Un capolavoro della seconda metà del Novecento è in giro in varie città italiane (e non solo): La Voix Humaine di Francis Poulenc, su libretto di Jean Cocteau, un monodramma di quaranta minuti chiamato dagli autori (con una punta di ironia) Tragédie Lyrique, che debuttò del 1959 all’Opéra Comique. Composta per la voce di Denise Duval (che aveva appena trionfato in Les Dialogues des Carmélites) ebbe grandi interpreti come Madga Oliviero e Maria Caterina Antonacci per non citare che le italiane. 



Anna Magnani la impersonò (ovviamente basata unicamente sul testo di Cocteau) nel film ad episodi Amore di Roberto Rossellini. Esistono due versioni dell’opera; una con un accompagnamento orchestrale ed una con accompagnamento di solo piano. E’ questa seconda edizione che ho gustato il 3 marzo al Teatro Argentina nei programmi dell’Accademia Filarmonica Romana.



La trama è al tempo stesso semplice ed altamente drammatica. Un uomo ed una donna, che si sono amati e forse si amano ancora, decidono di lasciarsi per sempre Per l’ultimo colloquio – quello dell’addio  si parlano al telefono. Vediamo, ed ascoltiamo, solo la donna, che passa da momenti di estrema tenerezza ed altri ricchi di passione, e pure di violenza. L’uomo rimane invisibile dall’altro capo del telefono (e non se ne sente la voce), ma la sua presenza viene evocata nelle pause del parlare/cantare della donna . Di tanto in tanto, il concitato colloquio si interrompe, ma nessuno dei due ha il coraggio di troncare questa ultima e disperata conversazione. Infine, la donna esausta si getta sul letto ed il filo del telefono è l’ultimo fragile legame con l’uomo. Lo scongiura di riattaccare. Il dramma finisce tra parole soffocate e grida mentre il ricevitore abbandonato cade a terra.



Le frasi corte, incisive di Cocteau ritmano il flusso dei sentimenti, gli alti e bassi delle emozioni in un crescendo ricco di suspense e di drammaticità. Il testo di Cocteau si presta ad essere rivestito di note; ogni frase, ogni parola è valorizzata dal canto: il mezzo espressivo più congeniale all’arte di Poulenc. Piuttosto che all’avanguardia Poulenc si ricollega alla tradizione delle donne di Massenet La partitura di Poulenc fluida e raffinata, è immersa nella più completa sensualità e addolcisce dolcemente la tensione (e la violenza) del testo di Cocteau . C’è perfetta fusione tra parole e musica- Poulenc approfondisce la psicologia femminile con grande rigore.

Naturalmente. La Voix Humaine richiede una grandissima interprete. Voce fra le più originali nel panorama musicale italiano e internazionale, versatile e personalissima, Cristina Zavalloni è la protagonista. E’ sul  palco del teatro capitolino con il pianista Andrea Rebaudengo, legato a lei da un sodalizio artistico decennale. ‘Cavallo di battaglia” della Zavalloni dal 2010, La voix humaine interpreta splendidamente una conversazione faticosa, sofferta, interrotta più volte – anche per via delle precarie condizioni delle linee telefoniche della Parigi di metà Novecento – portata avanti dalla forza di disperazione della donna che non riesce ad arrendersi alla rottura

Il programm aè stato completato dall’esecuzione degli otto Notturni op. 56 e il Presto in si bemolle maggiore, entrambi per pianoforte solo, di Poulenc.

Pubblico non foltissimo ma grande successo.