“Endless summer”, una estate senza fine. E chi non l’ha mai desiderata, sognata, agognata. Se poi nasci dalle parti di Malibu, California, la puoi anche vivere sul serio. E’ l’immaginario che ci hanno portato film meravigliosi come “Un mercoledì da leoni”: spiagge infinite, un oceano blu come un diamante, onde e cavalloni su cui surfare. E tante ragazze, “California girl” ovviamente. A tutto questo va aggiunta una colonna sonora adeguata.



E’ da questo immaginario che prende vita la storia affascinante, ma assai poco conosciuta in Italia se non nelle sue forme più superficiali, dei Beach Boys, uno dei gruppi più significativi dell’intera storia del rock. A colmare questa lacuna di conoscenze ci hanno pensato Roberta Maiorano e Aldo Pedron con l’ottimo libro uscito da poco “Good vibrations, la storia dei Beach Boys” (Arcana, 382 pgg., euro 23,50).



Che gli autori siano italiani poco importa, vista la crescita in termini di autorevolezza che ha fatto la scrittura rock nel nostro Paese negli ultimi anni. Roberta Maiorano, giornalista musicale e scrittrice (tra le sue opere “Le canzoni di Simon & Garfunkel” e “Lucio Dalla l’uomo che sussurrava al futuro”) ha svolto un lavoro encomiabile nel documentare con una mole di informazioni tecniche, critiche, ma soprattutto biografiche la storia del gruppo, passata in esame nella ampia prima parte del libro. 

Narrando disco per disco, Roberta ha delineato nei dettagli la nascita del gruppo, ma soprattutto di un suono originale, quello pensato dal genio di Brian Wilson, coadiuvato da fratelli e cugini, dall’iniziale innocenza e spensieratezza del surf rock fino alle pagine ambiziose e sinfoniche dell’album capolavoro “Pet Sounds”, disco che come altri di quel decennio, nel 1966 avrebbe dato una svolta alla musica rock in termini di innovazione e di influenze che durano tutt’oggi. 



Senza mai annoiare, ma con una scrittura vivace e appassionante, ci introduce ai segreti di quei dischi, alle avventure e alle disavventure che hanno portato alla loro creazione, svelando il mondo impietoso della discografia di quel periodo che obbligava a produrre come in catena di montaggio anche due o tre dischi all’anno. E poi gli eroi di quel tempo magico per la musica come Phil Spector, o il batterista Hail Blaine, nonché i retroscena che condussero Brian Wilson dal genio alla malattia mentale. 

Proprio il capitolo dedicato a “Pet Sounds” è un libro nel libro, analizzato dal punto di vista compositivo, lirico (le sorprese saranno molte), il contributo dei tanti musicisti impegnati: “Erano canzoni ispirate non c’era vanità. Dio era con noi mentre facevamo il disco, era lì con me. Potevo vederlo, potevo sentire che era così”, racconta Brian Wilson.

Aldo Pedron, storico fondatore delle due più importanti riviste rock italiane, Mucchio Selvaggio e Buscadero, noto anche in America per essere il massimo conoscitore italiano dei Beach Boys, sforna da parte sua la seconda parte del libro, fatta di curiosità, informazioni dettagliate su discografia, videografia, apparizioni tv, incontri personali con Brian Wilson, concerti, nonché discografie anche dei vari membri del gruppo.

Alla fine in mano avrete una enciclopedia, più che un libro, che narra come un sogno adolescenziale sia diventato un inferno per poi avere un impensato riscatto finale, nella più autentica tradizione americana. Il libro gode di uno speciale messaggio di saluto da parte di Brian Wilson in persona.