Giulio Carmassi è noto ai più per aver suonato in ben centocinquanta concerti del Pat Metheny Unity Group, oltre alla registrazione degli album KIN e PAT METHENY UNITY SESSION appena pubblicato. Talentuoso polistrumentista, diplomato in pianoforte al Conservatorio di Firenze, da diversi anni risiede negli Stati Uniti, dove ha registrato e suonato dal vivo con autentici giganti della musica come Will Lee, Steve Gadd, Chuck Loeb, Akiko Yano, Lew Soloff. 



Con questo nuovo lavoro,  intitolato THE INNOCENT, si presenta anche in veste di cantante, sorprendendo per la qualità della proposta oltre a confermare la riconosciuta bravura come arrangiatore e polistrumentista. Il cd è stato completamente realizzato in solitario dallo stesso Carmassi con degli eccellenti risultati anche dal punto di vista propriamente tecnico. 



THE INNOCENT (acquistabile in anteprima su http://giuliocarmassi.com) è  interamente suonato, arrangiato, prodotto, registrato  e missato dallo stesso Carmassi nel suo home studio. Il master su nastro magnetico è avvenuto ai Sea Horse Sound Studios a Downtown (Los Angeles).

Tutto ha inizio nella primavera del 2014 quando il tour mondiale del Pat Metheny Unity Group è alle porte.

L’idea era di riascoltare durante l’anno del tour tutta la mia musica preferita, centinaia di dischi, facendo una cernita di tutti i dettagli, musicali e poetici che saltavano all’occhio. Volevo creare un dizionario delle cose per me importanti artisticamente. Il tipo di suoni, il soggetto dei testi, le parole, il tipo di effetti. 



Durante il tour Carmassi inizia a scrivere creando una lista di circa venti temi con dei lunghi paragrafi per ogni strumento provando e sperimentando, a volte forzando cose che apparentemente non sembravano coesistere. A luglio 2015 sono pronte le prime registrazioni che nei successivi sei mesi Giulio ha più volte rivisto modificando arrangiamenti e strumenti. Nella primavera del 2016 il nuovo album viene terminato e messo sul mercato. Il risultato è un lavoro di gran classe dal quale emerge il grande talento del musicista italiano.

Il cd è aperto da Am I Lost le cui atmosfere riportano a certe composizioni dei Pink Floyd come ci precisa lo stesso Carmassi.

Inevitabile l’influenza di Roger Waters e delle sue magiche, un po’ folli, atmosfere. L’idea del pezzo nasce da una sensazione ricorrente di essere a mezz’aria fra mille scelte, sospeso nel tempo. Combattuto fra il bambino che vuole andare a giocare e far finta che vada tutto bene e l’adulto cosciente e più realista. Am I lost è un desiderio di fuga, di fronte ad una vita non sempre giusta, e non sempre facile. L’arrangiamento fa molto riferimento anche a Claus Ogerman, con la sua lenta polifonia che si scioglie fra un accordo e l’altro.

Keep Walking è il brano che ci riporta a temi e atmosfere a certa musica italiana della quale Giulio è profondo conoscitore e appassionato. Toccante la voce quando si dispiega nel ritornello, evocativa di uno splendido periodo musicale, quando fare musica significava dare emozioni e gioia. Impeccabile la parte finale al sax soprano.

Keep Walking  racconta della voglia di andare avanti ad ogni costo, indipendentemente dagli ostacoli. Il non riuscire a darsi per vinti. Molti dei miei pezzi parlano di una vita complessa, piena di ostacoli e dell’andare avanti, del credersi, del provarci lo stesso. Keep walking dice “io continuo a camminare, perché non posso sempre preoccuparmi”. Non c’è sempre una causa precisa, non c’è sempre una soluzione pulita. A volte bisogna semplicemente farsi forza e non mollare . Musicalmente ancora una volta un mix di anni ‘80, di drum machine, pulizia e riverbero, ma anche grande oceano passionale anni ‘70. Ritorna un solo strano, costruito da 5 o 6 synthetizzatori differenti  utilizzati all’unisono. Molti cori, altra caratteristica che adoro nella musica popolare. Quando canto l’inciso penso alla Sera Dei Miracoli di Dalla e a quel periodo nella musica italiana.

Ok è caratterizzato dalla voce trattata di Giulio i testi fanno riferimento ad un difficile momento personale passato nell’adolescenza. Il clima musicale elegante da hit pop, viene nobilitato dall’arrangiamento e da riusciti interventi solistici come la splendida tromba in coda.

OK è uno dei testi ai quali tengo di più. Ancora una volta sul desiderio innocente di poter riiniziare, di poter avere ancora diritto di provarci dopo un errore. Questo desiderio di non essere giudicati, di dirsi che va bene così, che non è vero che è tutto la fine del mondo. Quanto sia importante ricordarsi che c’è ancora tempo, che non si può sempre stare a sentire l’opinione negativa degli altri. Musicalmente è uno dei mix più variegati. Dall’influenza popolare nella musica del primo  Dalla , agli anni ’80 dei Tears for Fears. Contiene una grande mia passione che è la voce distorta usata come strumento solista, uno dei miei suoni preferiti in contrasto con gli archi morbidi e oceanici. 

We Don’t Feel Anything Anymore prende spunto da una strana serata vissuta in un ristorante quando Giulio rimane colpito da alcuni vicini di tavolo. Iniziò così a pensare al testo da scrivere per una musica terminata da diversi giorni.

We Don’t Feel Anything Anymore scritta in un ristorante, vicino ad una tavolata di gente giovane, ubriaca e chiassosa. Ero colpito da quanta violenza e aggressività fosse necessaria a volte per sentirsi vivi, di quanto le cose semplici, non lo fossero abbastanza. Pensavo a come  la vita di tutti giorni fosse talmente abbrutente, e compromessa, ingiusta alle volte, da richiedere l’urlo, i litri di vino, la risata fuori misura, per sfogarsi, per sentirsi liberi. E di quanto in generale i film, la TV, la musica, siano spesso così dirette all’eccesso, allo stimolo eccessivo, per creare un emozione… Di quando tutto sia desensibilizzat… il sesso violento, il volume, il potere… E’ un pezzo sullo scappare dai propri bisogni reali, sull’essere emotivamente sordi,  sul desiderio di non lasciare che le cose continuino così. Ovviamente può essere rapportato anche alle relazioni con gli altri. Musicalmente è un pezzo molto semplice. Richiami dei primi Pink Floyd, il synth composto da varie voci sovrapposte, con il nucleo centrale costruito dal glissato, per me una strumento fondamentale di libertà.

Gotta Get to Work è una canzone che ha come tema il conflitto fra la libertà e i problemi materiali della vita; la musica nasce una sera mentre Giulio stava suonando il suo basso sul quale ha praticamente composto tutta la melodia. Clima rythm & blues, molto riusciti i cori in falsetto.

Questa canzone parla di quanto la vita sia più difficile di quanto uno si aspetti da bambino. Fa anche cinicamente il verso a quelli che ti dicono di rimboccarti le maniche e andare a lavorare. Di quanto la società ci metta sia in una posizione di inferiorità con poche speranze e poi ci dica che è solo colpa nostra. Ritorna il solo con i glissati. La distorsione stavolta è utilizzata per la chitarra. Il finale mi sembra particolarmente riuscito con gli archi che guardano alla  musica contemporanea sovrapponendosi al riff  che via via si frammenta. E’ un po’ una libertà musicale che si libera dal costrutto pop.

That’s What I Want  si rifà come tematiche ai nuovi cantautori, la parte musicale è evocativa del rock inglese del quale Giulio Carmassi è appassionato.

That’s What I Want guarda al mio mondo interiore specie  nelle affermazioni un po’ provocatorie, come il dire “voglio che non vengano a portarmi via”. Le musiche hanno un po’ di sapore di Roger Waters. Il basso e la batteria molto secchi e diretti mi fanno pensare alla “signora” di Dalla. Questo mix di Dalla e Pink Floyd, con un orchestra d’archi di musica classica contemporanea, è molto presente in tutto il disco. Ritorna il solo di voce distorta “alla Giulio”. 

Many Times You’ll Fall prende spunto dalla musica a cavallo fra gli anni ’60 e i primi ’70, i cori sono influenzati dalla musica nera, interessante l’uso del basso, strumento che Giulio ha affinato suonando nella band di Will Lee , autentico gigante del basso elettrico. 

Many Times You’ll Fall  ha come tema la vita che non ti da nulla gratis e nulla puoi fare se non andare avanti cercando anche di non vedere tutto impossibile e irrealizzabile, senza tralasciare quanto di bello otteniamo.. Musicalmente all’inizio suonava come un pezzo di Billy Joel, ed è cambiato molto nei mesi, caratterizzato  dal pianofortino acuto anni ‘60 negli incisi. Ritornano gli archi e una sezione ritmica molto scarna e secca alla Lucio Dalla. Da notare l’uso de basso suonato col plettro e stoppato col palmo della mano. 

Can’t Stop It è il brano che più rappresenta Giulio Carmassi per il suo modo d’essere e di intendere la musica. Emergono la sua cultura e preparazione musicale che si riferisce a grandi del passato, colpisce il fine cesello di suoni ed atmosfere che rendono giustizia alle sue capacità strumentali e musicali, non sempre evidenziate  dal missaggio del disco KIN inciso con Pat Metheny. 

Can’t Stop It è un po’ un omaggio ai Genesis  a Tonight Tonight, con un chorus che si rifà al mio amore per gli oceani di pad e archi presenti sia negli incisi di Dalla che negli arrangiamenti di Claus Ogerman. Armonicamente è uno brani con più sorprese. Adoro la batteria elettronica 808 della Roland, e ho avuto occasione di usarla qui e in un’ altra canzone che poi non è finita nel disco. Can’t Stop It mi piace molto proprio per il suo sound . Nel finale il tutto si libera con un solo di tromba e  batteria elettronica Simmons. Adoro questi mega finali che esplodono, dove non ci sono regole, dove tutte le cose si sovrappongono. Io sento la vita cosi’ 

La chitarra alla Bill Frisell, suonata come tutti gli strumenti del cd dallo stesso Carmassi, caratterizza l’atmosfera di Forgive, il primo brano composto per questo album. L’ispirazione nasce durante una sera no, quando tutto sembra andare a rotoli e ci si sente perduti.

Forgive è  nato mentre guidavo nei canyon vicino Malibu, a Los Angeles. Era notte tarda, non c’era nessuno per la strada, ero di malumore guidavo troppo veloce, sobrio, perché non bevo o fumo. Ero in fuga da quello che sentivo dentro, avevo  la cappotta abbassata, per sentirmi libero, per sentirmi in controllo. Torna  il tema del perdonarsi gli errori, nel dare a se stessi, alla propria autostima, un’altra chance per volersi bene, per credersi. E’ un invito a smettere di girare attorno ai problemi e darsi la colpa di tutto. E anche una confessione del bisogno di essere assolto che un po’ tutti sentiamo nella vita.

Con Forgive si chiude THE INNOCENT,  gran bel lavoro che conferma le qualità di questo straordinario talento.Carmassi ha decisamente virato verso una forma comunicativa più immediata, dove la sua bella voce (un’autentica sorpresa), gli efficaci testi, lo avvicinano a territori più propriamente “pop”. L’esperienza jazzistica ha ovviamente affinato ed esaltato alcune sue qualità, conferendo all’album una connotazione di eleganza e raffinatezza, con arrangiamenti riusciti e originali. Evidente la crescita dovuta anche alla lunga esperienza con Pat Metheny che potrebbe avere anche un seguito il prossimo anno  con il quarantesimo anniversario del Pat Metheny Group, anche se il chitarrista del Missouri sembra oramai entrato in una fase di stanca. Consigliato“vivamente” a chi ama il pop di grande qualità, dove la cura del particolare si coniuga con la passione e le emozioni autentiche.