Adesso che abbiamo visto due puntate della serie tv tra le più anticipate dell’anno possiamo farci un’idea già precisa: “Vinyl” è straordinario. I dubbi d’altro canto erano pochi, con un produttore come Martin Scorsese che non è solo uno dei più grandi registi della storia, ma l’unico nella categoria che conosce in modo approfondito il mondo del rock. Da quando nel 1976 girò il film “L’ultimo valzer”, il concerto di addio di The Band, pose le basi di un emozionante, commovente e nuovissimo modo di portare la musica al cinema. Scorsese peraltro aveva cominciato a lavorare nell’ambiente facendo il cameraman per il film “Woodstock”. 



L’altro produttore Mick Jagger, nonostante da sempre cerchi di infilarsi nel mondo del cinema, vale più come consulente storico. Ce ne sono molti altri coinvolti, tra cui l’ex giornalista rock e adesso regista di fama anche lui Cameron Crowe, tutta gente che ha vissuto da protagonista quello che si racconta nella serie (Crowe è anche l’autore del più bel film dedicato a una “storia rock”, “Almost Famous-Quasi famosi”).



Basterebbe il primo episodio, l’unico girato personalmente da Scorsese, per capire il valore dell’opera: potrebbe essere un film a sé stante. Naturalmente come tutte le serie televisive si tenderà ad allungarla in modo eccessivo (dopo la prima serie di 10 episodi, è già stata annunciata una seconda serie) per sfruttarla commercialmente, e inevitabilmente si annacquerà, dilatando il contenuto con probabili episodi inutili. Ma questi primi due ci bastano per dire che “Vinyl”, insieme ai Sopranos, è probabilmente la più bella serie televisiva di sempre.

Come nella saga della famiglia mafiosa del New Jersey, anche qui ci si imbatte in peccato e ricerca di redenzione, banalità del male, desiderio e impossibilità di farlo proprio, grandezza e miseria umana, delitto e castigo, il tutto con riferimenti storici appassionanti e realismo profondissimo.



Non è una roba per specialisti, perché la narrazione è vivace, appassionante e il mondo musicale che viene narrato è poi metafora di tutto il mondo. Certo, per gli appassionati di musica rock si va a nozze e anche i più scafati scopriranno particolari inediti, anche scioccanti, e chi già ne sa gode infinitamente a veder ritratti in modo così realistico tanti eroi visti solo sulla copertina dei dischi o al massimo da lontano in un concerto. Il personaggio di Alice Cooper, ad esempio, nel secondo episodio, è straordinariamente aderente a quello vero, comprese la sua intelligenza di uomo di affari, il surrealismo tipicamente Seventies di giocare a golf con una bottiglia di vino e una lattina di birra nelle mani e il gusto per scherzi sfrontati ed eccessivi.

La storia è quella di un discografico (Richie Finestra, ottimamente interpretato da Bobby Cannavale) che dopo aver toccato il massimo successo, vede la sua azienda cominciare a perdere i colpi. Siamo nel 1973, un momento chiave della storia di questa musica, un momento di travaglio e transizione, con gli eroi e le mode degli anni 60 ormai in totale declinio e una nuova generazione alle porte: il primo episodio si apre non a caso con un concerto dei New York Dolls, paladini del gluma rock e precursori del punk anche se il crollo del tetto del Mercer Arts Center non avvenne in realtà quando suonavano loro. In mezzo al pubblico anche Richie, strafatto di cocaina, ormai all’ultima spiaggia, che in quella botta di musica semplice e selvaggia rivede sia il suo passato fatto di passione e amore per la bellezza che solo la musica sa indurre, sia un futuro possibile dalla tragedia che lo sta catturando. Ma il tetto che gli crolla addosso simbolizza che non ci sono più vie di uscita.O forse sì, lo sapremo nelle prossime puntate.

Finestra è un uomo in crisi non solo perché sembra aver perso il tocco magico che gli aveva permesso di lanciare tanti artisti di successo, ma anche perché si accorge di aver bruciato gli ideali e le passioni della gioventù per il carrierismo e il cinismo più sfrenato. Aveva cominciato infatti negli anni 50, amando il blues e finendo per vendere l’anima ai soldi. La figura di Lester Grimes, il bluesman a cui non è riuscito a garantire il successo che meritava e che ha venduto a un discografico mafioso per avere i soldi per lanciare la sua etichetta, appare e scompare a ricordargli il suo tradimento, sorta di angelo della vendetta pronto a colpire. “Un cantante è un prodotto” gli dirà lo scafato discografico che l’aiuta a muovere i primi passi. Per chi ha sempre pensato che fosse esistita un’età dell’oro della musica in cui i discografici pensavano al bene degli artisti, sarà una delusione. E’ sempre e soltanto stato business, “the american way”.

Negli episodi si intrecciano brillantemente altri personaggi tutti alla ricerca di un riscatto impossibile, ad esempio la moglie di Richie, ex modella di Andy Warhol. Quello che Scorsese rappresenta è la decadenza dell’impero americano, una decadenza che arriverà a trascinarsi fino a oggi, dove anche i desideri più belli finiscono per corrompersi.

Ritratti in modo divertentissimo sono i discografici che lavorano con Richie e le loro squallide manovre ai danni degli artisti stessi (stampare i dischi, buttarli nella spazzatura, imbrogliare il fisco e i cantanti, guadagnare e non pagare gli artisti stessi) o le tangenti scaricate sui tavoli dei dj direttamente dalla copertina del disco che verrà così mandato in rotazione fino al successo. Tutta roba che esiste ancora oggi.

Così come il taglio del 70% del repertorio della American Century per tappare i buchi economici, viene deciso come se si trattasse di tagliare macchinari obsoleti e non vite umane che credono nella musica che fanno e nella passione per questa. I nomi citati sono veri: la storia del rock è piena di artisti di straordinario talento gettati nell’oblio da scelte opportunistiche. Così come le montagne di coca sniffate durante le riunioni di ufficio.

C’è anche James Jagger, figlio di Mick, nel ruolo di un cantante di una band esordiente, sufficientemente credibile nel suo ruolo. Una delle tante curiosità che rendono grande questa serie: il pezzo della band di cui Jagger è il cantante, i Nasty Bits, hanno registrato un demo che cattura l’attenzione di Finestra, Bored Stiff. Se i Nasty Bitts non sono mai esistiti nella realtà, quel brano è esistito veramente, opera di un gruppo chiamato Jack Ruby che non pubblicò mai un disco, ma solo dei demo. Un pezzo straordinario, che anticipa il punk a venire, pubblicato insieme ad altri demo solo nel 2011. I Nasty Bitts, tra l’altro, sono interpretati da una autentica band newyorchese, ma a suonare sono un super gruppo guidato dal Sonic Youth Lee Ranaldo.

Ad arricchire di drammaticità la storia l’assassinio da parte di Richie e di un amico del più importante dj del momento, un uomo vizioso, decadente, venduto che ricatta i due per passare i loro dischi. Un omicidio nato in circostanze assurde, quella banalità del male così ben rappresentata nei Sopranos. E di omicidi nella storia del rock ce ne sono stati tanti.

Vedremo se le prossime puntate saranno allo stesso livello. Quello che fino ad adesso ci è apparso memorabile è non solo il ritmo incalzante, le grandi musiche, le ricostruzioni dei retroscena di un mondo su cui si è costruita spesso una mitologia inesistente, e invece intriso di cinismo, ma attraversato della malinconia per una bellezza intravista, ma che le mani dell’uomo hanno corrotto, ma che eppure continua a fare capolino. Nel bluesman abbandonato o nella segretaria dell’American CentUry che riesce là dove i discografici cocainomani hanno fallito forse ci sarà la possibilità di riscatto anche per Richie Finestra. E forse anche della musica rock.