Johnny Cash è uno degli ultimi eroi d’America. La sua figura è profondamente legata alla musica country, all’impegno sociale, alla fede cristiana, agli Stati Uniti d’America. Sono molti i filmati, le registrazioni audio e le immagini che raccontano dei suoi concerti nelle carceri, delle sue collaborazioni artistiche e della sua conduzione televisiva del Johnny Cash show. La figura di Johnny Cash è diventata talmente rilevante negli anni da essere definita dal New York Times “una irripetibile storia americana”.



Meno note sono invece le sue performance in Europa sebbene nel nostro continente si sia esibito centinaia e centinaia di volte. Verso la fine degli anni settanta sarebbe venuto anche in Italia con la famiglia ma ancora una volta non per suonare dal vivo, ma da turista per visitare Roma e la Città del Vaticano. Dei numerosi show europei, soprattutto in Scandinavia, Gran Bretagna, Germania e Francia, alcuni sono già stati documentati ufficialmente come il concerto nel carcere svedese del 1972 På Österåker e Strawberry Cake registrato al Palladium di Londra nel 1975. Ad arricchire questo capitolo europeo della carriera di John a dicembre è stato pubblicato il cd Man in Black: Live in Denmark 1971 di cui era già disponibile il filmato trasmesso dalla televisione danese. Tra le esibizioni europee di quegli anni è stato pubblicato in questi giorni anche Koncert v Praze (In Prague Live).



Per quanto la registrazione non sia affatto nuova ai fan dell’Uomo in Nero, la distribuzione in formato cd di questo concerto ha il merito di dare un nuovo volto a questa leggenda americana riscoprendolo in un contesto del tutto nuovo per gli artisti occidentali dell’epoca: l’esibizione in un paese del blocco Sovietico. Quando ancora nessun musicista americano era gradito e il rock era considerato come un potenziale mezzo di sovversione, Johnny Cash è il primo artista di un certo calibro internazionale a suonare in un Paese oltre la Cortina di Ferro. Il 10 e l’11 aprile del 1978 Johnny Cash e la Carter Family hanno tenuto quattro concerti alla Sport Hall di Praga. Cash e il suo entourage di 19 persone, grazie ad un visto per motivi di lavoro, è giunto nella capitale Ceca dopo essere partiti da Berlino e ad aver viaggiato per 400 km su uno scuola bus messo a disposizione dal governo Cecoslovacco, che per l’occasione è stato anche Promoter e Manager dell’evento.



Si narra di un concerto molto atteso e di un sold out avvenuto in pochi giorni per un totale di 40.000 spettatori nel corso di due giorni molto intensi. Come racconta lo stesso John sul palco dello Sportovni hala: “Le due giornate sono state molto stancanti, quattro ore di musica al giorno, ma sono stati anche due giorni tra i più felici della mia vita”. A giudicare dall’accoglienza del pubblico all’inizio e alla fine di ogni canzone, l’esibizione è stata molto apprezzata. E pensare che il pubblico che, compostamente ha riempito il palazzetto, conosceva probabilmente solo in parte il suo repertorio grazie principalmente alle trasmissioni radiofoniche di Radio Free Europe. Che poi il concerto abbia anche favorito la distensione dei rapporti USA/Cecoslovacchia non lo sapremo mai con esattezza ma potrebbe essere lo spunto per un libro di Le Carrè o la sceneggiatura di un film di Spielberg (o meglio ancora di Martin Scorsese che di musica ne capisce e pure parecchio).

Oltre alla portata storica dell’evento, come già detto le registrazioni incluse nel nuovo cd non sono affatto una novità. Pubblicato una prima volta solo in Europa nel 1983 in vinile (e reso disponibile nuovamente nel 2015 per il Record Store Day), nel 2012 è stato pubblicato in formato CD ma si è “perso” tra i 63 CD del Box-set “The Complete Columbia Album Collection”. Una performance che non aggiunge nulla al Johnny Cash artista ma che ancora una volta mette in evidenza la caratura e lo spessore di questo uomo. In Prague live è un cd singolo che raccoglie alcune canzoni della seconda giornata. Fiato alle trombe in stile mariachi e il concerto si apre con Ring of Fire. Lo show diventa un Greatest Hits con Folsom Prison Blues, I Walk the line e I Still Miss Someone. Prima di eseguire Big River e quindi prima di mettersi all’inseguimento di una donna lungo il Mississippi, coglie l’occasione per fare un po’ di ripetizioni di storia della musica ad un pubblico che in quegli anni forzatamente è stata un po’ “distratto”: “Nel 1955 abbiamo iniziato a registrare per la Sun Records a Memphis Tennessee. 

C’erano Carl Perkins, Jerry Lee Lewis, Elvis Presley ed io. Elvis ci ha lasciato ed era il Re, ma lo è ancora adesso, il più grande di tutti. Quando sono tornato ho registrato una canzone Rockabilly ovvero rock’n’roll e hillibilly insieme”. Non manca Sunday Mornin’ Comin’ Down, la canzone che l’amico Kris Kristofferson gli ha voluto regalare e nemmeno un Cowboy Medley con I Ride an Old Paint e The Streets of Laredo. John porta in viaggio l’ascoltatore per gli Stati d’America grazie a City of New Orleans e gli fa respirare l’aria sudista con Hey Porter.  John presenta con affetto e calore la sua band, i compagni, fino ad allora, di una vita i The Tennessee Three: “Che in realtà sono cinque e che inizialmente si chiamavano The Tennessee Two”! Solo nella conclusiva Wabash Cannonball Johnny chiama a raccolta la Carter family al completo che allegramente colora e invade il palco.

Sebbene non di ottima qualità, i filmati del concerto reperibili in rete sono ben più interessanti (poichè il concerto è stato registrato e trasmesso dalla TV di stato). John è uno showman navigato e sa come farsi ben volere: regala al pubblico le sue armoniche a bocca e con disinvoltura, nel comunicare che lo spettacolo sarebbe stato registrato, si inginocchia a firmare autografi. Poi ancora presenta la figlia avuta dal primo matrimonio: “Sono 23 anni che suono da professionista e 23 anni che è nata mia figlia Rosanne”. Una Rosanne Cash giovanissima che si guadagna spazio nello show con un paio di canzoni e che proprio quell’anno avrebbe registrato in Germania il primo e omonimo album. Solo due anni dopo Rosanne avrebbe raggiunto un successo clamoroso con Seven Year Ache.

Il concerto si è chiuso con San Quentin (non inclusa nel cd) scritta ed eseguita per la prima volta nel 1969 per l’omonimo carcere. Suonata in quel luogo risulta così vera “Mi hai piegato il cuore, la mente e forse anche l’anima” e profetica visto che undici anni dopo un muro sarebbe caduto davvero insieme all’ideologia che racchiudeva: “Che le tue mura possano crollare e possa io sopravvivere per raccontarlo… e possa il mondo rinfacciarti che non sei servito a niente”!

Johnny Cash nasce e muore da uomo libero. Da uomo libero ha sempre vissuto al limite tra peccato e redenzione. Quella libertà che più volte John ha compromesso scegliendo la strada della droga. Quella libertà inevitabilmente limitata di chi è rinchiuso in un carcere oppure di chi è oppresso da un regime totalitario. Senza colpe particolari da espiare i “prigionieri” di quel regime sono per John in quei giorni i “suoi” nuovi carcerati e nemmeno loro meritano di essere dimenticati. Stabilito il legame John saluta il pubblico di Praga, il suo nuovo pubblico con delle parole semplici ma nel contempo così belle: “Vi auguro felicità, salute e una lunga vita”.