E’ un ‘ritorno al futuro’. Le opere di Monterverdi e di Cavalli mostravano con crudezza al pubblico pagante quanto l’Inquisizione impedisse che si dicesse e solamente si spifferasse anche se tutti mormoravano degli intrighi e degli imbrogli di quello che Pier Paolo Pasolini chiamava ‘Il Palazzo’. Due lavori italiani di teatro in musica. Sono molto differenti, si svolgono in epoche diverse, ma riguardano ambedue temi politici che sono di attualità (o dovrebbero esserlo ancora).



La prima tratta della lotta alla mafia ed è imperniata sull’ultimo viaggio di Giovanni  Falcone a Palermo dove  il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci persero la vita con lui la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. In Italia, sono programmate commemorazioni ufficiali. Alla Staatsoper unter den Linden a Berlino è in scena, dal 28 aprile al 13 maggio. l’opera (di Nicola Sani, su libretto di Franco Ripa di Meana) Falcone, il tempo sospeso del volo Una prima versione è stata presentata  per due sere a Reggio Emilia dieci anni ma nonostante il successo di pubblico e di critica, in Italia non è stata ripresa da nessun teatro.



La produzione della Staatsoper di Berlino (che verosimilmente circuiterà in altri teatri  della Repubblica Federale è in lingua tedesca (il libretto basato su documenti della cronaca del tempo è stato tradotto dall’originale in italiano), con una nuova strumentazione e con un cast tedesco, per favorire la migliore comprensione del testo. La regia è stata affidata a Benjamin Korn, profondo conoscitore delle vicende politiche italiane. Egli stesso è una figura molto conosciuta in Germania, non soltanto come regista teatrale, ma anche come opinionista sulle questioni politiche e sociali. Ad interpretare la figura di Giovanni Falcone è Andreas Macco, uno dei bassi più interessanti della nuova generazione. Dirige David Coleman, uno dei migliori conoscitori della musica d’oggi. Il teatro è affollato tutte le sere.



Non di lotta alla mafia ma di un tema affine (la libertà contro la dittatura) si tratta in L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei  in musica di Nino Criscenti e Tomaso. Coprodotto dalla Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, dall’Accademia Filarmonica Romana, Amici della Musica di Foligno in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà e la Biblioteca Archivio “Piero Calamandrei”, anche in scena all’Auditorium San Domenico di Foligno e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, è già richiesto da numerose altre città (da Palermo a Firenze, da Lucca a Venezia), un segnale importante per spettacoli facilmente trasportabili e con un alto contenuto etico, politico e sociale. Il lavoro richiede una voce recitante ed un piccolo ensemble.

Sulla scena, Tomaso Montanari (uno scrittore e critico d’arte non un attore di professione) ed un quartetto di musicisti (Luca Cipriano clarinetto, Francesco Peverini violino, Valeriano Taddeo violoncello, Marco Scolastra pianoforte), interagiscono con immagini , in gran parte inedite, recuperate dalla biblioteca civica di Montepulciano dove si conserva un grande album fotografico in cui Piero Calamandrei ha raccolto le istantanee delle gite che quasi ogni domenica, dal 1935 fino allo scoppio della guerra, ha fatto con un gruppo di amici in cui si ritrovano alcuni dei maggiori esponenti dell’antifascismo e della cultura italiana del Novecento: Luigi Russo, Pietro Pancrazi, Nello Rosselli, Alessandro Levi, Guido Calogero, Attilio Momigliano, Ugo Enrico Paoli, talvolta Benedetto Croce, Adolfo Omodeo e in qualche occasione Franco Antonicelli e Leone Ginzburg. 

Non erano gite qualsiasi ma incontri per discutere nei vecchi Paesi della campagna toscana lontani dall’afa morale delle città piene di falso tripudio e di funebri adunate.  L’assassinio di uno dei compagni più assidui, Nello Rosselli, appena qualche settimana dopo la sua ultima passeggiata domenicale.

La parte musicale è costituita da dodici momenti di musica dal vivo nei punti più intensi del racconto. Sono brani di alcuni capolavori della musica da camera tra gli anni ‘20 e gli anni ‘40, da Stravinskij ( con i bellissimi Tre pezzi per clarinetto solo) a Casella e Šostakovic. L’organico di pianoforte, violino, violoncello e clarinetto è stato scelto in funzione di due opere scritte per questa singolare formazione: una composizione di Paul Hindemith del 1938 e il Quatuor pour la fin du Temps scritto nel 1940 da Olivier Messiaen nel campo di concentramento tedesco in cui era internato. Del 1945 è la Sonata per clarinetto e pianoforte di Mario Castelnuovo-Tedesco , un segnale che lo spirito di quelle gite è entrato nella ricostruzione soprattutto morale e liberale dell’Italia.