Il 31 maggio al termine del concerto (e della serie di 12 concerti articolata su due stagioni intitolata ‘Specchi del Tempo), al Teatro dell’Opera di Roma (pieno di giovani grazie ad un’intelligente politica di prezzi (€ 20 per gli adulti, € 10 per i giovani in tutti gli ordini dei posti), è scoppiata un’ovazione di un quarto d’ora. Erano anni che al Teatro dell’Opera della capitale non si assisteva ad un’esplosione di entusiasmo del genere.



La serie di concerti ‘Specchi del Tempo’, ideata e coordinata da Giorgio Battistelli (uno dei maggiori compositori italiani, anche se le sue opere vengono rappresentate più frequentemente all’estero che in Patria), è stata articolata in modo originale. Sotto il profilo contenutistico – musicale, ciascun  concerto ha riguardato un tema visto da differenti compositori attraverso tra secoli; uno o due brani del Settecento (molto gettonato Mozart), uno dell’Ottocento, ed uno del Novecento o contemporaneo. Questo schema non è stato applicato rigidamente anche perché i tempi della musica non sono necessariamente quelli del calendario. 



Il filo conduttore di ciascun  concerto, e la sua declinazione sono stati illustrati al pubblico da un musicologo (Stefano Catucci) prima dell’inizio. Sotto il profilo musicologico-spettacolare, dato che la sala e gli ordini dei palchi del Teatro dell’Opera hanno tutti i pregi ed i difetti di un grande teatro (quasi duemila posti) del 1880, l’orchestra non era su palcoscenico, ma per ciascun concerto della seria è stato montato un palco che copriva il golfo mistico e le prima della platea, dando un maggior senso di intimità ed una migliore acustica (specialmente per quei brani che richiedono organici relativamente ridotti rispetto alle grandi opere di fine Ottocento per le quali il teatro è stata concepito.



La serie ha visto una serie di grandi direttori d’orchestra (ad esempio, George Pehlivanian, Ingo Metzamacher, Giovanni Sollima, Daniel Smith, Peter Rundel) succedersi sul podio, nonché solisti del rango di Nemanja Radulovic, Narek Hakhnazaryan, Vincenzo Bolognese, Jörg Widmann.

Non è questa la sede per riferire sui 12 concerti. L’ultimo – quello del 31 maggio – aveva come tema le danze dell’infanzia vista e percepite da compositori adulti, tramite due brani di Mozart, uno di Ravel ed uno di  Widmann (il quale tra i suoi strumenti impiegava anche il fruscio dell’acqua). Wildman – ricordiamolo – un clarinettista; quindi, tra i brani non poteva mancare il concerto per clarinetto e orchestra K622, una composizione affascinante spesso utilizzata come colonna sonora di film ma raramente ascoltata dal vivo.

Nel concludere occorre ricordare che nei suoi due anni al Teatro dell’Opera di Roma, ha organizzato (con le altre istituzione musicali della capitale) il primo festival italiano di teatro in musica contemporaneo (Fast Forward Festival) ed ha impostato vari programmi per modernizzare l’ente. In due anni, ha tracciato un solco profondo.