Una band capostipite rinata e capace di essere nuovamente protagonista; una forza musicale capace di incrociare la produzione degli anni d’oro con la buona vena di nuove canzoni; un melange di classici, di cover e di personaggi della miglior memoria rock italiana; un piccolo club in grado di proporre in un bellissimo clima tanti autentici pezzi da Novanta del rock italiano e internazionale; il tutto per una serata destinata a diventare un doppio disco live. Questa la sintesi del concerto degli Osanna tenuto alcune sere fa al Giardino di Lugagnano (Verona). In scena una delle band che ha fatto la storia del progressive italiano e mondiale, capace dopo quasi 45anni (il primo disco è del 1971) di mettere in scena un tumultuoso percorso sonoro di oltre due ore di musica, in cui si intrecciano jazz-rock e suggestioni mediterranee, rock vigoroso e influenze classicheggianti.



Gli Osanna, autori di uno dei più importanti dischi del rock progressive mondiale – “Palepoli” – hanno pubblicato lo scorso anno “Palepolitana”, un disco in cui hanno proposto il riarrangiamento di alcuni brani storici, e inciso nuovi brani, dimostrando una forza creatrice indiscutibile e impensabile. E proprio i nuovi titoli, soprattutto la title track, “Michelemma”, “Anni di Piombo” e “Santa Lucia”, sono stati l’autentica colonna vertebrale del concerto veronese. Santa Lucia, soprattutto, è un brano che sintetizza in quattro minuti, l’intero excursus della band napoletana: una piccola suite in cui si concentrano canto napoletano, un approccio pianistico che passa dal jazz rock al classico, una capacità corale e vocale di avvolgere l’ascoltatore per portarlo dentro ad un complesso di emozioni, prima di giungere al grandissimo assolo chitarristico finale.



Naturalmente certe cose, soprattutto nel progressive, si fanno se il il livello tecnico degli interpreti è di altissimo livello ed in effetti questa nuova incarnazione degli Osanna sembra essere la migliore tra quelle espresse negli ultimi anni, visto che la band è rimasta in naftalina per 20 anni netti, dal 1979 al 1999. Ottimo nella gestione della voce e di una ironica teatralità mediterranea (gli Osanna sono stati la prima band ad esibirsi con il volto dipinto, anticipando Genesis, Kiss e compagnia, scelta estetica confermata negli anni ed ancora oggi adottata come marchio di fabbrica scenico), l’eterno Lino Vairetti si è circondato di buoni musicisti: Sasà Priore (tastiere), Nello D’Anna (basso), Gennaro Barba (drums), Irvin Vairetti (voci e tastiere) e Pasquale “Pako” Capobianco, chitarrista partenopeo di fluida potenza. 



Sono loro che danno spinta, vigore e magia ai pezzi degli anni d’oro, soprattutto ad “Oro Caldo” (immensa, scelta per chiudere la serata), “L’amore vincerà di nuovo”, “Milano Calibro 9” (soundtrack del film omonimo, composta con Luis Bacalov), “Ce vulesse” ed anche alla  più recente “Taka boom”. 

La serata – tra pezzi storici e recenti incisioni – è divenuta anche una celebrazione degli anni mitici del prog italiano: è accaduto quando gli Osanna hanno iniziato a proporre un medley che unsice “Non mi rompete” (il capolavoro del Banco del mutuo Soccorso che Vairetti presenta così: “Una canzone che dovrebbe essere dichiarata patrimonio dell’umanità”), con  “Il Banchetto” (firmato dalla Premiata Forneria Marconi) per concludersi con “Luglio, Agosto, Settembre nero” (degli Area). Poi sul palco dei napoletani sono salite anche Dorella Del Monaco (voce e leader degli Opus Avantra, autori nel 1974 di un album arduo e leggendario: “Introspezione”) e Jenny Sorrenti. 

Cantante di espressività raffinata, Jenny ha presentato due canzoni della sua storica band, i St .Just (anche qui titoli del progressive partenopeo datato 1973: “Tristana” e “Una bambina”) e ha poi concluso proponendo il capolavoro del fratello Alan, “Vorrei incontrarti”, in un insolito formato sonoro, decisamente più elettrico e meno acustico-lisergico di quello presente nel disco-capolavoro “Aria”.  Il gioco delle cover e delle citazioni è comunque una delle chiavi di lettura di tutta la serata, vizio-virtù che gli Osanna attuali portano a livelli fortemente incrociati e intriganti sia inserendo il celebre solo chitarristico di “Stairway to Heaven” all’interno del giro melodico de “L’Uomo”, che poi oltrepassando la barriera del tempo assumendo le sembianze della hendrixiana “Purple Haze”. 

Uno show da autentici applausi, con Lino Vairetti band leader capace di legare tra loro quattro decenni di storia, e di tessere le fila tra musicisti giovani e meno giovani, tra  influenze e idee che tutte insieme confluiscono sotto il suo amato Vesuvio. Negli ultimi anni anche in Italia (oltre che nel resto del mondo, Giappone in testa) il progressive tricolore ha goduto di una certa operazione di “rilancio”, anche con una serie di festival romani, che trascende la pura operazione-nostalgia. 

Ma la connotazione maggiore con cui oggi gli Osanna possono riproporsi (e questo forse li differenzia anche dagli altri grandi italiani della loro generazione, dalle Orme ai New Trolls, dagli Area alla PFM) è l’altissima qualità della loro produzione presente. Testi ricchi e non scipiti, sviluppo trascinante e complesso delle melodie, aggressività giusta e suono contemporaneo (pur evitando – e questo gli vale un applauso intenso – di scadere nel metal-progressive). 

Se questi sono i riflessi di una serata con gli Osanna, e se il progressive italiano è questo – ricco, capace di risorgere dalle sue proprie ceneri, furbo nel riproporsi connettendo ispirazioni, ambienti e ambiti diversi, tecnicamente ineccepibile e scenicamente godibile – c’è da sperare che il genere abbia lunga vita. Anzi lunghissima. Infinita.