Cinquant’anni fa la città più Rock and Roll degli Stati Uniti era San Francisco. Nel 1967 la città californiana era diventata il riferimento di un nuovo movimento di rivoluzione culturale, sociale e musicale tanto da diventare meta di pellegrinaggio da ogni dove. 

Qualora a casa ci si annoiasse, San Francisco era il posto giusto dove andare a fare un giro per liberare il corpo e la mente e per ascoltare buona musica. In quel periodo la band che più di tutti comandava la scena musicale era i Jefferson Airplane: i più visionari, i più liberi e i più cool del periodo. Almeno questo è quanto è stato tramandato sino ai giorni nostri. Cosa avvenne effettivamente in quegli anni nessuno lo ricorda con esattezza: “If you can remember the sixties, you weren’t there”, è quanto amano dire coloro che “c’erano”.



Considerato che proprio in questi giorni ricorre il cinquantesimo anniversario dalla pubblicazione di “Surrealistic Pillow”, l’album più innovativo e rivoluzionario degli Airplane e della Bay Area, vale la pena di fare un po’ di chiarezza cercando di farci largo tra i fumi e le allucinazioni di quei giorni.



I Jefferson Airplane, senza l’articolo determinativo “The”, erano un gruppo di grandi musicisti di spiccata personalità che ha saputo utilizzare l’Airplane come strumento di divertimento, di creatività e di trasgressione. Con l’innesto di Spencer Dryden, batterista di estrazione jazz e dell’ “Acid Queen” Grace Slick, a metà ottobre del 1966 si completa quella che è considerata la formazione classica dei Jefferson Airplane che si compone anche del bassista Jack Cassidy, Marty Balin, il più pop di tutti, Paul Kantner l’unico nativo di San Francisco e Jorma Kaukonen l’anima blues del gruppo. La RCA Records, che prima di allora non aveva mai avuto una vera e propria Rock’n’roll band, vede del potenziale negli Airplane e decide di metterli sotto contratto e di firmare un accordo dorato per gli standard dell’epoca.



Surrealistic Pillow è il secondo album degli Airplane uscito a distanza di pochi mesi da Take off ed è il disco che ha definito il “San Francisco Sound” e che lo ha fatto conoscere all’intera America e lo ha esportato oltre Oceano. 

Pare sia stato Jerry Garcia dei Grateful Dead a suggerire il titolo dell’album: “Suonava surreale come un cuscino”. Lo stesso Garcia ha anche partecipato alla registrazione del disco e nelle note di copertina il suo contributo è stato riconosciuto come: “Musical and Spiritual Adviser”, una sorta di Guru della Band. 

Rispetto al passato Surrealistic Pillow segna un punto di svolta in quanto la novità è che per la prima volta il suono ha saputo combinare la psichedelia con il folk rock di quegli anni. In realtà inizialmente l’uscita dell’album è avvenuta un po’ in sordina. La scelta di My Best Friend come primo singolo e di How do You feel come B side non è stata delle più felici e non ha contribuito al successo immediato. Quei due brani non segnavano alcuno stacco con il passato e non rappresentavano affatto una sintesi dell’Acid Rock che avrebbe fatto successivamente entusiasmare i fan della band. 

Eppure non si può dire che il disco non si notasse nei negozi: la cover curata da Marty Balin sarebbe dovuta essere blue… il risultato finale è stato una foto della band in bianco e nero su sfondo rosa… Ma si sa, non doveva essere semplice lavorare con i colori… 

L’album apre con She has funny cars, un botta e risposta tra le voci di Marty, Paul e Grace che in soli pochi minuti chiariscono e definiscono il concetto di musica psichedelica. Il disco include poi almeno due capolavori assoluti: Somebody to Love, inno all’amore libero, e White Rabbit, ispirata ad Alice nel paese delle meraviglie e racconto di una esperienza a base di Lsd, musicalmente strutturata sul Bolero di Ravel. I due brani portano la voce di Grace Slick e sono una rielaborazione di registrazioni dei Great Society, la band precedente di Grace Slick composta dal primo marito Jerry Slick e dal cognato Darby fondati proprio dopo aver visto suonare dal vivo gli Airplane. 

Grace Slick, prima di dedicarsi interamente alla musica faceva la modella in un negozio di abbigliamento: “Facevano più soldi loro in una serata di quanto guadagnassi io in una settimana e potevano fumare, bere e divertirsi e lavorare due sole sere a settimana”. L’album include anche un apprezzabile fingerpicking di Jorma Kaukonen (primo brano scritto), Embrionic Journey, e Plastic Fantastic Lover che contiene i primi rudimenti di Rap Rock. Walk this Way degli Aerosmith arriverà quasi dieci anni dopo, per Walk this Way con i Run DMC bisogna aspettare altri dieci anni. 

Grace Slick, grazie alla sua voce potente, al suo carisma e alla sua bellezza ammaliante si era ritagliata un rulo primario nella band catturando le principali attenzioni dei fans e…  le inquadrature delle telecamere. Nel film Monterey Pop durante l’esecuzione di Today, cantata nella sua interezza da Marty Balin, le immagini di D.A. Pennebaker non si distolgono mai dalla Slick seduta alla tastiera e “persa” nel seguire il tempo della musica con la testa e con il movimento lieve delle labbra.

Si è parlato di pagina di cinema d’autore, ma l’autore della canzone nonché cofondatore della band non deve essere stato certo contento del trattamento. Per quanto la Slick fosse la Star, in realtà nella band non c’è mai stato un vero e proprio leader e pare non ci fossero nemmeno delle regole ben precise. O almeno se c’erano delle direttive non erano scritte da nessuna parte. 

Gli Airplane, come ha ben descritto Kantner, erano una “Orchestra senza Regole”. Fare musica in quegli anni era un puro divertimento e ancora aveva poco o nulla a che fare con il business: “C’era un ideale romantico elevato nel prendersi cura della gente”. Gli Airplane e le altre band del periodo come i Grateful Dead, i Quicksilver Messenger, Janis Joplin e i suoi Big Brother & The Holding Company si supportavano a vicenda anche partecipando ai rispettivi concerti nell’area di San Francisco che spesso assumevano la forma di Benefit o di show gratuiti. 

 

Per quanto Surrealistic Pillow rimanga il loro miglior disco, gli Airplane si sono fatti conoscere per essere stati una live band d’eccezione. I palchi erano posizionati solitamente poco più in alto della platea e quindi consentivano una visuale scarsa. Inoltre la qualità degli impianti di amplificazione non sempre erano adeguati al luogo dell’esibizione. Nonostante ciò i suoni potenti e i light show di cui gli Airplane erano protagonisti, aiutavano a coinvolgere la partecipazione e l’attenzione del pubblico. 

Gli Airplane hanno creato, rivisitato e stravolto le loro canzoni innumerevoli volte dal vivo, mai una versione uguale all’altra perché sempre diverse erano le sostanze assunte. Si sono esibiti in ogni dove e in ogni condizione: da ospiti fissi del Matrix hanno girato poi i vari Fillmore di Bill Graham. Sono stati sui tetti di Manhattan (qualche settimana prima della famosa esibizione dei Beatles a Londra) e poi hanno suonato a Woodstock dove hanno timbrato il cartellino alle 8  di mattina come dei normali impiegati. Gli Airplane sono stati una formazione che dal vivo ha sempre suggestionato e lasciato il segno: la bontà di una performance dipendeva non tanto dalla qualità del suono o dalla perfezione di una esecuzione, ma piuttosto dalla qualità e quantità delle droghe assunte e dall’alchimia e suggestioni che tali sostanze suscitavano nella band.

Hanno legato per sempre il loro nome alla Summer of Love e a tutti i più celebri Festival americani di quegli anni, dal sogno di Monterey all’incubo di Altamont. La Summer of love è durata il soffio di una stagione, ma gli Airplane hanno lasciato il segno per sempre. “Jefferson Airplane Loves You”, c’è ancora tanto bisogno di amore.