Marco Masini è arrivato a quel punto della sua carriera in cui ci si guarda indietro ad osservare il cammino fatto, si tracciano bilanci e si cerca di capire quali passi siano ancora da fare. C’era già stata un’antologia retrospettiva “(Cronologia”, nel 2015) e prima ancora un live album celebrativo (“Un palco lungo… vent’anni”, nel 2010). Adesso, in occasione della sua ottava partecipazione a Sanremo, quello stesso festival che lo ha lanciato nel 1990 e che gli ha in seguito risollevato la carriera, portandolo alla vittoria nel 2004, al termine di una lunga fase di oscura sofferenza. Adesso, superati i cinquant’anni e riacquistata fama e considerazione, si presenta all’Ariston nuovamente come interprete, dopo che lo scorso anno era in gara come autore (suo il brano “La valigia di una donna”, portato sul palco da Noemi). Scrive assieme a Zibba, che viene da un’altra generazione e parla un altro linguaggio sonoro, ma che sempre al Festival si è fatto conoscere dal grande pubblico.



“Mi sono incontrato a cinque anni cadendo

E ho scoperto che cadere fa male

Nel primo schiaffo ho capito il pianto

E che se è non strettamente vitale non si deve rubare

Ho scoperto che l’amore è un’arte da capire

E l’ho scoperto così semplicemente amando

Che tutto cambia mentre lo stai vivendo

E che alcune cose si allineano a stento.”



Dicevamo del guardarsi indietro. E allora non è così del tutto inaspettato che se ne esca con un testo dal forte carattere autobiografico. La vita, sembra dire in questa prima strofa, è un viaggio alla scoperta di se stessi, ma si scopre chi siamo impattandosi con la realtà: cadiamo per capire che ci si può fare male, ma anche e soprattutto perché è possibile rialzarsi; uno schiaffo è doloroso ma piangere è il modo che abbiamo per accorgersi che ci sono dei desideri da esaudire; c’è una dimensione del rapporto con le cose che, se siamo veri, ci fa intuire che ciò che esiste va guadagnato, che non ce ne possiamo appropriare a nostro piacimento. Ma allo stesso tempo, la vita umana ha una dimensione tale per cui si può anche arrivare a rubare, se questa è l’unica cosa che ci tiene in vita. E non esiste un manuale d’amore, ma si impara ad amare semplicemente vivendo, provando a dare tutto noi stessi alle persone che ci troviamo sulla strada. In tutto questo, c’è un’altra verità: alcune cose si capiscono, altre meno. La vita non è un puzzle dove tutti i pezzi devono andare al loro posto. Alcune cose si allineano a stento, appunto. Alcune cose sono incomprensibili. Ma nonostante questo ci sono e non si possono cancellare, è questo il paradosso. Ed è quindi sulla scia di ciò che nel ritornello l’artista toscano si chiede: “Adesso io vorrei sapere come sarebbe il mondo se tutto quanto fosse spostato di un secondo”. Perché alcune cose si allineano mentre altre no, impariamo dall’esperienza ma allo stesso modo ci scontriamo ogni volta con la libertà delle persone che amiamo. Se è così, allora è giusto desiderare delle alternative, desiderare che le cose possano accadere in maniera diversa. Perché se tutto fosse spostato di un secondo, “adesso ti vedrei scegliere di restare e invece te ne vai”. Che cosa c’entra la realtà, tutta la realtà, col fatto che te ne sei andata? Che legame c’è tra le decisioni che hai preso e quelle che io avrei voluto tu prendessi? La verità è che la vita è un’avventura bellissima ma anche tremendamente complessa. C’è tanto dolore, alle volte, che verrebbe voglia di lasciare perdere tutto; di crearsi un mondo di imperturbabilità e indifferenza, un guscio dove nulla possa veramente farci male. Eppure, non funziona mai. Perché se è vero che ricevendo uno schiaffo impariamo il pianto, è altrettanto vero che “se è non strettamente vitale non rinunciamo ad amare”. Aspettiamo di ascoltarla davvero, questa canzone, per vedere se e come riuscirà a valorizzare un testo che, nella sua semplicità e senza essere un capolavoro letterario, riesce comunque, parafrasando un’espressione tanto cara a James Joyce, a parlare al “cuore selvaggio della vita”.