Da qualche anno Nexo Digital si occupa del ricupero e della programmazione in molte sale italiane, ma per un periodo limitato, di docu-film di carattere musicale. Così è stato, fra gli altri, per un film biografico/concerto di Roger Waters, così per i Queen, documentati nel primo concerto oltre la cortina di ferro, nel quale peraltro eseguirono per la prima volta Bohemian Rhapsody.
È ora il turno di un film co-prodotto da Sudovest Produzioni e Rai Cinema e programmato in circa 300 sale italiane il 20, 21 e 22 marzo, e la cui première sarà il 19 marzo al Teatro San Carlo di Napoli. Il luogo dell’anteprima suggerisce il protagonista del film: Pino Daniele. Il giorno in cui verrà presentato a Napoli è simbolicamente quello in cui Pino Daniele avrebbe compiuto 62 anni.
La regia è affidata a Giorgio Verdelli, che ha all’attivo una lunga serie di produzioni monografiche, soprattutto per Rai Due, dedicate ai maggiori protagonisti della musica italiana. Una piccola curiosità: nasce professionalmente nel circuito delle radio libere napoletane, e all’inizio degli anni ’80 produce gli Shampoo, che qualcuno ricorderà come artefici delle cover dei Beatles in dialetto napoletano. Capolavoro assoluto Si e’llave tu, cover di She loves you, se volete c’è su youtube…
Ma il riferimento all’ironia e all’arte di arrangiarsi non è peregrino: intento di Verdelli, oltre che dedicare un lungometraggio (105 minuti) al grande artista napoletano è anche quello di mostrare la napoletanità, fatta di tanti ingredienti diversi, ricordati a turno dai protagonisti delle varie testimonianze che si susseguono in un ricco caleidoscopio. Tantissime le testimonianze raccolte, da Arbore, a Peppe Lanzetta, da alcuni dei musicisti che lo hanno accompagnato – Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rino Zurzolo – a Jovanotti, da Stefano Bollani a Ezio Bosso.
Altra cifra stilistica del racconto è il continuo ping-pong fra passato e presente, fra le radici del cantautore e quello che ha lasciato. Ed un’altra alternanza presente è quella che ad intervalli più o meno regolari fa tornare lo spettatore fra le vie di Napoli, nei quartieri più disagiati o in case patrizie, facce opposte della stessa medaglia. Descrive bene questa bipolarità uno degli interventi di Peppe Lanzetta, amico d’infanzia e compagno di scuola di Pino, quando racconta del ritorno all’alba da un concerto degli Yes, gettandosi poi direttamente a scuola, e racconta di loro, ragazzi di allora, “sospesi fra Rick Wakeman e la professoressa di spagnolo, tra Alvin Lee e Peppino Gagliardi”. In poche battute, la cifra di un’epoca, quell’epoca che, anche musicalmente, ha generato Pino Daniele.
Se la parte affidata alle testimonianze è divertente e convincente, la parte dedicata alla rivoluzione musicale compiuta in quegli anni lascia un po’ la sensazione che, avendo a disposizione le teche Rai, si sarebbe potuto fare qualcosa di più, o qualcosa di diverso. Certo, vengono proposti pezzi di concerto incredibili, dove si sperimenta e si capisce quello che Pino dice ad un certo punto: “Abbiamo cominciato a suonare insieme e abbiamo creato un sound”. Ed è assolutamente vero: come in pochi altri casi nella canzone italiana (Dalla è uno di questi, Battisti, sicuramente, e pochi altri) qui non ci sono solo bellissime ed intense canzoni, ma un suono nuovo, una strada mai battuta prima. Ma ci ha lasciato un po’ lì (dico ‘ci’ perché ha visto il film con me un caro amico e musicista, Stefano Pecorelli), l’aver tralasciato due momenti importantissimi della produzione di Daniele come Nero a metà, appena sfiorato e Musicante nemmeno citato. Certo, non pretendiamo che si possa essere esaustivi, ma dare spazio ad episodi più recenti e francamente meno importanti ci ha lasciato leggermente perplessi. Come pure qualche testimonianza abbastanza inutile.
Ma tant’è, nel complesso Il tempo resterà è un film che si lascia guardare, la fotografia è spettacolare, ed alcune trovate registiche molto riuscite. Ci si avvicina a questo grande personaggio, cogliendo una serie di peculiarità che lo fanno amare di più a chi ne sapeva già un po’, e conoscere in alcuni aspetti della sua carriera e della sua personalità a chi magari non lo conosceva affatto. Un possibile pungolo a far andare oltre, a farlo conoscere di più. Impossibile citare tutte le testimonianze raccolte. Vale la pena concludere con due frasi che riassumono in breve i tratti principali della filosofia di Pino Daniele, riportate in video nel film. Ad uno spettatore che in concerto gli urla di imparare a parlare, tranquillo e in dialetto Pino risponde: “non fa niente parlare, l’importante è sapé sunà!”. E poi, nella bottega di un liutaio, dice proprio (cito a memoria) la frase che verrà presa come titolo di questo film: “la musica è un codice per entrare nel tempo: noi andremo via, e il tempo resterà.” Fortunatamente anche la musica di Pino Daniele resta, e questo documento è sicuramente un grimaldello per poterci entrare e farsi venire la voglia di saperne di più.