Dopo circa sei ore di spettacolo, quindici minuti di ovazioni ed applausi. La scommessa era difficile non solo perché il wagneriano Ring (‘L’anello del Nibelungo’, un prologo e tre ‘ giornate’, per complessivamente quindici ore di musica) non si rappresentava a Palermo dal 1971, ma perché in questi ultimi decenni pochi teatri hanno affrontato la sfida di mettere in scena la tetralogia di Richard Wagner da soli senza co-produzione. Di recente, per attuare l’impresa la Scala si è unita alla Staatsoper unter den Linden di Berlino, il Maggio Musicale Fiorentino con il Palau des Arts di Valencia, il Festival di Aix en Provence con il Festival di Pasqua di Salisburgo, il Teatro Massimo Bellini di Catania con il Petruzzelli di Bari, La Fenice con Colonia. Unicamente il Metropolitan di New York ha prodotto in proprio un nuovo allestimento del Ring, proiettandolo però in diretta in 5000 sale cinematografiche e con l’intenzione di replicarlo più volte nel prossimo quarto di secolo. Gli applausi e le ovazione testimoniano il successo dell’intero Ring. non solo di Götterdämmerung  (Crepuscolo degli Dei, quarta ed ultima opera del ciclo) scelta per l’ inaugurazione (il 28 gennaio) in grande stile della stagione lirica e di balletto del Massimo palermitano.



Pochi gli smoking, ma molti gli abiti da sera per le signore con sala e palchi addobbati per un gran gala. Numerose le autorità presenti. Trecento  posti della ‘prima’ sono stati riservati ai giovani, il pubblico del futuro (al quale il Massimo dedica una speciale attenzione), molte dei quali per la prima volta in un teatro d’opera e quasi nessuno con dimestichezza con uno dei lavori più complessi di Richard Wagner.



Inizialmente questo Ring si sarebbe dovuto realizzare interamente nel 2013, il bicentenario della nascita del compositore, due opere all’inizio della stagione e due alla fine. Difficoltà finanziarie hanno comportato un arresto del programma dopo la messa in scena delle prime due opere. E’ ripreso lo scorso dicembre con la messa in scena della terza opera Siegfried e si conclude ora conGötterdämmerung .

Il lavoro porta la firma di Graham Vick (regia) e di Richard Hudson (scene e costumi) mentre alla guida musicale si sono alternati due maestri concertatori, Pietari Inkinen nel 2013 e Stefan Anton Reck nel 2015 e nel 2016, differenti per età, temperamento e stile – meticoloso ma quasi gelido Inkinen, passionale e dedito a sottolineare tinte e chiaro-scuri Reck. Nei tre anni non sono cambiati solamente i maestri concertatori ma anche parte del cast (che richiede 35 solisti, un coro e 30 mini). In effetti, lo spettacolo è sopratutto frutto della concezione di Vick e Hudson, i quali in gran parte delle quattro opere lavorano a palcoscenico nudo, un minimo di attrezzeria, giochi di luce, coinvolgendo la sala e facendo anche cantare dai palchi per ottenere effetti stereofonici.



Graham Vick e la sua squadra si riallacciano a una lettura politica della tetralogia, quale quella iniziata alla metà degli anni ’70, con un Ring  rimasto incompleto per dissapori tra il direttore musicale Wolfgang Sawallisch e il regista e lo scenografo, Luca Ronconi e Pier Luigi Pizzi (l’intero progetto è stato poi portato a Firenze con la concertazione di Zubin Mehta) e soprattutto con il Ring“ del centenario” di Patrice Chéreau (e Pierre Boulez) presentato nel 1976 a Bayreuth. Allora, il Ring mostrava una società industriale in crisi. Al pari della edizione di Guy Cassiers (con Barenboim sul podio) coprodotta dalla Scala e dalla Staatsoper di Berlino, Vick descrive un ceto dirigente in disfacimento e l’annuncio che ne verrà uno nuovo e migliore. Nel Götterdämmerung  la prima per bruciare il corpo di Siegfried, su cui si immolata Brunilde e le cui fiamme distruggono il pantheon degli dei germanici è attizzata da giovani kamikaze.

Per quanto riguarda la parte musicale, occorre, in primo luogo, fare i complimenti all’orchestra del Massimo che ha affrontato bene l’immensa partitura con due differenti letture Impossibile, avere un cast omogeneo di alto livello. Complessivamente in questo Ring i ruoli femminili hanno trovato interpreti più adatti di quelli maschili (dove hanno brillato Thomas Gazheli, Sergei Leiferkus, Eric Greene, Peter Bronder). In Götterdämerung, il soprano svedese Irene Théorin, già ascoltata alla Scala, ha confermato di essere una delle migliori Brunilde di questi anni. Deboli invece i due tenori “eroici”, John Treleaven (Sigmund in Die Walkürie Christian Voigt nelle ultime due opere); ambedue sono arrivati stremati al termine delle loro parti.