La genialità, la capacità di sintetizzare i solismi alla Jimi Hendrix con le lucide follie alla Frank Zappa, coniugate con la musica soul e rhythm & blues e il funk, il tutto irrorato dalla sua potente energia, carica di una sensualità travolgente che sapeva fare di poche note un successo planetario.
Prince è stato il più grande artista emerso in un decennio, gli anni ottanta, in cui l’ispirazione e la creatività finirono per adagiarsi e svilirsi in un monotono e apatico leitmotiv svuotato di ogni tendenza alla sperimentazione.
Prince seppe raccogliere il testimone della migliore tradizione della black music e decostruirla attraverso un procedimento che sintetizzava un linguaggio musicale a volte roboante ed elettrico, a volte quasi robotico, in omaggio alla tecnologia elettronica che oramai dominava in lungo e in largo.
Mai banale, mai superficiale, seppe costruire capolavori musicali attraverso album leggendari, solidi, compatti, eleganti, dove la noia non aveva dimora.
I suoi concerti erano delle vere e proprie avventure, delle epopee eroiche ed interminabili, in cui i suoi brani spesso venivano completamente reinterpretati in una dimensione live, in cui il rock e la black music diventavano una sola cosa. Sul palco, con lui, scorrevano le ombre gigantesche e leggendarie di James Brown, Sly Stone e Jimi Hendrix
Personaggio iconico e spettacolare, artista impagabile, Prince ci ha regalato emozioni indimenticabili.
La sua arte, il suo genio, la sua capacità di riproporsi sempre e comunque su livelli altissimi, anche nei lavori meno riusciti, ha fatto di Prince un degno residente dell’Olimpo dei grandi della musica popolare degli ultimi trent’anni.