rolling Stones ed i Teenage Fanclub, e le grandi band che si sciolgono dopo aver realizzato il loro capolavoro, nel quale tutte le storie cantate in passato chiudono il loro cerchio, come i Richmond Fontaine.