Non credo sia frutto di un coordinamento, ma piuttosto del caso. In questo inizio del 2017 sotto il profilo musicale due Pipistrelli volteggiano sul cielo di Roma.Al Teatro dell’Opera è stata presentata la sera di San Silvestro la versione in chiave di balletto approntata da Roland alla fine degli Settanta per Zizi Jeanmaire (allora chiamata le più gambe del mondo); resterà in scena sino all’8 gennaio. 



La sera dell’Epifania, il 5 gennaio, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, si vedrà ed ascolterà un Pipistrello in versione da concerto, con le parti dialogate narrate da un attore; riguarderà la seconda parte,ampliata, però, ad altre musiche di Strauss. In questa nota facciamo alcune considerazioni generali sul lavoro e sull’edizione sulle punte vista al Teatro dell’Opera la sera di San Silvestro, riservandoci di esaminare Il Pipistrello di Santa Cecilia dopo averlo ascoltato.



Il Pipistrello  di Johann Strauss jr è l’unica  operetta che ha, da sempre, titolo a varcare le soglie della Staatsoper di Vienna. Alle altre sono riservati tre altri teatri della capitale austriaca: la Volksoper , il Theater an der Wien e  la Kameroper. Il Pipistrello  è  in scena ogni anno alla Staatsoper il 31 dicembre, a mò di celebrazione della notte di San Silvestro, in un allestimento, ormai storico e bellissimo, di Otto Schenk. 

Di norma, il teatro è tutto esaurito con mesi di anticipo. Cosa associa la più nota operetta viennese con il passaggio da un anno all’altro? L’operetta viennese della seconda metà del XIX secolo si distingue nettamente da quella francese  e da quella ungherese. Tutte e tre hanno in comune di essere spettacolo per eccellenza della borghesia nell’epoca dell’industrializzazione trionfante. La prima, però, è satirica e pungente o contro il potere politico-istituzionale o contro lo stesso ceto che pagava per andare a teatro: si pensi a Orhpée aux enfers (crudo ritratto del Secondo Impero) e a La belle Hèlene (presa in giro dei falsi moralismi sessuali) di Offbenbach. 



La terza – si pensi alla Vedova allegra di Léhar – è sentimentale e vagamente malinconica. Nella scrittura viennese, invece, non c’è né satira né malinconia. Non ci sono neanche sentimentalismi. C’è solo molta allegria a tempi di ballabili (domina naturalmente il valzer). Il Pipistrello  non ha luogo in un ipotetico Capo d’Anno ma in quella che potrebbe chiamarsi una “mezza stagione” (non sappiamo se primavera od autunno) in una cittadina termale nei pressi di Vienna. E’ però l’operetta di San Silvestro in quanto la sua musica è puro champagne della più alta classe. 

Non solo se ne tracanna a litri in scena nei tre atti (specialmente nella festa organizzata dal principe Orlofsky nel secondo, ma anche nella sin troppo allegra prigione del terzo), ma la vivacità delle bollicine è in buca d’orchestra e sul palcoscenico dalla prima all’ultima battuta. Non è “musica minore”- tra le tante edizioni in disco, ce ne sono eccellenti di Kleiber, Previn, Bhoem e Karajan- ma grande musica che si ascolta e si riascolta con gioia.

L’intreccio è quello di una complicata vendetta tra gentiluomini della buona borghesia viennese. Uno dei due è stato esposto al ridicolo collettivo (sputtanamento – si direbbe oggi) dall’altro al termine di una festa in maschera (dove si era travestito, per l’appunto, da pipistrello); rende pan per focaccia al suo amico in una serata, notte e mattinata in cui avviene di tutto e di più (travestimenti, corna, prigioni allegrissime).

Nella versione di Roland Petit, l’intreccio diviso in due parti e sette quadri, cambia sostanzialmente rispetto al libretto originale. Siamo in una città mittle-europea (potrebbe essere Budapest o Praga non necessariamente Vienna) all’inizio del Novecento ed una bella, giovane e brava signora, con tanti figli, della borghesia, pur se corteggiata dal migliore amico del marito,vuole riconquistare lo sposo, dopo essersi accorta che egli  di notte vola come un pipistrello in cerca di avventure.  

Quindi, travestimenti ed intrighi sino al lieto fine conclusivo. La vicenda di una complicata e divertente ‘notte brava’ è differente da quella del libretto di Carl Haffner e Richard Genée (a sua volta tratto da una commedia parigina di Meilhac and Halévy) messo in musica da Strauss jr.  Adattandola a balletto, viene semplificata e scarnita ed anche la partitura, non solo mancano  il canto e i dialoghi, ma viene leggermente modificata per accentuare le sezioni che meglio si prestano ad essere presentate ‘sulle punte’. 

E’ frizzante come una coppia di champagne ghiacciato, ma si respira anche un po’ di nostalgia per un tempo che non c’era più.

Anche Roland Petit e Zizi Jeanmaire non sono più con noi ma Luigi Bonino (interprete originale del personaggio di Ulrich, l’amico di famiglia corteggiatore della protagonista) ha supervisionato con cura la coreografia originale. Elegantissimi, pur se semplici, le scene di Jean-Michel Willmotte ed i costumi di Luisa Spinatelli; è chiaramente uno spettacolo la cui ripresa romana è la prima tappa di quella che si annuncia come una lunga tournée internazionale.

Questo Pipistrello è soprattutto danza. Oltre ai cinque protagonisti (Maria Yakovieva, Friedmann Vogel, Antonello Mastrangelo, Annalisa Cianci, Alessandro Rende), il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma (in una cinquantina di differente ruoli) dà una magnifica prova di non essere più secondo a nessuno nelle grandi compagnie di balletto europeo.

Un’ultima ed essenziale notazione: Strauss jr. è in Il Pipistrello un grandissimo compositore, per questo motivo amato dalle maggiore bacchette del Novecento. Diretta da David Garforth , l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma ha dimostrato di essere all’altezza dei migliori complessi europei. Ha colto tutte le sfumature , le raffinatezze e la dolcezza di una grandissima scrittura orchestrale.

Teatro stracolmo. Circa un quarto d’ora di ovazionipPrima di un brindisi con ottimo prosecco, panettone e pandoro per iniziare il Nuovo Anno con allegria.