Giunto alla XXVI edizione il Festival Internazionale del Jazz di Udine, richiama appassionati da ogni parte d’Italia, attratti dal programma e dal Friuli Venezia Giulia, regione generosa per bellezze, storia, ed itinerari eno-gastronomici. Peculiarità di Udin & Jazz, è la possibilità di fruire musica di alta qualità, a volte in forma gratuita, presentando, accanto a star di livello mondiale, musicisti locali di indubbio valore. Accurata la scelta delle location con il coinvolgimento di località di provincia come è avvenuto per l’apertura del festival al Teatro Pasolini di  Cervignano del Friuli con la band del sassofonista Daniele Sepe che ha rivisitato alla sua maniera alcune colonne sonore del nostro cinema. Nel programma di quest’anno i nomi forti in cartellone sono stati Paolo Fresu con Omar Sosa e Pat Metheny entrambi in scena al Teatro Nuovo Giovanni da Udine.



Il sodalizio tra Fresu e Sosa è iniziato quattro anni fa con l’album Alma al quale ha fatto seguito il recentissimo EROS, registrato negli studi Artesuono di Stefano Amerio. Il concerto di Udine è stato la prima mondiale del lungo tour che li porterà sui più importanti palcoscenici di Italia ed Europa. Gran successo decretato ai due musicisti con Sosa impegnato al piano e tastiere e Fresu alla tromba, flicorno ed electronics. Musica d’ambiente, giocata sulle dinamiche, con affreschi sonori che hanno esaltato la “voce” di Fresu,  più che mai ispirato al flicorno. Ottimo suono, facilitato dalla eccellente acustica del Giovanni da Udine. Numerose le richieste di bis, bel concerto,  anche se la proposta del duo ci è sembrata un tantino effimera.



Nel pomeriggio nella suggestiva cornice della Corte di Palazzo Morpurgo, interessante esibizione di Zeno de Rossi alla batteria e Giorgio Pacorig al pianoforte. La stessa location il giorno successivo ha ospitato l’esibizione del chitarrista Antonio Onorato con Joe Amoruso al piano e tastiere, Simone Serafini al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria. Proprio con questa ritmica Onorato ha registrato il suo nuovo disco che lo vede al fianco del grande Franco Cerri. Il cd  intitolato ANTONIO ONORATO & FRANCO CERRI è schedulato per il prossimo settembre. L’esibizione di Onorato è da annoverarsi fra le più belle del festival, con il pubblico entusiasta nell’ascoltare oltre a brani dello stesso Onorato (Assaje, 3/4 e un po’, Indian Raga), citazioni e versioni di alcuni grandi della musica come avvenuto in Tamurriata Nera dove il chitarrista ha ricordato Joe Zawinul, Jimi Hendrix e Renato Carosone. Commovente l’omaggio a Pino Daniele con il quale Antonio si era più volte esibito. Un artista, Onorato,  nella piena maturità, dotato di un formidabile bagaglio tecnico e, soprattutto, di una grande capacità compositiva in cui il jazz si fonde con le scale e le melodie tipiche della musica napoletana. All’altezza della propria fama l’apporto del tastierista Joe Amoruso, uno dei grandi del Neapolitan Power.



Attesissimo, con il sold out da diversi giorni, il concerto di Pat Metheny, icona del jazz che presentava in anteprima italiana il suo An Evening with Pat Metheny accompagnato dal fido Antonio Sanchez alla batteria, Linda Oh al contrabbasso e da Gwilym Simcock al piano e tastiere. Con questa formazione Metheny ha già in programma altri concerti nel nostro paese a partire dal mese di novembre ed una ripresa nella primavera 2017. Palco scarno, produzione ridotta all’osso, ben altra situazione rispetto alle produzioni di anni passati. Penalizzato anche il suono, quasi “inscatolato” nel palco, nonostante l’ottima acustica. 

A farne le spese Gwilym Simcock , il suo piano infatti , ad eccezione dei soli, non si è ascoltato per tutto il concerto, visto il basso livello di volume a cui era regolato;  in pratica si è ripetuta la stessa situazione di Giulio Carmassi il talentuoso pianista e polistrumentista italiano che ha suonato centocinquanta concerti con il Pat Metheny Unity Group. Partenza con la Pikasso  a 42 corde e poi classici come So May it Secretly Begin (da Still Life (Talking) del Pat Metheny Group 1987), Have you Heard (da LETTER FROM HOME  del Pat Metheny Group 1989), Unquity Road, Unity village , Bright Size Life (tutti da BRIGHT SIZE LIFE del 1976 ), Travels  e Farmer’s Trust entrambi dal live TRAVELS  del PMG, l’inedito What do You Want, Tell Her you Saw Me (da SECRET STORY), James (da OFFRAMP del 1982). A seguire Midwestern Night Dreams , The Red One da I CAN SEE YOU HOUSE FROM HERE  (John Scofield & Pat Metheny) e gran finale con Minuano e Are You going with me? e Last Train Home. Un’autentica cavalcata nel glorioso passato di questo straordinario artista, caposcuola della chitarra e compositore eccelso.

Purtroppo, dopo l’iniziale entusiasmo, il concerto non è parso in linea con gli standard a cui Metheny ci aveva abituato. La mano e il tocco non erano sicuramente al meglio ed anche il celebre suono della sua chitarra è sembrato un lontano ricordo; ci si augura solo per effetto di uno scarso rodaggio di band e materiale tecnico. Non si può comunque sottacere che, la produzione del chitarrista in questi ultimi anni, seppure di livello, non è parsa all’altezza dei suoi album di un tempo, soprattutto quelli del Pat Metheny Group, dove poteva contare sull’apporto dello straordinario talento di Lyle Mays. Pat Metheny può sicuramente dare ancora molto, sempre che si concentri sulla musica, tralasciando atteggiamenti da star. Colpisce il mutato atteggiamento con i suoi fan, un tempo infatti, riservava loro dei lunghi dopo concerto, a Udine ha pensato bene di uscire dal lato opposto dei camerini, lasciando in inutile attesa le persone.

Sorpresa e successo il giorno seguente in Piazza Matteotti per la Udin & Jazz Big Band nata  da un’iniziativa di Emanuele Filippi  e Mirko Cisilino, rafforzata dal sax di Soweto Kinch, esibitosi al festival anche con il suo trio. Incendiario concerto quello del Tinissima 4et la band del sassofonista friulano Francesco Bearzatti che ha presentato repertorio tratto dal suo ultimo album This Machine Kills Fascists. Con lui un sontuoso Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo al basso e Zeno De Rossi alla batteria. Bearzatti, da anni residente in Francia, ha scelto una strada a volte perigliosa dove, linguaggi ed impegno politico si uniscono per conferire alla musica sapore militante e rivoluzionario. Non è un caso che l’ultimo album è un omaggio a Woody Guthrie ed i precedenti a Tina Modotti e Malcom X.

In programma anche altri interessanti appuntamenti che hanno visto in azione il percussionista sloveno Zlatko Kaucic in trio con Stefano Battaglia al piano e Paolino Dalla Porta al basso; il trio di Dario Carnovale con Pietro Tonolo e il gruppo Dhafer Youssef. Gran chiusura nella splendido Piazzale del Castello di Udine con il concerto di Ezio Bosso con il suo “12th room”.

(Filippo Bruson)