Il testo è stato creato dallo stesso Ermal Meta ed è un’edizione Tetoshi Music Italia con sede a Nizza Monferrato (AT). In perfetto contrasto con il titolo, questo nuovo brano del cantautore mira a inneggiarela vita ed allo stesso tempo protestare contro chi cercca di annientare l’esistenza altrui.
Ermal Meta ritorna al Festival di Sanremo 2017 con la canzone “Vietato morire”, un nuovo brano estratto dal suo ultimo album dal titolo omonimo. Ad un anno dal debutto nella sezione Giovani con Odio le Favole, si presenta in gara tra i Big di Sanremo 2017 con un brano che denuncia la violenza domestica, un fenomeno sempre più dilagante anche nel nostro Paese e che ha contribuito a creare molti dei più recenti casi di cronaca nera. Il cantautore albanese si concentrerà quindi sul tema dell’amore, che coinvolge ogni tipo di vittime di violenza, compresi i bambini.
“Ricordo quegli occhi pieni di vita/ E il tuo sorriso ferito dai pugni in faccia”
Inizia così il brano di Meta, un diretto in pieno volto che mette in luce il contesto di violenza e ferite della protagonista, per nulla piegata da ciò che sta vivendo ed ancora nel pieno desiderio di continuare a vivere.
“Ricordo la notte con poche luci/ ma almeno là fuori non c’erano i lupi”
Una metafora che indica come i mostri non si nascondono solo dietro le ombre e nel buio della notte, ma anche alla luce del sole, mostrando il proprio volto a tutti. Spesso nascosti fra le pieghe di una socità che non vuole vedere, gli autori di qualsiasi forma di violenza sono i “lupi”, creature imprevedibili e feroci.
“Ricordo il primo giorno di scuola/ 29 bambini e la maestra Margherita/ Tutti mi chiedevano in coro/ come mai avessi un occhio nero”
In questo caso la violenza viene vissuta dal figlio, bambino, costretto a rimanere in silenzio dietro le insistenze della società (i compagni di scuola) e le istituzioni (la maestra). Un occhio nero che non passa inosservato e che non lascia spazio a dubbi sul suo significato, ma che spesso suscita invece domande ingenue (“come mai”).
“La tua collana con la pietra magica Io la stringevo per portarti via di là E la paura frantumava i pensieri Che alle ossa ci pensavano gli altri”
Un amuleto da stringere nel momento di difficoltà, quell’ancora di salvezza che rappresenta non solo il rapporto fra madre e figlio, ma anche fra due vittime che vivono la tragedia messa in atto dal medesimo carnefice. Il desiderio del bambino ovviamente è di salvare la madre e non se stesso, dato che non è in grado di comprendere la sofferenza se non attraverso gli occhi della madre. Un tentativo vano di portarla in salvo altrove, a causa della paura che “frantumava i pensieri”.
“E la fatica che hai dovuto fare/ Da un libro di odio ad insegnarmi l’amore/ Hai smesso di sognare per farmi sognare/ Le tue parole sono adesso una canzone”
Ed il pensiero rivolto alla madre che per il figlio ha rinunciato a tutto, trasformando l’odio in amore e diventando promotrice dei suoi sogni, pur avendo perso qualsiasi speranza per se stessa. Il figlio diventa così per la madre desiderio di libertà e realizzazione, negata per se stessa.
“Cambia le tue stelle, se ci provi riuscirai/ E ricorda che l’amore non colpisce in faccia mai/ Figlio mio ricorda/ L’uomo che tu diventerai/ Non sarà mai più grande dell’amore che dai”
Questo passo è probabilmente l’unico in cui è la madre a rivolgersi al bambino, delle parole che molto probabilmente il piccolo si ripete in continuazione come monito per il futuro. Una promessa e ripromessa di non diventare mai come il genitore, nonostante il legame di sangue e di ricordare che cosa vuol dire realmente amare.
“Non ho dimenticato l’istante/ In cui mi sono fatto grande/ Per difenderti da quelle mani/ Anche se portavo i pantaloncini”
Ed infine la reazione di una delle due vittime, grazie alla volontà di salvare la madre. Quell’obbligo a diventare maturo nonostante l’età, per affrontare un problema “da grandi” e mettere fine alle sofferenze della madre.
“La tua collana con la pietra magica/ Io la stringevo per portarti via di là/ Ma la magia era finita/ Restava solo da prendere a morsi la vita”
Nella parte finale della canzone, prima del ritornello, l’autore riprende parte delle strofe cenrali e rivive tutto in chiave maggiormente drammatica, sottolineando che la vita sta scivolando via, dopo anni di violenze subite. Un dolore in grado di lacerare la carne (morsi) e non di annullare tutto senza provocare un’indicibile sofferenza sia fisica che dell’anima.
“Ricorda di disobbedire/ Perché è vietato morire/ Ricorda di disobbedire/ Perché è vietato morire/ Perché è vietato morire/ Vietato morire”
La conclusione del testo incita alla lotta per la propria dignità, a non cedere alla volontà distruttiva di chi vuole eliminare un’esistenza. Quel “Vietato morire” è un cartello segnaletico lungo la strada della vita che impedisce di accedere in un territorio oscuro, la trappola creata dall’aguzzino. A cura di Morgan K. Barraco