Il diavolo veste Prada. Meglio, Versace. O Armani. Dato che Marilyn Manson si è presentato alla televisione italiana in elegantissimo (e certamente costosissimo) abito giacca e cravatta tutto nero (ovvio, da buon diavolo). Ma essendo che usa un nome da donna (Marilyn in memoria della Monroe) ed il cognome di un uomo (Manson, Charles, tra l’altro appena morto e una bella domanda sull’ispiratore di una delle maggiori stragi della storia americana ci sarebbe stata benone) va bene anche se veste Prada.
Vero nome Brian Hugh Warner, l’artista americano è a tutti gli effetti uomo, come si è dedotto anche dal simpatico scambio di battute con Paolo Bonolis a proposito della denuncia della polizia italiana durante un concerto in Friuli in cui è stato accusato di “aver lanciato i genitali sulla folla” al che lui ha chiarito di averne ancora bisogno e che non farebbe mai una cosa del genere.
E’ stato un bello scambio di battute quello tra Bonolis e l’Anti Cristo del rock quello visto ieri sera allo show tv Music. Bonolis è tutt’altro che uno stupido, ci sa fare, e bene, con i grandi personaggi dello spettacolo: non si mette in ginocchio come fa ad esempio Fazio, li provoca anche se in maniera umoristica e sa tener loro testa. Manson, che con la gamba ingessata e il faccione tondo bello grassottello sembrava più “un povero diavolo” era stato preceduto da polemiche, come sempre, con diversi sacerdoti che avevano chiesto di non farlo apparire in tv, perché personaggio che influenza negativamente i giovani. I quali erano presenti in folto numero nello studio e sinceramente spaventavano più di lui, con trucchi estremi, piercing violenti, facce da zombie. Ma soprattutto si mangiavano con gli occhi il loro idolo. Il quale è stato molto educato, molto signorile e ha evitato qualunque polemica: sono Marilyn Manson solo sul palco, ha detto, come dire che la mia è una pura funzione. Quando però Bonolis gli ha chiesto se il tatuaggio sulla mano era o no il simbolo di Satana e se era vero che l’ultimo disco doveva intitolarsi Say-ten che in inglese si legge Satan, Manson ha elegantemente glissato. Si è solo dimostrato irato quando ha raccontato di una signora (“grassa” ha insistito, “molto grassa” enfatizzando in modo fastidioso l’aggettivo) che l’ha cacciato una volta dall’entrare in San Pietro.
C’è stato un momento però, nel finale, che qualche brivido il cantante americano l’ha fatto venire. E’ stato quando ha detto che “il mondo ha bisogno di essere salvato e lo farò io”. Per un istante, da dietro lo schermo, è sembrato davvero di vedere l’Anti Cristo. Mentre si dirigeva verso il microfono per cantare, Bonolis è stato davvero grande: “Ma perché il mondo lo devono salvare sempre i cattivi o i buoni? Non potremmo farlo noi gente comune di mezzo, mettendoci insieme per il bene di tutti?”. A questo punto, non inquadrato ovviamente, Manson si è trascinato col suo gambone sul palco dove lo attendeva un chitarrista. C’è stato il siparietto annunciato con i due raggiunti da Gianni Morandi che si sono scattati un selfie e poi è partita l’esecuzione. Il brano prescelto è stato Sweet Dreams degli Eurythmics, canzone che Manson da anni esegue nei suoi concerti, un bellissimo pezzo che è narrato dal punto di vista di una donna che ha subito nella vita molti abusi, di qualunque tipo essi siano stati, dunque in timing perfetto con la polemica del giorno. Il cantante americano è partito in sordina, con una vocina stridula che sembrava far presagire il peggio, ma quando ha tirato fuori il suo urlo animale e luciferino caratteristico ha davvero fatto paura, una voce sovrumana che sembra arrivare da qualche inferno sconosciuto. C’è stato poi anche lo sputo a metà canzone.
Magari in televisione queste cose non si fanno, ma almeno per un momento Manson è uscito dal cliché che si era imposto per tutto il tempo da gentleman e ha lasciato venir fuori la sua anima punk di quando era giovane. Patti Smith, Eddie Vedder, Joe Strummer, hanno fatto dello sputo sul palco una delle loro caratteristiche. Sputo che nasce da semplici esigenze fisiche durante il canto, ma anche segno di “io me ne frego” tipico della punk generation. Qualcuno lo ha trovato di cattivo gusto. A noi è sembrato più il gesto liberatorio di un cantante rock che smette la maschera, ogni tipo di maschera, e si dichiara per quel che è e per quello che dovrebbe essere la musica rock: mandare a quel paese regole e selfie da idioti.