Il 26 novembre 2016, al Politeatro di Milano di viale Lucania, si è svolto il quarto concerto tributo in ricordo di Alessandro Bono. A chi non ricorda o non sa chi sia, basti ricordare che ha partecipato a tre edizioni del Festival di Sanremo, l’ultima delle quali nel 1994 quando ormai la malattia – l’AIDS – stava per lasciargli pochi mesi della sua vita. È infatti morto il 15 maggio dello stesso anno.



La sua breve carriera vede partecipazioni importanti tra gli autori dei suoi brani, quali Mogol e Mario Lavezzi, e altrettante collaborazioni con artisti del calibro di Andrea Mingardi, Gino Paoli e Ornella Vanoni. Nonché il grande onore di fare da opening act della tournée in Italia del Nobel Bob Dylan, nel 1989.

Quattro anni dopo, in quell’ultimo Sanremo, Alessandro cantava la vita, con la morte a due passi. Cantava “La risposta, amico mio, la stiamo vivendo! E ogni giorni che va via, è un quadro che appendo! Mi piace vivere!”. Era davanti a un mistero, e, a guardare il suo percorso di vita, quel mistero non era una novità dell’ultimo momento che arrivava all’improvviso. 



Il suo più grande successo, il brano “Gesù Cristo”, di qualche anno prima, era – ed è – una profonda domanda di presenza al solo uomo che nel corso della storia sia riuscito a dare una riposta concreta ai tanti interrogativi dell’umanità. Quella risposta che Alessandro, nella canzone “Oppure no” di quel Sanremo, ora “stava vivendo”.

Per la prima volta, con mio grande dispiacere, non ho modo di partecipare personalmente al concerto tributo, dopo avere organizzato i precedenti tre assieme ad amici quali Marco Bergamo e Mirko Fagnocchi e i familiari di Alessandro.

Ho chiesto allora ad un amico conosciuto da poco, Michele, che sapevo sarebbe stato presente, di darmi un resoconto del concerto. E qualche giorno dopo mi chiama per dirmi di aver potuto gustare di un evento musicale bello e partecipato, con la presenza di Mario Lavezzi e Andrea Mingardi, e interventi video di Ornella Vanoni, ma anche esibizioni di Massimo Priviero, Armando Dolci, Edo Pop, Francesco D’Acri, Giulia Penza, Mara Bosisio, e tanti altri, tra cui la band di Alessandro capitanata dal chitarrista Pietro La Pietra e dal bassista Flavio Piantoni.



Ma non solo.

Mi dice che le canzoni di Alessandro per lui “sono preghiere ed inni alla vita”.

Gli chiedo allora di scrivermi e raccontarmi cosa ha voluto dire per lui partecipare a questo concerto.

“Ci sono talvolta momenti dell’esistenza umana nei quali ci si trova ad un bivio e quando questo è tra la vita e la morte a me viene sempre in mente Alessandro, che purtroppo non ho mai conosciuto di persona.

Il 5 novembre sono passato attraverso quel bivio e, come racconto ai miei amici, a quell’incidente automobilistico frontale non sono sopravvissuto, ma risorto. Gesù Cristo è morto per me anche quel giorno, come mi ha detto una cara persona quando ha visto il rosario appeso allo specchietto di quella che era la mia vettura e la sua croce spezzata per aver colpito ed infranto il parabrezza. Questo è ciò che cerco per la mia vita: un Dio che si faccia presente per me ogni giorno.”

Empatia di una condivisione di emozioni, sentimenti, realtà…

“Io non ho mai conosciuto Alessandro, ma è come se ci fosse stato… anzi tutti lo hanno percepito in quella serata, dove gli artisti che si sono esibiti erano profondamente commossi e nelle loro voci vibrava un palpito che in sala di incisione non è stato possibile catturare. Lo si percepiva bene nelle parole che esprimevano prima di esibirsi, raccontando qualche aneddoto su Alessandro. A partire dall’intervista rilasciata da Ornella Vanoni, che ha raccontato di quando Alessandro componeva con lei musica sul tappeto davanti al camino.

 Passando per Andrea Mingardi che ha fatto scorrere le immagini di molti amici che non sono più, cantando con tutta la voce che aveva perché si sentisse fino a Monza. E così via, con Armando Dolci, Mara Bosisio, Francesco D’Acri, Edo Pop, Giulia Penza e molti giovani emergenti. Mentre la notte avanzava, si è raccontato di quanto Alessandro fosse generoso e di quanto fosse grande il suo desiderio di felicità. 

L’interpretazione più commuovente e più sentita è stata quella conclusiva di Massimo Priviero, che prima di cantare ‘Gesù Cristo’ ha ammesso che forse non andava molto di moda, e ha dovuto confessare che da credente avrebbe sempre voluto scrivere lui quella canzone. Penso che si sia commosso anche Alessandro nel sentirlo cantare così la sua canzone.”

Non solo Michele, ma anche altri amici mi hanno confermato che quello che è stato evidente per quanti sono stati alla serata tributo, è che la forza della musica può vincere i limiti imposti da un crudele destino, non in maniera pacchiana, quando tutto sembra un semplice ricordo del caro estinto, ma guardando a una esperienza di vita che ha mostrato un percorso da seguire. 

Questa è la musica di Alessandro Bono, un cantautore che in qualche momento avrà anche avuto degli sbandamenti, ma che ha tenuto alta la sua voglia di avere risposte “vive” in tutto il suo percorso artistico ed umano. 

Negli ultimi giorni della sua vita, quando ormai sentiva prossima la fine, era solito dire alle persone vicine “non piangete per me, perché io sto tornando a casa”. In un certo senso potremmo dire che vedeva realizzata quella promessa di una terra dove cercare il proprio cammino, per dirla con le parole di un’altra canzone. 

A seguito della serata, è stato pubblicato sui vari store online un singolo che precede l’uscita del secondo CD tributo ad Alessandro Bono, e in questo singolo ci sono i due brani più importanti del cantautore milanese: “Gesù Cristo”, interpretato da Massimo Priviero, e “Oppure no” interpretato da Antonella Arancio, che condivise con Alessandro il palco di quell’ultimo Sanremo. Dopo più di vent’anni, la musica di Alessandro Bono è ancora viva, cantata e suonata…

(Ivano Conti)