Dopo l’abbandono di Alessio Bernabei che li sfiderà dallo stesso palco dell’Ariston, i Dear Jack affrontano per la seconda volta il festival di Sanremo con Mezzo respiro, canzone scritta da Balbo, Paviani, Riflessi e Corradini. 

Alla prima lettura, il brano sembra uNa ballata probabilmente malinconica e dolorosa in cui il gruppo canta dell’ultimo incontro di una coppia che sta per lasciarsi e dirsi addio, più per mettere fine alle sofferenze e ai rancori che per reale disamore. L’impressione che arriva subito leggendo il testo è quella di aver voluto raccontare in primis la stanchezza di una coppia che ha passato gli ultimi tempi a odiarsi (“Passeremo questa notte senza graffi sulla faccia/Proveremo a dirci basta, solo dirci/Che non ne vale la pena”) per provare a ricominciare da capo, soprattutto a ricominciare da sé stessi (“Rifarò tutti i bagagli, per riempirli dei miei sbagli/Qualche gioco di parole sarà la soluzione/Per sentirmi meno male”). 

Ovviamente però il fuoco sotto la cenere scotta ancora, e l’idea dell’addio riaccende forse la passione che il rancore ha sopito (“Mezzo respiro ancora/Soltanto mezzo respiro ancora/Per dare un senso ai ricordi/Per un passo in avanti/Perché odiarci non serve più”). Ovviamente la struttura lirica, l’uso delle rime e i temi si adattano al pubblico adolescenziale della band, ma come con il loro ex cantante Bernabei, trapela – in misura a dire il vero minore – la voglia di un ascolto più maturo, se non nella forma di musica e testo almeno nella sostanza che da essi traspare. Come il riferimento al silenzio e alla resa di fronte alla fine del rapporto (“Passeremo questa notte senza dirci quasi niente/Che il silenzio certe volte è solo voglia di carezze/Dimmi che andrà tutto bene”); e agli autori riesce bene la resa figurativa del momento dell’addio, dell’istante preciso in cui due persone tornano a essere una cosa sola (“Soltanto mezzo respiro un’ora/Tra una promessa sospesa, l’ultimo sguardo d’intesa/Prima di dirci addio”) anche se una parte del cuore continua a crederci (“Adesso proverò a convincermi/Forse a non illudermi/A dirmi che è meglio così”).

A limitare il testo è senza dubbio il bisogno di comunicare con un pubblico fin troppo specifico, come se la voglia di diventare qualcosa in più di un semplice gruppo per ragazzine venisse frenata dalle esigenze discografiche: e così le rime sono abbastanza banali, la struttura è fin troppo semplice e piatta e l’andamento è ripetitivo. Però a saper coltivare certe velleità da parolieri, i Dear Jack potrebbero cominciare a parlare anche agli over 18. Ammesso che a loro interessi davvero.