L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha dedicato un concerto replicato tre volte (dal 23 al 25 aprile) ai quindici ani dalla morte improvvisa di Giuseppe Sinopoli il 20 aprile 2001 a Berlino mentre era appena salito sul podio per dirigere Aida. Non so se i tre concerti, con esecutori di eccezione (Yuri Temirkanov e Markus Werba) fossero stati concepiti per questa circostanza sin dall’inizio della programmazione della stagione sinfonica dell’Accademia o se la dedica è stata definita una volta notato che sarebbero stati offerti  in prossimità del quindicesimo anniversario della dipartita improvvisa di Sinopoli . Sono comunque certo che a Sinopoli il concerto sarebbe piaciuto. Non so se nell’aldilà è dato di ascoltare concerti. Ove lo fosse, Giuseppe Sinopoli (quasi mio coetaneo e con il mio stesso nome di battesimo) vi avrebbe trovato molto di quello che nella sua breve, ma intensa, esistenza (1946-2001) ha dato a noi tutti.



I più giovani lettori forse non sanno che Sinopoli era laureato in medicina e chirurgia  e prima di morire aveva completato la tesi per una seconda laurea – in archeologia. Aveva studiato in parallelo agli studi in medicina, composizione e direzione d’orchestra. La sua carriera è stata per numerosi anni all’estero, con una preferenza per la musica tedesca, per il repertorio tardo romantico, e per il moderno ed il contemporaneo. Riuscì anche a produrre saggi di rilievo. 



La Gran Bretagna, la Germania, l’Austria e gli Stati Uniti erano i Paesi dove più volentieri dirigeva. Ma aveva il suo cuore in Italia. A Roma è stato dal 1983 al 1987 direttore musicale dell’Accademia di Santa Cecilia ed era anche iscritto alla facoltà di archeologia. A Roma, pensava di stabilirsi con la sua famiglia, dopo tanto vagare all’estero. E’ stato direttore artistico del Teatro dell’Opera, anni convulsi e travagliati quando ha cercato di introdurre quelle misure di razionalizzazione e miglioramento della qualità che da pochi anni il sovrintendente Carlo Fuortes ed il direttore artistico Alessio Vlad stanno attuando con successo. I travagli romani, con il mondo politico e sindacale, hanno probabilmente avuto un ruolo nella sua prematura morte.



Perché il concerto sarebbe piaciuto a Giuseppe Sinopoli? Non solo per la qualità eccelsa degli esecutori (una delle migliori bacchette mondiali ed un baritono tra i più apprezzati per l’impostazione tenera della sua voce e la sua capacità di modularla secondo le scritture anche più impervie). Soprattutto, per il programma. 

Di solito, per ricordare un musicista defunto viene eseguito un requiem. Invece, si è iniziato con la pavane pour une infante défuntedi Ravel, e si proseguito con i Kindertotenlieder di Mahler per dedicare la seconda parte alla Sinfonia n.4 in mi minore di Brahms, tre brani conosciuti ed eseguiti spesso negli stessi concerti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. 

Tre brani che trattano della morte, i primi due esplicitamente ed il terzo implicitamente (il senso di estrema solitudine con cui l’uomo affronta la fine della propria avventura terrena e che spinge il linguaggio ai limiti dell’astrazione). Nel primo brano, che lo stesso Ravel sottotitolò ‘molto dolce ma di una sonorità molto vasta’, si avverte il sapore dei Paesi Baschi (di cui era originaria la madre del compositore) e dalla Spagna con cui l’autore ebbe sempre un forte legame affettivo e culturale. 

Yuri Temirkanov ne esalta la tenerezza. Nei Kindertotenlieder, Mahler esprime lo sgomento del poeta Friederich Rückert  il quale, nel giro di poco tempo, perse, per un’epidemia di scarlattina, due dei suoi sei figli. Cinque di queste bellissime poesie vennero messe in musica da Mahler in un ciclo, che anche per il suo schema totale, sembra quasi uno studio preparatorio della Nona Sinfonia. Senza entrare in aspetti tecnico – musicali è importante sottolineare che, al pari della pavane di Ravel, trattano di morti premature (come fu quella di Sinopoli); magnifici sia Temirkanov sia Werba nella struggente esecuzione.

Un parallelo con Sinopoli è offerta pure dalla notissima Sinfonia n.4 in mi minore di Brahms quale eseguita in modo superbo da Temirkanov e dai complessi di Santa Cecilia. Tra gli ultimi lavori del repertorio romantico, e tra i primi di quello tardo romantico, è incentrato sulla solitudine anche nella torrenziale vitalità dell’allegro giocoso (che ha il tono di un epitaffio tragico). E’ la solitudine non solo dell’uomo di fronte alla morte ma di Sinopoli negli intrighi del Teatro dell’Opera di Roma (e del Campidoglio) nel periodo in cui cercò di portare il Teatro della capitale ad un livello internazionale.