I Nirvana non sarebbero durati a lungo anche se Kurt Cobain non si fosse ucciso. O fosse stato assassinato, come si dice ancora oggi. Kurt Cobain era stufo della musica, quella della sua band, da tempo, diceva che salire sul palco era come timbrare il cartellino dell’ufficio, odiava le attenzioni esagerate di media e paparazzi dopo che l’album Nevermind, con sorpresa di tutti, aveva venduto milioni di copie e soprattutto dopo che si era sposato con Courtney Lover, musicista e attrice fallita, spogliarellista, groupie di mezzo mondo dello spettacolo della California.
Cosa sarebbe stato oggi, che compie 50 anni, Kurt Cobain, è il giochino che sempre si fa con i morti giovani del rock, tipo: che musica avrebbe fatto Jimi Hendrix se non fosse morto? E Jim Morrison, avrebbe davvero fatto soltanto lo scrittore di poesie o sarebbe tornato sul palco?
Kurt Cobain, dopo qualche tempo di ritiro dalle scene, sarebbe probabilmente tornato come cantante solista, e siamo quasi certo che avrebbe inciso un album capolavoro. D’altro canto tutti i pezzi dei Nirvana erano a sua firma, ed erano pezzi bellissimi. Magari avrebbe fatto un disco di cover, visto che nell’ultimo disco del gruppo pubblicato postumo, Unplugged in NYC, appare fra le altre una cover di David Bowie, The man who sold the world. E lui amava ad esempio John Lennon.
Avrebbe fatto dischi di musica sperimentale, come quello che già aveva inviso con lo scrittore beat William Burroughs, si sarebbe innamorato dell’elettronica. Chissà.
Ma c’è una domanda che è ancora aperta oggi, 23 anni dopo il suicidio: Kurt Cobain si è davvero ucciso? Ci sono tutt’oggi dubbi molto forti in quello che dovrebbe essere un cold case, se non ci fossero ostacoli, intimidazioni e soprattutto quell’atteggiamento delle autorità americane verso i musicisti rock: chissenefrega? Anche le cause della morte di Jimi Hendrix e Jim Morrison non sono mai state appurate realmente.
E’ vero che Cobain soffriva di depressione cronica sin da quando i genitori si erano separati, un avvenimento che lo aveva spaccato in due e portato a soffrire di dolori allo stomaco a cui poneva rimedio solo con l’eroina e che poche settimane prima della morte, mentre si trovava a Roma per un concerto, aveva ingerito 60 pillole di Roipnol, un tranquillante, generosamente innaffiate con lo champagne. Una lavanda gastrica gli salvò la vita. Ma c’è differenza a sballarsi pesantemente, per una festa con la moglie, e lo spararsi in bocca. Nel secondo caso c’è una premeditazione ben precisa.
Nel corpo di Cobain, dopo la morte, fu trovata tanta eroina da stroncare un elefante e già ci si può domandare come un drogato in tale stato sia in grado di prendere un’arma e puntarsela in bocca. Ma Cobain non si è ucciso con una pistola, ha usato un lunghissimo fucile da caccia, come hanno mostrato recentemente le forze di polizia che ancora lo detengono pubblicate per la prima volta solo due anni fa (perché?), il cui grilletto è praticamente impossibile da raggiungere se te lo punti in bocca. Una persona da sola non può farcela. Può darsi che Cobain avesse chiesto a un amico tossico di fargli il favore di sparargli, a volte si fa quando si ha paura di compiere da soli il gesto.
Ma c’è anche la lettera d’addio lasciata sul posto che nella prima parte, in cui si parla di voglia di smettere con la musica e di lasciare la moglie Courtney appare chiaramente scritta da lui, ma che nella seconda, dove si parla di suicidio, la calligrafia cambia. E tra le cose della moglie è stato trovato un foglio in cui qualcuno si esercita a imitare la calligrafia del cantante dei Nirvana.
I dubbi sulla colpevolezza di Courtney Love sono stati archiviati da precedenti indagini. Sta di fatto che il movente non manca: lasciata dal marito, chissà se sarebbe stata in grado di entrare in possesso anche solo in parte delle enormi ricchezze che ha avuto invece con la sua morte.
E’ un cold case, un caso aperto, anche se vogliono far credere il contrario.
(Paolo Vites)