In una recente intervista il cantante degli U2, Bono, si è lamentato del fatto che i cantanti cristiani non facciano mai riferimento alla bellezza e alla ricchezza dei salmi quando scrivono delle canzoni. Lui lo ha fatto sin da giovane, quando nel disco del 1983 “War” scrisse un brano intitolato 40, riferimento al salmo 40 di cui usò diversi estratti (“He put a new song in my mouth, a song of praise to our God…”): “la cosa più difficile che richiedono i salmi è l’onestà. Leggo la Sacra Scrittura e vi trovo adulteri, assassini, egomaniaci… come molti dei miei amici! Quella che David fa al marito di Betsabea è incredibile… È un passaggio così buio. Ma nei salmi successivi si riflette tutta la grazia e la redenzione. È l’onestà a caratterizzare questi versi. Non possiamo piacere a Dio se non essendo brutalmente onesti. Questa è la radice del nostro rapporto con Dio. L’unico problema che Dio non può risolvere è quello che proviamo a nascondere“.
Tanti altri cantanti rock hanno pescato abbondantemente nei salmi dell’Antico testamento, soprattutto quelli di origini ebraiche come Bob Dylan o Leonard Cohen, ma quello che intendeva Bono era rivalutare la bellezza di quella che è stata, grazie al Re Davide che ne ha composti la maggior parte, una delle prime, se non la prima, forma di parola musicata.
Johnny Cash ne ha registrato un intero disco, uscito postumo, prendendo ispirazione dal libro dei Salmi che la madre portava sempre con sé, ma i cantanti cristiani di oggi conoscono vagamente qualche passaggio della Bibbia e in America, dove esiste il cosiddetto Christian Rock, si fa il verso ai rockettari con musicacce e testi spesso e volentieri fondamentalisti a cui si ispira l’America di Trump o annacquati. Quella che raccontiamo qui è invece una storia del tutto diversa.
Succede che a metà degli anni 90 lo storico chitarrista del Patti Smith Group, Lenny Kaye, anche scrittore e giornalista, stia lavorando all’autobiografia di Waylon Jennings, storico cantautore della stessa lega di Cash, i cosiddetti outlaw che ridondarono la musica country cantando di vite spospese tra peccato e redenzione. Durante una pausa di lavoro Kaye sente da una stanza provenire la musica di un pianoforte e la voce di una donna. Entra, e trova Jessie Colter, la moglie di Jennings, anche lei cantautrice country, che sta suonando melodie strane, ma affascinanti. Resta ad ascoltarla a lungo, rapito, poi si accorge che sta letteralmente improvvisando dal libro dei Salmi: “Rimasi trasfigurato” racconta “non avevo mai sentito nulla di così puro e immediato. Metteva le dita sui tasti del pianoforte e cantava le note che ne uscivano. Era come se stesse pregando”.
Le dice che le piacerebbe produrre un disco così. Passano gli anni e finalmente in quattro giornate, tra il 2006 e il 2007, i due si trovano da soli in uno studio e il progetto parte. Scelgono senza porsi il problema di quale salmo piuttosto che un altro, lei sfoglia il libro e canta, improvvisando. Lui aggiunge qualche tocco di chitarra. La maggior parte dei salmi che incidono, racconta Kaye, sono quelli che hanno a che fare con la bellezza redentrice di Dio, inni alla gioia, alla vita alla fede.
Ci vogliono altri dieci anni prima che il disco sia finito, nei quali il chitarrista aggiunge altri strumenti tra cui l’organo di Al Kooper (quello che inventò il magico riff di Like a Rolling Stone di Bob Dylan), una batteria e poco altro. Con una sequenza di pianoforte della Colter aggiunge violoncello e tastiera, lasciando il brano solo strumentale: è il Salmo 75 (“Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie: invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie”) l’impatto musicale è pura trascendenza.
Nonostante l’aggiunta di uno scarno accompagnamento musicale, tutto si gioca nella trance musicale e spirituale di Jessie Colter, rapita in un mondo “altro”. In un caso, il Salmo 114 (“Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi. Mi opprimevano tristezza e angoscia e ho invocato il nome del Signore: «Ti prego, Signore, salvami». Buono e giusto è il Signore, il nostro Dio è misericordioso. Il Signore protegge gli umili: ero misero ed egli mi ha salvato”) il pezzo raggiunge una turbolenza caotica maestosa, con un crescendo che ti sembra di entrare nel Tempio dove il Re Davide implorava la salvezza dopo una vita dissoluta, fatta di omicidi e tradimenti. In Psalm 45 la chitarra di Kaye e le tastiere di Al Kooper intrecciano note che si potrebbero definire, come ha fatto la rivista americana Rolling Stone, “psichedelia cristiana”.
Probabilmente questo disco è la più intima irruzione nei segreti meandri di un’anima che sia mai stata registrata, magari doveva rimanere in quei meandri, ma noi siamo felici che sia stata resa pubblica. Purificare l’anima ogni tanto fa solo bene a tutti.