Ho avuto la fortuna di ascoltare la Terza Sinfonia di Mahler a Roma il 13 marzo alla Sala Santa Cecilia eseguita, in un concerto fuori abbonamento dalla Budapest Festival Orchestra , diretta da Iván Fischer con Gerhild Romberger come contralto e con i cori di voci femminili e di voci bianche dell’Accademia Nazionale di Santa diretti da Ciro Visco. E a poche settimane di distanza, il 7 aprile, di gustarla nell’ambito del Festival Le Printemps des Arts de Montecarlo, nell’auditorium Ranieri III del Principato, eseguita dai Bamberger Simphoniker diretti di Jonathan Nott sempre con Gerhild Romberger come contralto, con il coro femminile dei Bamberger Simphoniker diretto da Rolf Beck e il coro di voci bianche della Académie de Musique Ranieri III diretto da Bruno Habert. La Budapest Festival Orchestra ha la (meritata) reputazione di essere uno dei migliori complessi sinfonici al mondo. I Bamberger Simphoniker, dal canto loto, sono una grande orchestra , specializzata in Mahler.
Non capita spesso di ascoltare la Terza Sinfonia di Mahler a ragione della lunghezza (da un’ora e quarantacinque minuti a due ore, a seconda del maestro concertatore), dell’enorme organico orchestrale (il più vasto richiesto da Mahler), dalla necessità di due cori e da un difficile ruolo per il contralto solista. E’ ancora più raro ascoltarla eseguita da due grandi complessi di fama mondiale. Ricordiamoci che passarono circa cinque anni dalla conclusione della partitura e la sua prima esecuzione integrale) proprio in quanto nessun impresario osava rischiare.
Come ho illustrato altrove, la Terza Sinfonia è una delle prove decisive che la conversione di Mahler, nato in una famiglia di ebrei non praticanti, al cattolicesimo, a 37 anni, fu sincera (come dimostrano vari documenti, tra cui l’ultimo telegramma in versi alla moglie Alma) e non un espediente per diventare Direttore della Regia Opera Imperiale di Vienna. In questo contesto, la Terza Sinfonia deve essere letta non tanto come un inno panteistico alla natura (come hanno sostenuto Claudio Abbado e numerosi altri) , ma alla stregua dell’equivalente de La Creazione di Haydn nel clima , però, non del Settecento splendente ma di quel periodo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in cui l’Europa stava preparandosi al proprio suicidio con una lunga guerra interrotta da un armistizio di circa vent’anni.
E’ una sinfonia divisa in capitoli: l’inizio dell’estate (un primo tempo maestoso di oltre mezz’ora), cosa mi raccontano i fiori e i prati (a tempo di minuetto), cosa mi raccontano gli animali e le foreste (uno scherzo), cosa mi racconta l’uomo (con l’aria del soprano basata su testi di Così Parlo Zaratustra di Friedrich Nietzsche con avvertimenti all’uomo appena creato), cosa mi raccontano gli Angeli (un andante con brio) e cosa mi racconta l’amore (un lungo adagio). Nel disegno originale , avrebbe dovuto concludersi con un ultimo episodio: la vita in Paradisco (in cui San Pietro tenta di coordinare, senza grandi esiti, altri Santi). Data la durata, già enorme, della sinfonia questo episodio diventò quello iniziale della successiva quarta sinfonia.
Ho già trattato, su una testata britannic, la lettura scintillante data dalla Budapest Festival Orchestra: un vero e proprio inno alla Creazione ed all’opera di Dio
E’ differente la lettura offerta dai Bamberger Simphoniker. In primo luogo, la Terza Sinfonia è stata preceduta da un lavoro del recentemente scomparso i Henry Dutilleux, con una sgargiante Barbara Hannigan (Corresponances per soprano ed orchestra, un condensato dell’universo del compositore)- un lavoro elegante e raffinato. Di conseguenza, la sinfonia di Mahler è stata eseguita in due parti: la prima con il primo movimento e la seconda con gli altri.
Un espediente necessario data la durata del lavoro (l’intero concerto è stato di circa tre ore).
Ma non è questo il punto fondamentale. La lettura di Jonathan Nott non intende essere scintillante come quella di Iván Fischer. Vuole essere riflessiva, meditativa. In sintesi mentre Fischer esalta la Creazione, Nott riflette sul suo significato. Lo si avverte specialmente nell’adagio finale, quasi una preghiera wagneriana , con echi diParsifal perché sia il Signore sia l’umanità da Lui creata si redimano a vicenda. Un’ultima notazione:il grande livello delle due orchestre appare non solo nella loro coesione ma nei meravigliosi ottoni e fiati, nonché violoncelli ed arpe. Qualità che raramente si riscontrano nelle nostre orchestre.