Davide Van De Sfroos è uno di quei cantautori che al posto della lingua nazionale utilizzano ancora il dialetto. Già, perché certe tradizioni non si perdono con l’andare del tempo ma, anzi, in certi casi acquisiscono ancora più valore, proprio in virtù della loro genuinità. Davide Van De Sfroos, al secolo Davide Bernasconi, è uno di quei cantautori che per forza di cose è destinato a rimanere di nicchia, visto che il suo dialetto così stretto del nord può essere capito solo al di qua del fiume Po o giù di lì. Ma a lui, il buon cantore del lago di Como, la cosa importa poco. Molto poco. Intervistato da Il Giornale Off, Van De Sfroos ha chiarito come ‘il dialetto non appertiene alla categoria di slang, cioè di minore importanza.’ Poi, avventurandosi in un campo minato, ha riferito che il dialetto è ‘un esserci d’ordine antropologico’ (però!), ‘un’identità che non si elimina’ e che fa parte di noi. Per uno che canta tutte le sue canzoni folk-country in uno stretto dialetto nordico questa dichiarazione è, più che un chiarimento d’intenti, una vera e propria manifestazione di pensiero libero.
VAN DE SFROOS E LA PARTECIPAZIONE A SANREMO
Andiamo un attimo indietro con la memoria, a quando il cinquantaduenne divenne per la prima volta noto al grande pubblico. Era il 2010 e un semisconosciuto Davide Van De Sfroos si accingeva per la prima volta a calcare il palco dell’Ariston, sfornando la sua prima partecipazione al Festival di Sanremo. Una vetta incredibile per un’artista di nicchia come lui che, contro ogni pronostico, sarebbe stato destinato a raggiungere il quarto posto della classifica finale.
Il brano in questione era Yanez, un simpatico racconto nonsense che traeva la sua forza da alcuni leggendari personaggi salgariani. Yanez de Gomera, per l’appunto, è uno dei migliori ritratti usciti dalla penna del compianto Emilio Salgari (morto suicida per difficoltà finanziarie): un formidabile corsaro portoghese che appare nel ciclo di avventure legato a Sandokan. Il brano divenne immediatamente virale sul web e raccolse consensi sia da parte della critica che da parte del pubblico stesso; il giusto riconoscimento per un’artista particolare e molto, molto interessante. Il disco Yanez, infatti, diventerà disco d’oro.
L’EXPLOIT A SAN SIRO
Un grande scenario come San Siro non è solo per grandi band come U2 o Foo Fighters. A volte uno stadio così grande come quello di Milano può essere anche lo sfondo a un cantautore per pochi come Davide Van De Sfroos, autore di pezzi come Eleanor Rigby o Tom Joad. Lo scorso giugno, infatti, la ‘voce del lago di Como’ ha fatto il cosiddetto grande salto e ha cantato (e suonato) per la prima volta in vita sua a San Siro. Inutile raccontare favole: il sold out (ossia il tutto esaurito) non c’è stato affatto, ma un ragguardevole numero di 20.000 persone si è fatta avanti per poterlo ascoltare live. Lo stesso Van De Sfroos, infatti, dichiarò a Repubblica che, metaforicamente, ‘non aveva sfondato la porta, ma vi aveva solo aperto un piccolo varco’. Un varco che però, considerata l’esclusività del dialetto, è un risultato enorme: raggruppare così tanti adepti per un cantante regionale non è cosa da poco, per niente. E qui, per forza di ragionamento, torniamo all’inizio: i dialetti sono parte della nostra identità umana e non vanno assolutamente eliminati. Così come quella torre di Pisa è bella in questo modo: storta.