Di enciclopedie del rock sono pieni gli scaffali degli appassionati da decenni, anche se c’è qualcuno che ancora si diverte a spacciare la propria come “la prima pubblicata in Italia”. Nel nostro paese in questo senso esiste invece una forte tradizione con opere anche egregiamente compilate, a cominciare da una delle prime e delle più riuscite, l’Enciclopedia del rock di Arcana. Ne sono uscite per tutti i generi musicali e di tutti i tipi, visto che si è rivelato un’idea commercialmente fruttuosa. 



Oggi però ce ne sono anche troppe, ognuna ricalca quella precedente e l’arrivo di internet, che di per sé è una fonte enciclopedica, le ha rese quasi tutte superflue.

Diverso è il caso de “Long Playing, Una storia del rock” di Blue Bottazzi, che con “Lato B” (Tip.Le.Co., 345 pgg., 20 euro) appena pubblicato arriva al secondo volume di quella che come dice il titolo è una “storia”, non una enciclopedia, anche perché Blue (notissimo giornalista rock, attivo sin dai primi anni 80 sulle pagine del Mucchio Selvaggio e poi altrove) non è un enciclopedista, cioè un nozionista e basta. Ne sa a livello enciclopedico, ma è uno scrittore (a quando il primo romanzo?) e del passo dello scrittore ci si imbatte in questi due libri, riuscendo così a non annoiare mai, ma anzi a divertire e appassionare. “Lato B”, nella miglior tradizione dei vinili che noi over 50 abbiamo amato e che hanno reso migliore le nostre esistenze, giunge qualche anno dopo “Lato A”.



Sottointitolato “Il ritorno del rock”, riprende là dove era terminato il primo volume che invece partiva dagli albori, cioè la nascita di questa musica nei primi anni 50, scandagliando a fondo anche il decennio successivo. La fine degli anni 60 aveva segnato un momento di crisi, con la caduta delel utopie libertarie e di conseguenza anche di certa musica impegnata e, soprattutto, la fine dei Beatles con tutto quello che comportava. Qua si riparte dagli anni 70 e dalla rinascita che questo decennio portò, arrivando fino ai giorni nostri.

Un lavoro incredibilmente approfondito, anche perché è il periodo storico in cui Blue comincia a seguire da protagonista la musica rock, dapprima come semplice fruitore (il che significa comprare montagne di vinili) poi come giornalista, per cui ne è profondamente coinvolto.



Si parte appunto con gli anni 70 e i protagonisti del glam rock (Marc Bolan, Bowie e il primo Lou Reed), del power pop (peccato si limiti ai soli Ted Nugent e Big Star), del reggae, con una capatina a New Orleans e quindi la West Coast californiana. C’è poi spazio per il punk inglese e anche il pub rock così come tutta l’eccitante scena del CBGB’s.  

Si va avanti nel tempo e di un periodo che solo superficialmente amiamo definire tragico, gli anni 80. Blue ci presenta invece artisti straordinari anche se spesso rimasti fuori dal grande giro commerciale: Steve Earle, Lyle Lovett, Joe Ely, John Hiatt fra gli altri. Ovviamente non manca ampio spazio per Springsteen.

Molto bello il capitolato intitolato “Greenwich Village Revisited”, in cui si citano quegli eroi (molti dei quali introdotti in Italia per la prima volta ai tempi proprio da Blue) come Willie Nile, Steve Forbert, Jim Carroll, Elliott Murphy.

La monumentale opera prosegue con il rock romantico di Tom Petty e Del Fuegos; il Paisley Underground e il Cowpunk; Smiths e Rem giungendo all’esplosione del grunge e delle jam band degli anni 90. 

Le ultime pagine sono dedicate a musicisti degli ultimi anni tra cui Black Crowes, Wilco, Cowboy Junkies, Lucinda Williams.

Per ogni artista c’è un apposito spazio biografico ricco di aneddoti poco noti, commenti sui dischi, citazioni. Ogni capitolo finisce con la simpatica e utile Playlist, alcuni dischi consigliati per quel periodo preso in esame. Come si capisce Blue fa una decisa presa di campo: parla di fenomeni e artisti ignorati ai tempi da Mtv e giornalacci spazzatura (non troverete i Duran Duran per intenderci) per dedicarsi a chi il rock lo ha fatto sul serio.

Lo fa in modo sfizioso, approfondito, mai autoreferenziale, aiutandoci a ripercorrere una autostrada fatta di sogni e romanticismo che tutti noi della sua generazione abbiamo percorso. Come dice benissimo nella prefazione, “la musica rock è la colonna sonora della mia generazione, siamo nati dentro una musica che ha rappresentato la nostra cultura e il nostro vessillo (…) fu un modo diverso di vivere, di vestirci, persino di bere e di mangiare (…) l’illusione di aver trovato una chiave per realizzare un mondo migliore (…)”. 

Alla fine la domanda dolorosa che viene da farsi è: è il rock che ci ha tradito o lo abbiamo tradito noi? Perché sia la musica rock che noi stessi non siamo riusciti a vivere all’altezza del sogno che ci era esploso nel cuore? Probabilmente perché, checché ne dica Springsteen, alla fine “seguire quel sogno” è impossibile. Siamo esseri umani, non siamo eroi. 

Questo libro (e il precedente) andrebbero inseriti nei corsi scolastici, messi nelle biblioteche, affinché chi non ha vissuto in prima persona come noi quei “glory days” possa scoprirli. E perché questo “sentiero verso le stelle” (perdonate l’auto citazione) non vada perso nel tempo. 

Il libro, stampato in 200 copie numerate, è  in vendita  direttamente dall’autore, a questo indirizzo http://longplayingbluebottazzi.blogspot.it/ (ma è disponibile anche su amano).