Il Macerata Opera Festival ha avuto un’idea coraggiosa: iniziare la manifestazione (il 20 luglio – con una serie di attività collaterali si estende a quasi tutto agosto) con una prima assoluta mondiale di un autore italiano, invece di scegliere uno di quei titoli noti che fanno accorrere in massa i vacanzieri dalle spiagge dell’adriatico. E tenerla nel magnifico piccolo Teatro Lauro Rossi non nella grande arena Sferisterio.



Non è la prima volta che il festival accoglie prime assolute mondiali: ricordo due lavori molto belli, purtroppo non ripresi durante le stagioni liriche delle fondazioni o degli altri teatri di tradizione, The Servant di Marco Tutino e Le Malentendu di Matteo Tutino, ma non rammento debutti alla serata inaugurale. Lo fanno solo i grandi festival, si dice, come quello di Salisburgo che, ad esempio, ha inaugurato l’edizione estiva 2016 con Exterminating Angel di Thomas Adès, poi ripreso alla Royal Opera House di Londra, al Metropolitan di New York ed in un’altra mezza dozzina di templi della lirica.



Non che Macerata intenda competere con Salisburgo ma non questa scelta si pone un gradino al di su di molti altri festival estivi in Italia (se ne contano più di una trentina). L’opera, commissionata per l’occasione, è Shi di Carlo Boccadoro , volto noto a chi segue il canale ‘Classica’ su Sky in quanto ha condotto a lungo il programma ‘Contrappunto’. E’ uno dei giovani musicisti italiani in ascesa. Il libretto dell’atto unico in cinque quadri (circa un’ora e mezzo di spettacolo) è di Cecilia Ligorio (a cui è anche affidata la regia); scene e costumi e luci sono ‘fatti in casa ‘ dalla Scuola di Belle Arti di Macerata; i video (di altissima qualità) di Igor Renzetti.
Shi (in mandarino ‘si faccia’, ossia un ordine dell’Imperatore) racconta la storia del gesuita Matteo Ricci (anche lui maceratese) dalla traversata procellosa del canale di Mozambico alla morte a Pechino (dove per decreto dell’Imperatore di cui aveva guadagnato la fiducia) è sepolto. Puntando sulla vicenda di Matteo Ricci il festival apre una manifestazione dedicata all’Oriente in cui , nell’enorme Sferisterio, vengono messi in scena tre titoli notissimi : Turandot, Aida e Madama Butterfly.



E’ un’opera volutamente semplice e concepita perché possa circuitare . Vi ricordate le preoccupazioni di Benjamin Britten che, rientrato in Gran Bretagna alla fine della seconda guerra mondiale, il teatro dell’opera sarebbe morto per i suoi alti costi e per la difficoltà di ‘girare’ da città a città? Al pari di The Servant e di Le Malentendu citate, Shi risponde a queste esigenze. Sul palcoscenico un baritono (Roberto Abbondanza), un baritono-basso (Bruno Taddia) ed un attore-atleta (Simone Tangolo). In buca, diretti da Carlo Broccadoro due pianisti (Andrea Rebaudengo e Paolo Gorini) ed il complesso di percussionisti Tetrakis (Gianluca Saveri, Giulio Calandri, e Cecilia Martellucci)

Quindi un organico essenziale di cui Boccadoro estrae sonorità che danno alle tempeste di mare, alle traversate dei deserti, alle atmosfere di Macao e Nanchino, alla Città Proibita di Pechino, nonché soprattutto ai dilemmi interiori se continuare o meno un viaggio trentennale per portare il messaggio del Dio dei cristiani in Cina. Su questo raffinato tappeto orchestrale, la parte vocale è tra parlato e declamato che sfocia in due ariosi in duetti tra baritono e basso. Per un intenditore, gli aspetti strumentali prevalgono, per modernità e raffinatezza, su quelli vocali (la cui scrittura è piuttosto tradizionale).

Uno spettacolo affascinante che si è meritato circa dieci minuti di ovazioni.