La canzone di Al Bano al Festival di Sanremo 2017 è “Di rose e di spine” (testo e musica di M. Fabrizio – A. Carrisi – K. Astarita – M. Fabrizio) è una delle più attese nella prima giornata della kermesse sanremese.

È probabilmente il più atteso Big in gara Al Bano. Non solo perché alfiere della classica canzone all’italiana, con più di una sfumatura operistica, ma soprattutto perché reduce da problemi di salute piuttosto seri. Quindi è la curiosità soprattutto a nutrire l’interesse per Di rose e di spine, la canzone che il cantante pugliese porta all’Ariston, scritta da lui stesso con Maurizio Fabrizio e K. Astarita.



Classica canzone sull’amore eterno, infinito più grande e forte della vita che supera ogni barriera, molto tipica anche nella struttura ritmica e lirica, nell’alternarsi delle rime e delle strofe di sapore ottocentesco. Se già del titolo guarda a un’immagine molto abusata nella poesia romantica, anche gli accenni ”crepuscolari” della canzone si rifanno alla tradizione: ”Che cosa resta della notte / E delle mie malinconie / Un temporale che si abbatte /Su tutte le infinite vie”; oppure ”Esisti tu / Nei miei pensieri / Un sole eterno che mai più tramonterà”.



Sole, mare (”Com’è infinito questo mare / Che mi riporta sempre dove / Esisti tu”), cuore, amore, da lì non si scappa: non si esita a immaginare un arrangiamento ricco di archi e crescendi, per sostenere la potente vocalità di Al Band che pure non sempre di recente ha dato buone prove dal vivo. E il ritornello è scritto apposta per aprisi ampio e cantabilissimo: ”Che un’altra vita non mi basterà / Per dirti tutto ciò che sento dentro me / E brucerà / Questo mio fuoco che nessuno spegnerà / Io ti amo sempre più / Io ti amo ancor di più / Di questo amore senza fine / Di rose, di spine”.



D’altronde, Al Bano non è un interprete di parole o sensazioni, ma di note ed emozioni, proprio come la tradizione vocale dal reuccio Claudio Villa in poi. Quel che dovrà contare in Di rose e di spine non è l’impatto lirico della canzone, quanto il suo coinvolgimento musicale, il suo saper riconciliare il pubblico contemporaneo con la tradizione magari un po’ antiquata ma in fondo nobile della canzone tricolore. Uno di quei casi in cui sarà l’arrangiamento orchestrale a dare il vero giudizio sulla riuscita del brano.