In questo momento storico in cui i giovani hanno poco spazio per emergere in ogni campo lavorativo, Lele con il brano “Ora Mai”, il più giovane partecipante alla 67 edizione del Festival di Sanremo, sbanca e vince su tutti i partecipanti della categoria Giovani proposte. Lele (Raffaele Esposito) cantante, autore e compositore, ha 20 anni ed è nato a Pollena Trocchia (Napoli), dove vive con i genitori e il fratello. Fin da piccolo ha la passione per la musica e per il canto: sin da piccolo suona e frequenta il conservatorio di Napoli, nel 2016 accede al serale di Amici e sceglie di concorrere per la squadra Bianca accanto a Emma e Elisa. Il resto lo scriverà dopo questa vittoria sanremese. Certo, un piccolo aiuto e stato dato da “Ora Mai”, un brano pop accattivante con un ritornello che rimane subito impresso, prodotto da Fabrizio Ferraguzzo, e la prestigiosa produzione di Michele Canova, già al lavoro con artisti del calibro di Tiziano Ferro, Jovanotti, Giorgia, Marco Mengoni e molti altri. Lo abbiamo raggiunto dopo pochi minuti dalla sua vittoria.
Ciao Lele come ti senti?
Molto bene, Sono molto contento. Mi è passata l’ansia che avevo a inizio serata.
Da qualche ora la tua vita è decisamente cambiata. Avevi immaginato potesse accadere?
No. Decisamente! Comunque spero cambi dal punto di vista artistico e non da quello personale. Sono legato ai miei valori in modo forte. Sono stra-legato alla famiglia, alla tranquillità e vorrei rimanere, non vorrei peccare di presunzione, umile. Sono un ragazzo semplice e il mio desiderio è vivere di canzoni.
Che differenza c’è tra quello che hai vissuto ad Amici e quello che stai vivendo in questo momento al Festival?
Semplicemente è la cosa più importante che mi sia capitando in questo momento. Questo è il tempio della musica italiana e non ha eguali, per storia e per impatto culturale. E si sente.
Due aspetti completamente diversi quindi?
Assolutamente sì.
Cosa vi siete detti in quell’abbraccio con Maria De Filippi?
Non posso dirlo. È personale. Quello che posso dire è che lei mi ha aiutato a scrivere il primo capitolo di questa storia e le sarò per sempre riconoscente. Il rapporto con Maria non ha bisogno di essere reiterato. Lei aleggia sopra di noi come lo spirito santo (sorride, ndr). Scherzo chiaramente.
Eppure anche lì ti giocavi tante cose…
Ma stiamo parlando di musica e qui il peso è differente. Qui c’è la storia e questo palco lo hanno affrontato dei giganti come Domenico Modugno, Dalida, Luigi Tenco, Mia Martini e io sono sullo stesso palco. Quindi tanto rispetto.
Com’è stato trovarsi al fianco di personaggi importanti sul palco dell’Ariston?
Ho ancora un po’ di difficoltà nel non mostrare l’emozione dell’incontro. Mi son trovato bene. Sono persone eccezionali. Fiorella Mannoia strepitosa, Marco Masini di un’umiltà pazzesca. Samuel dei Subsonica fantastico. Ma tutti sono stati molto carini con me.
Con quale di questi ti senti più affine?
Mi piacciono tutti. Diciamo che avrei desiderio di scrivere per il mondo femminile e cogliere quelle sfumature “diverse”. Amo il contrasto delle sensazioni. Questo mi piacerebbe molto. Forse con Giorgia. Perché è più vicina al mondo Black e Soul. Nel senso dell’approccio alla canzone.
Quanto ha influito il tuo background partenopeo in quello che sei?
In tutto. Se non fossi partenopeo non sarei cosi legato alla musica nera. Il mio modo di fare musica è cercare la commistione tra la musica Black e la melodia italiana. È sempre stato il mio desiderio e spero di essere sulla strada giusta.
Secondo te, perché esiste questo forte legame tra Napoli e la musica nera, e non solo?
I popoli che nei vari momenti storici hanno dominato le nostre terre hanno influito sul nostro quotidiano. Questo ha creato un Melting Pot, come dicono in Inghilterra. Il Black è spirito di rivalsa, un desiderio, sofferenza. In questo credo che noi partenopei, in Europa, siamo i più simili ai neri. “Nero a metà” di Pino Daniele, non è casuale.
Che consiglio daresti a un giovane come te che si affaccia su questo mondo, tu che hai affrontato un talent?
Lavorare. Lavorare e crederci. In Italia siamo abbastanza pregiudizievoli in questo. Si pensa che tutto sia semplice e veloce. Ogni artista che fa un talent ha una storia a sé stante. Studio musica da quando sono piccolo e non mi sono ancora fermato. Questo credo sia l’unico consiglio che mi sento di dare. Studiare e prepararsi. Non credo vi sia un altro modo per migliorare. Per fare la differenza e sviluppare un modo di fare musica che sia “tuo”.
Hai aperto i concerti delle tue coach di amici (Elisa ed Emma). Cosa prevedi per il futuro dopo questa vittoria sanremese?
Sono emozionato. Ma non voglio essere eccessivo. Cercherò di continuare su questa linea. Piano piano. Passo dopo passo senza voli pindarici. Magari con live in one-man band, come piace a me. Vedremo. Per il momento mi godo questo momento. La mia vittoria.
(Angelo Oliva)