E’ diventato un caso nazionale con conseguenza quella di un durissimo attacco di Donald Trump quello degli atleti di football che si inginocchiano durante l’inno americano, che in quel paese viene suonato prima di ogni incontro sportivo. E’ un gesto, hanno spiegato, di protesta contro il presidente e la sua politica specie nei confronti delle minoranze e gli stranieri, cosa che lo ha mandato su tutte le furie perché, ha detto The Donald, significa mancanza di rispetto per l’inno e per la patria. E’ un gesto di protesta, questo è vero, ma molto dignitoso: mettersi in ginocchio in posizione di preghiera non è certo come bruciare la bandiera, rifiutarsi di cantare o girarsi di spalle. Ma è una protesta.
Il primo a fare questo gesto fu, nell’agosto 2016, il giocatore della Nfl Colin Kaepernick, per protestare contro l’uccisione di afroamericani da parte della polizia. Trump, nel suo stile, ha avuto parole durissime: “Non vi piacerebbe vedere uno dei proprietari della NFL dire, quando qualcuno manca di rispetto alla nostra bandiera, ‘fuori dal campo questo figlio di puttana, è licenziato, è licenziato!'”. Adesso la protesta si allarga anche fuori del mondo dello sport, toccando la musica. L’altra sera il leggendario Stevie Wonder, che si doveva esibire al Globen Citizen Festival a Central Park, New York, prima di cantare si è infatti inginocchiato sul palco. Ha spiegato che lo faceva per protestare contro il taglio di aiuti internazionali americani: “Mi metto in ginocchio per l’America. Ma non solo su un ginocchio, su entrambe le ginocchia. Entrambe le ginocchia, in preghiera per il nostro pianeta, il nostro futuro, i nostri leader del mondo e del nostro globo”.