Il vero motivo perché Luigi Tenco si uccise 50 anni fa resterà per sempre un mistero, nonostante l’esplicito biglietto che il cantante lasciò in camera sua quella notte a Sanremo (“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La Rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”). La rabbia perché una canzone “Insulsa” come Io, tu e le rose era andata in finale e la sua Ciao amore ciao (peraltro dal testo parzialmente censurato) era stata invece eliminata. E’ vero che, come dice Gino Paoli, l’amico più stretto che Tenco avesse mai avuto, in una intervista pubblicata oggi sul Messaggero, il cantante genovese stava attraversando una fase di grande impegno politico ed è probabile che credesse veramente nella possibilità di far vincere una canzone per così dire impegnata rimanendone coscientemente deluso.



E’ altrettanto vero che le indagini come quasi sempre in Italia furono condotte in modo confuso e molti sospetti sono rimasti aperti. Gino Paoli nella citata intervista sostiene che quando fu lui a cercare di uccidersi con un colpo di pistola al petto sopravvivendo per miracolo, Tenco andò a trovarlo in ospedale rimproverandolo e dicendogli che “gente come noi non deve uccidersi”. E allora? Incredibilmente il cadavere di Tenco era stato portato all’obitorio senza che venissero fatti i rilievi fotografici d’obbligo e quindi riportato in camera d’albergo. Camera in cui oltre alla pistola che Tenco tiene in mano dello stesso calibro della pallottola che lo ha ucciso, ce n’è un’altra di marca diversa.



La sera prima aveva vinto al Casino circa 6 milioni di lire, ma in camera viene trovato solo un assegno da centomila lire, ed ecco il sospetto che si sia trattato di un omicidio a scopo di furto. Per quanto riguarda la posizione esatta del cadavere, visto che non furono scattate fotografie al momento del ritrovamento, vengono fatte sette descrizioni diverse, così come la pistola, che per qualcuno era nella mano, per altri lontana dal corpo. Il foro del proiettile è sulla tempia sinistra, ma Tenco non era mancino: un po’ complicato spararsi alla tempia sinistra con la mano destra. Ricorda Paoli (i due si erano conosciuti al tempo del liceo) che entrambi erano affamati di successo, nonostante l’aspetto impegnato e intimista che li contraddistingueva, così diversi da, per dire, un Celentano o un Gianni Morandi.



E aveva un carattere facilmente influenzabile, dice ancora: “Se leggeva Marx si sentiva Marx. Adorava Pavese che a me rompeva e gli dicevo di leggere Henry Miller così almeno si divertiva un po’. Quando andava a vedere James Dean per un mese si sentiva James Dean”. Concludendo che se avesse avuto successo, forse non sarebbe morto. Anche Gino Paoli dunque non sa spiegarsi cosa avvenne in quella camera di albergo a Sanremo quel gennaio del 1967. Come il caso di Kurt Cobain, nessuno saprà mai se si sia trattato di suicidio o omicidio.