La proposta cantautorale al femminile di un’estate che cerca riparo dagli anticicloni, ci viene suggerita grazie al prezioso contributo della Strictly Inc Promotion di Valentina Mattioli che ci conduce in un Molise avido di fermenti artistici e di curiosità per quella musica popolare che si nutre degli scambi e di quelle radici comuni che oscillano nelle espressioni regionali del centro-sud.  Una vasta striscia geografica di influenze e identità che taglia in orizzontale le regioni che si distendono tra Molise e Campania.



Cantautrice perfettamente a suo agio nel marcare i percorsi accidentati di inni, danze e ballate popolari, la Frida Neri di “Alma” (al suo vero esordio sulla lunga distanza dopo un EP del 2010) riesce ad accostare con naturalezza la personale lettura di quel mondo con un solido bagaglio di canti e litanie dialettali.  E’ il caso di Aida ballata dal piglio propiziatorio e interregionale giocata sulle movenze selvatiche e asprigne della musica popolare, che va a preparare il terreno a classici salentini e napoletani come Are mou rindineddha e Il canto delle lavandaie del Vomero.



Un contesto così ben definito e orchestrato da confluire senza traumi in omaggi al maestro del fado Josè Zeca Alfonso, prima in una Cancao de Embalar che mischia quell’intuizione con le agili tenerezze del genere, poi con una Maria Faia che ne bilancia il dolce proposito con freschi intermezzi di danza medievale. Un connubio talmente funzionante che il ritorno al materiale di proprio pugno di O meu canto (scritta insieme al chitarrista Antonio Nasone), può essere riguardato senza fraintendimenti come un’ulteriore escursione nel terreno dei tradizionali di lungo corso.

Il gruppo che l’accompagna fa ruotare attorno al chitarrista e governatore del suono Antonio Nasone valenti artigiani del settore, da polistrumentisti come Hilario Baggini ed Enea Sorini (contesi tra percussioni varie, flauti e chitarra), a flautisti di ruolo come Fabio Mina, fino agli apporti prettamente etnici degli strumenti a corda di Peppe Frana e delle percussioni di Francesco Savoretti. Fa capolino anche Massimo Zamboni in una versione alternativa di Aida messa in coda come bonus track. Un tappeto sonoro vivo e fresco che segna il passo rivoltoso de Il canto dei Sanfedisti, classica prova del nove dell’interprete che si rispetti (rimane celebre la sua resa negli anni ‘70 de La Nuova Compagnia di Canto Popolare) come di una Hunc Caelum Hunc Terrae Hunc Mare in cui la Neri mette in note e canto un antico testo gregoriano. 



L’epico finale di Parapono vede in qualità di ospite aggiunto – come nell’iniziale Aida – la violista Elisabetta Del Ferro (del mega folk-ensemble Obelisco Nero) a scaldarne l’imponenza arcaica con sequenze di note melanconiche e aggraziate.  Su tutto il tenore vivido, sofferto e marcato del timbro vocale della Neri che dopo aver impresso il suo personale segno, lascia al recitato di Carla Fucci (su versi di Loris Ferri) una introduzione e una chiusura che custodiscono quel senso della ricerca trasfuso in questo disco e ben riassunto nella dedica posta all’interno del libretto “Al gioco infinito degli opposti e agli affetti del cuore”.  Su questo alternarsi di umori, maschere del quotidiano e ascesi prende vita un esempio di arte musicale d’oggi pieno di dignità e speranza.