Dopo il tentativo (riuscito solo in parte) di ampliare la base degli ascoltatori proponendo un classic rock di qualità e di massa con “Infinitive Arms” (riuscito) e con “Mirage Rock” (riuscito solo in parte), ecco che i Band of Horses ritornano alle origini con il nuovo “Why are you ok” (riuscito). 
Partiamo proprio dal titolo dell’album. Anzitutto si tratta di una affermazione o di una domanda? Dalla struttura della frase sembrerebbe una domanda eppure manca la punteggiatura. Comunque non vale nemmeno la pena porsi troppi interrogativi visto che l’autore inconsapevole del titolo è la seconda figlia di Ben che, al tempo della “composizione” della frase, aveva solo 3 anni e, complice il correttore automatico, ha inavvertitamente inviato questo testo da uno smartphone.
Veniamo alla novità: la veste grafica dell’album che da sempre è il punto debole della proposta della band. Dopo i primi quattro dischi in cui sono riusciti a confezionare cover con sfondi “stile natura”  una più brutta dell’altra, la grafica dell’ultimo album è invece ispirata da una foto scattata a Rio dal leader della band Ben Bridwell in una spiaggia di nudisti… nessun pericolo per i minori, nell’immagine si vedono solo un uomo e una donna in piedi, coperti dagli slip,  che danno le spalle al mare con il volto, la testa e il petto coperti dalle loro braccia. 



Una posa da meditazione o semplicemente un gesto buffo che ha catturato la curiosità di Ben. Sullo sfondo un mare calmo e piatto e una spiaggia deserta. Come in un quadro di Edward Hopper ci troviamo davanti ad una immagine apparentemente ferma e immobile, come nell’attesa che qualcosa possa o debba accadere. Una situazione in cui sembra non succedere niente ma che in realtà lascia allo spettatore l’impressione che possa accadere qualcosa. Questa è anche la sensazione che trasmette nell’ascoltatore la musica del disco e che accomuna tutte le tracce dell’album: uno stato d’animo generale di pace e di tranquillità ma in cui si avverte anche un senso precarietà, una situazione di quiete e di benessere che da un momento all’altro si può spezzare.
Parliamo allora della cosa più importante, la musica. Buona parte del merito dell’ottimo risultato finale sicuramente va riconosciuto al produttore artistico Jason Lyte, ex Grandaddy, e al produttore esecutivo Rick Rubin. Why are you ok è un album visionario, sognante ma nel contempo forse il più diretto e ricco di fatti vissuti in prima persona da Ben Bridwell. Fatta eccezione per alcuni brani come il singolo Casual Party e la seconda parte di Dull times/The Moon i cui  ritmi e volumi sono più intensi e alti, nel complesso la musica dell’album è composta, gentile e delicata. Tra le canzoni meritevoli di nota certamente da menzionare Lying Under Oak, che mi ricorda gli America degli anni ottanta, quelli di View from the Ground per intenderci, e Whatever, Wherever che ci porta indietro alle sonorità della West Coast degli anni sessanta. Country Teen è un country Rock spensierato e divertente mentre In a drawer si arricchisce del contributo di J.Mascis dei Dinosaur Jr. alla voce.



Ben Bridwell, padre di quattro bambine, al fine di coniugare i suoi impegni lavorativi con i doveri familiari, ha da prima trasferito la band da Seattle alla Carolina del Sud e più recentemente ha messo in piedi uno studio di registrazione nel garage di casa. In Dull Times/The Moon Ben, che di posti ne ha visti e cambiati molti, canta e ripete più volte: “Home is where you are, Home is where the heart is”. In passato non era legato a luoghi e ad orari particolari, ora invece di notte lavora e di giorno è impegnato nel menage familiare. In realtà il tempo fuori casa è sempre tanto, le registrazioni dell’album hanno avuto diverse sessioni a Stinson Beach (CA), Asheville e Woodstock, mentre attualmente i Band of Horses sono impegnati in Tour in Europa (purtroppo non passeranno in Italia). 



Recentemente i Band of Horses hanno anche fatto un mini tour negli Stati Uniti esibendosi nei negozi di dischi indipendenti: “Durante il giorno, con la luce del sole, che sa poco di rock’n’roll” ma questa nuova modalità  ha consentito di proporsi ad un pubblico diverso: “Che lavora la sera o che ha bimbi piccoli da seguire”. Ormai la modalità dei tour è completamente cambiata: “Prima si era soliti andare in tour per promuovere un album ora invece hai bisogno di un album per promuovere il tuo tour”! 
Tornando alla musica, lo stato di calma apparente che lega un po’ tutto l’album è meravigliosamente descritto nella canzone più bella del disco, Barrel House. 

A questo punto non è più solo la copertina dell’album, ma sono le parole di Ben a regalare agli ascoltatori una immagine rassicurante e inquietante nello stesso tempo. Un quadretto di pace e di serenità, solo apparente. Le parole di Ben ci fanno viaggiare con l’immaginazione in una veranda di una bella casa di campagna, chissà magari persa nella sua South Carolina o in un altro Stato del Sud, un uomo e una donna aggiustano la posizione della sedia per godere al meglio gli ultimi raggi di sole prima del tramonto. Un lavoro all’uncinetto come passatempo, un gatto da coccolare e un cagnolino accovacciato ai piedi.

Pace e tranquillità, cosa desiderare di più? Non è forse questa la felicità? Eppure qualcosa non va: il riff di chitarra non è affatto accomodante e la voce di Ben è, sin dalle prime note, fragile e dolente. 

Poi all’improvviso, una insoddisfazione, una preoccupazione si rende manifesta: “OH!” esclama più volte Ben come per mettere in guardia: “Ma OH! Il Cuore dell’uomo, i segreti che nasconde”! Come dire, oh! non ti dimenticare di quello che desidera davvero il cuore di un uomo, non ti dimenticare di fare i conti con quello per cui il cuore è fatto. È sufficiente la pace e la serenità per essere appagati? La canzone prosegue intervallata da continui “OH!” Come dire Oh attenzione! Oh sveglia! “OH, la vita di un uomo, la testa sopra l’acqua e poi spinta di nuovo sotto. OH, ci sono già passato troppe volte, è una prova dello spirito contro il benessere della mente”. Il passaggio da uno stato di contentezza a quello di ansia è continuo nel corso della canzone. 

Alla fine sembra prevalere il desiderio di serenità e di pace rispetto al grido e all’urgenza del cuore: “Oh, tutti gli anni passati non significano nulla, oh solleva lo spirito e schiaccia l’anima. Oh porta un po’ di pace al suo cuore e dei pensieri erranti, porta un po’ di pace a questo mondo e trasmettila”. Ecco perché Why are you ok. Perché va tutto bene o almeno così sembrerebbe. Eppure Why are you ok? Vale la pena di continuare a domandarselo…