Soprattutto ci si diverte moltissimo. Sono andato a il Don Giovanni di Mozart secondo l’Orchestra di Piazza Vittorio, nello spettacolo pomeridiano di domenica 12 novembre. Il Teatro Olimpico era pienissimo in ogni ordine di posti; il lavoro di Mozart e Da Ponte era compattato in un’ora e mezza senza intervallo. Novanta minuti di buon umore . Mentre fuori, pioveva e pioveva.
Dopo il fortunato debutto in prima assoluta a Lione per il Festival Les nuits de fourvière lo scorso 13 giugno, il nuovo lavoro firmato dall’Orchestra più multietnica d’Italia, che si è già cimentata in maniera originale e imprevedibile nel Flauto magico mozartiano e nella Carmen di Bizet, ha debutta in prima italiana per la stagione della Filarmonica Romana dal 9 al 26 novembre al Teatro Olimpico di Roma. Andrà verosimilmente in altri teatri in Italia ed all’estero. Tanto Flauto magico mozartiano e la Carmen di Bizet nella trasposizione dell’orchestra di Piazza Vittorio hanno circuitato per almeno un anno.
Prodotto dall’Accademia Filarmonica Romana (che per l’Orchestra ha già prodotto due anni fa la Carmen) e dal Festival Les nuits de fourvière di Lione, al centro dello spettacolo – che Le Monde ha definito “glamour e iconoclasta” –, c’è l’idea di un sorprendente Don Giovanni, affidato ad una voce femminile, quella di Petra Magoni, un soprano di coloratura che fu indimenticabile Regina della notte del Flauto magico mozartiano nella prima produzione dell’Orchestra. Capace di mille travestimenti e abile a muovere in scena le fila di tutta la vicenda, intorno a Petra Magoni/Don Giovanni si sviluppa tutta la drammaturgia musicale dello spettacolo, filo conduttore di questa rielaborazione contemporanea del mito settecentesco. Una visione “altra” del protagonista che apre ad una diversa lettura dei rapporti tra i personaggi.
Siamo abituati all’idea di un Don Giovanni burlone, che si finge spesso un altro: Il travestimento, la mascherata sono le tentazioni per lui irresistibili. Si direbbe, per dirla con le parole di Fedele d’Amico, che egli inganni le donne non tanto per il piacere di conquistarle, ma che si prodighi a conquistarle per il piacere di ingannarle. Amare le donne e diventare ogni volta un altro. Questo nostro ‘Don Giovanni’ parte però da presupposti diversi. L’idea è quella di sempre: rappresentare sè stessi nei panni di altri, recitare il ruolo di se stessi con le parole e il carattere di personaggi di fantasia”.
Tra arie, duetti e pezzi d’insieme, i personaggi dell’opera percorrono fino in fondo le loro storie, rese vive e attuali ai nostri occhi dai travestimenti linguistici e musicali realizzati da Mario Tronco, Leandro Piccioni e Pino Pecorelli, portando l’opera, con mano leggera, ad abbattere ogni confine fra i diversi generi. Ritroveremo così Don Giovanni come un redivivo Cab Calloway in un immaginario Music Club, un’ambientazione dal gusto anni ’20 ma anche fortemente contemporanea, che dirige la sua orchestra e il suo destino in una pulsione di libertà e perdizione.
Un luogo vitale e carico di energia, dove i musicisti dell’Orchestra, posti su appositi piani sfalsati in altezza, che delimitano uno spazio a sviluppo circolare tagliato da una parete di pannelli variamente illuminati, si muovono quali protagonisti, insieme ai cantanti, nelle loro avventure musicali ed esistenziali. E fondamentale, come sempre, è l’apporto musicale che dà ogni singolo musicista e cantante chiamato a partecipare a questa produzione. Nel cast troviamo insieme a Petra Magoni, Mama Marjas (Zerlina), cantante reggae già molto applaudita nel ruolo di protagonista della precedente Carmen, Dario Clotoli che veste i panni di un Leporello in versione cubana; e ancora la cantante lirica di origine albanese Hersi Matmuja (Donna Elvira), il brasiliano Evandro Dos Reis (Don Ottavio), il tunisino Houcine Ataa (Masetto) e, alla sua prima collaborazione con l’Orchestra, Simona Boo (Donna Anna), dal 2015 vocalist dello storico gruppo napoletano dei 99 Posse.
Le linee essenziali del libretto di Lorenzo Da Ponte sono seguite in una versione multilingue che abbraccia l’italiano, il francese, l’arabo e il portoghese. Le principali arie ed i pezzi d’insieme dell’opera sono adattati al linguaggio pop e rap, sempre con un gran filo di ironia.
Correte a vederlo.