Un bel disco di musica italiana fa incrociare per una volta ancora le strade di due talenti di un’arte senza tempo, figlia di questo tempo. La torinese Monica P con il piccolo grande mago dei suoni Antonio Gramentieri.
Dall’oscuro e fascinoso mantra urbano di “Tutto Brucia” (2014), si rimettono in marcia con “Rosso Che Non Vedi”, pop-rock d’autore dove la scrittura agile dell’una viene esaltata da perizia e intuito dell’altro, presente in proprio e sotto lo pseudonimo/alter ego di Don Antonio in fase di produzione/supervisione sonica. Tempi di umanità esausta e rovesciata (come sembrerebbe suggerire la copertina) riempiono lo spazio di liriche che tengono insieme momenti di persone e tentativi di innalzare pensieri e cuori, in mezzo alla confusione e alle astuzie di un potere mediatico e non sempre più difficile da identificare e isolare nella sua scientifica trasversalità.
Sin dall’inizio di Corpi fragili, episodio fresco e scanzonato con tanto di ritornello ammiccante, risalta da subito l’impatto elettrico degli accordi e delle nervature sonore. Con Devo essere così il tratto si fa ancora più forte e deciso, in un tono polemico reso attraente dal portamento della protagonista, che smorza la severità electro del tessuto nell’eredità melodica anni ‘60 di un chorus memorabile e brioso con quel pizzico di veleno che lo fa decollare.
E‘ uno dei due momenti nevralgici di un lavoro teso, forte e apprezzabile per incisività di tempi cantautorali, assetto dei suoni e felpata vena polemica. L’altro è Calma apparente, quasi title track (giocata sullo slogan-refrain “è rosso che non vedi”) un po’chiave interpretativa un po’esortazione, pezzo di bravura sferzante e diurno nella strofa, rilassato e crepuscolare nel chorus, misterioso e allusivo nel parlato, staffilante nella coda solista di Gramentieri. E poi c’è la voce di Monica P con il suo carico di suggestioni che coniuga gli artigli vocali della Baraldi con un’espressività della parola che porta alla mente il timbro recitativo di una Vitti.
C’è un non so che di magia sfuggente in quel modo canoro che fa capolino anche in Prendimi, dark semi-romantico tra il sospeso e il teneramente andante sui baritonali late sixties cari al produttore/musicista. E ancora in una Labbra rosse con il suo elegante abito di suoni nitidi e vivaci che servono alla perfezione quel graffio che qui si fa rilassato e disinvolto.
Momenti che si bilanciano con episodi più duri e combattivi giocati sulla triangolazione tra l’acustico dell’autrice e l’elettrico/elettronico di Gramentieri. Dal punk-wave sfottò di Tutto il resto rende più denaro tutto rabbia e immediatezza canora, a quello mordace e meccanico di Tuttofare, dall’ipnotico più convulso di Spazio vuoto, all’alt-rock battagliero (tra Donà e ultima Mirò) di Rivoluzione.
Stasera mi piace suggella questo personalissimo atto di resistenza con una ballata che affida alla dolcezza raschiata ed espressiva del canto di Monica, un moto di speranza che muove dal valore energetico e insostituibile di presenze che accompagnano e sostengono la vita.