Con la Sagra Musicale Umbra, nata quasi contemporaneamente, il Maggio Musicale Fiorentino è stato per sessanta anni uno dei festival italiani più importanti e di maggior prestigio internazionale. Una legge del lontano 1936 ne fissava gli obiettivi: riscoprire grandi lavori di teatro in musica ‘obliati’ con allestimenti firmati da grandi registi e scenografi, accostarli a lavori contemporanei e fare uscire dal dimenticatoio anche sinfonica che era stata accantonata.



Ricordo teatri strapieni, file chilometriche per acquistare biglietti, pullman di ‘amici della musica’ non solo da tutta la Toscana ma anche dalle Marche, dall’Umbria, dall’Emilia-Romagna. Da almeno dieci anni il festival è in crisi. Innanzitutto, una crisi finanziaria. Ma anche una crisi di idee e ora di pubblico. Mentre si tentava di costruire il ‘Parco delle Musica’ più moderno d’Europa (ove non del mondo), il pubblico internazionale, prima, e quello fiorentino, poi, voltavano le spalle al Maggio.



Alcune settimane fa, ho raccontato su questa testata le delusione provata alla seconda rappresentazione di Iolanta di Ciaikovskij a teatro mezzo vuoto. C’erano alcuni ragioni: Iolanta è un atto unico concepita per uno spettacolo in due parti; l’allestimento lasciava un po’ a desiderare; le voci importate dall’Europa orientale (forse per ragioni di economia) non erano entusiasmanti.

Il 21 maggio al Teatro La Pergola, una delizia di meno di mille posti e con acustica perfetta alla prima di Albert Herring di Benjamin Britten, metà delle file della platea ed almeno un terzo dei palchi erano vuoti nonostante lo spettacolo fosse non di alto ma di altissimo livello tanto che penso di proporlo per il ‘Premio Abbiati, l’Oscar italiano della lirica conferito ogni anno dall’Associazione Nazionale dei Critici Musicali. Rari purtroppo i critici delle maggiori testate nazionali ed internazionali; quindi, pochi se ne ricorderanno quando verranno fatte le selezioni per il Premio.



Ho riferito altrove sul lavoro. Qui basta ricordare che Albert Herring è l’unica opera  comica del suo catalogo nel catalogo di Britten. E’ concepito per un piccolo organico, elementi scenici essenziali che possono essere facilmente trasportate da un teatro all’altro, meglio se di piccole dimensioni , per poter  circuitare e mantenere in vita l’opera lirica anche nei tempi duri del dopoguerra  E’ un lavoro spassossimo  che la regia di Alessandro Talevi, le accattivanti scene e costumi di Madeleine Boyd, e soprattutto, la brillante esecuzione musicale hanno mostrato in tutto il suo fulgore.

 Eccellente Jonathan Webb , il quale concerta egregiamente, sottolineando l’intelligente caratterizzazione dei vari personaggi di ciascuno dei quali vengono messi in rilievo indole e temperamenti con l’intervento di uno strumento musicale, mentre l’intero ensemble fa da tappeto a Albert ed agli ensemble.

Al Teatro della Pergola, Web crea con dodici solisti la sonorità, le tinte ed i colori di una grande orchestra.  Ottime tutte le tredici voci e soprattutto il gioco d’insieme, la coesione teatrale e musicale il poter gustare che nel ‘recitar cantando’ tutti gli interpreti dai musicisti in buca ai solisti in scena, si divertono e fanno divertire.

 

In qualsiasi altra città il teatro sarebbe stato affollatissimo mentre, a Firenze, era difficile trovare pubblicità anche negli alberghi. E’ necessario uno scatto di nervi, e di orgoglio, da parte non solo dal ceto politico ma anche dalla società civile della Città del Giglio.