La seconda opera (delle tre) che il Rossini Opera Festival (Rof) presenta in questo programma 2017 è La pietra del paragone (1812), prima lavoro del genere erotico di Gioachino Rossini, allora ventenne e legato a Maria Marcolini, nota divoratrice di impresari e compositori.
Dopo un lungo oblio, è tornata sulle scene solo nel 1952. Al Rof si era già vista, una sola volta nel 2002, in un allestimento che piacque. Qualche anno dopo è stata l’opera inaugurale di una stagione del Teatro Regio di Parma, in co-produzione con il Théâtre du Châtelet di Parigi. Le due versioni (quella del Rof e quella del Regio-Châtelet) hanno viaggiato in Italia ed Europa in questi ultimi anni e ci sono stati allestimenti anche negli Usa. Ciò vuol dire che il lavoro ha qualcosa da dire anche ai nostri giorni. Per Rossini, allora appena ventenne, La pietra del paragone fu il primo successo scaligero, che lo lancio nei maggiori teatri di Napoli, Roma e Venezia.
L’opera venne chiamata “melodramma giocoso in due atti” dal suo librettista Luigi Romanelli. In effetti, è quella che oggi verrebbe chiamata “una commedia per adulti”. Si articola su una doppia seduzione utilizzando lo stesso stratagemma (travestimento): nella prima parte, lui seduce lei; nella seconda, dopo un malinteso, lei seduce lui. Il contorno è un mondo benestante che attornia un miliardario di mezza età refrattario al matrimonio: giornalisti arrivisti, poetucoli arroganti, alta borghesia, sicofanti e parassiti, nonché altre coppie che si seducono e tradiscono a vicenda. Al posto dell’ormai stantio teatro nel teatro, la regia immagina un reality show: una grande villa dove i giochi sentimentali dei protagonisti avvengono sotto gli l’occhi di tutti. Pier Luigi Pizzi ha trasportato la vicenda nel primo scorcio degli Anni Sessanta, l’epoca di film quali Come sposare un milionario e Alta società. Una villa elegante con piscina dal sapore nouveau riche, ragazze in bikini, giovanotti in costume da bagno, anche tuffi tra un’aria e l’altra. Grande attenzione ai dettagli; sembra che Pizzi abbia utilizzato mobilio di casa propria per arricchire l’attrezzeria del Rof.
Nella versione Regio-Châtelet, la regia di Giorgio Barberio Corsetti aggiungeva varie telecamere che proiettavano l’intreccio su sei giganti schermi televisivi. Si trattava di relazioni tra trentacinquenni ad alto reddito; quindi, siamo più vicini all’Isola dei Famosi che al Grande Fratello. La fantasia dei registi e le numerose trovate evitano che dopo la prima mezz’ora (delle tre ore e mezzo, intervallo compreso) ci si stanchi. Il pubblico ride e visibilmente si diverte. Lo spettacolo di Pizzi (riallestito con cura rispetto all’edizione 2002) è piccante e pieno di eros che impasta musica e voci.
Daniele Rustioni guida con brio l’orchestra Rai e Giovanni Farina il coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno. Ottima la compagnia di cantanti attori. A volti e voci notissime (quali Gianluca Margheri, Paolo Bordogna, Maxim Miranov) se ne affiancano meno note provenienti in gran misura dalla pesarese Accademia Rossiniana (Aurora Faggioli, Marina Monzò). La vera rivelazione è stata Aya Wakizono, giovane mezzo-soprano dalla voce vellutata, bella, attraente, con un fraseggio perfetto ed una coloratura seducente, che farà molto parlare di sé nei prossimi anni.
Grandi risate, numerosi applausi a scena aperta. Ovazioni per Pier Luigi Pizzi il quale a 87 anni ha raggiunto il palcoscenico saltellando.