Mentre in Italia i Maneskin sono accolti e celebrati come il nuovo rock del millennio che presto oscurerà quanto di buono fatto da Rolling Stones, Led Zeppelin e Deep Purple messi insieme, dall’altra parte dell’Oceano, senza aver partecipato ad alcun talent, una band quasi altrettanto giovane si sta facendo strada grazie ad una validissima proposta musicale.
80 anni in 4, 3 fratelli di cui 2 gemelli, 1 album pubblicato poche settimane fa, i Greta Van Fleet stanno riuscendo nell’impresa di assegnare, già così giovani, un posto nella mappa del rock anche alla sperduta Frankenmuth (che per la cronaca si trova nel Michigan), loro città natale.
Noi rocker sognatori che con tanta passione stiamo crescendo i figli a Rolling Stones e Rock’n’Roll, ma veniamo ripagati in tutta risposta con Ghali e Rap. Bella fregatura il patto generazionale, ma da veri romantici poi restiamo stupiti quando scopriamo che ci sono artisti giovanissimi come Maneskin e Greta Van Fleet che provano piacere nel suonare la musica dei loro padri (o nonni), peraltro con un buon potenziale per esprimere le loro capacità. Eppure la sola giovane età non deve ingannare, il tempo è dalla loro parte ma, se davvero c’è della stoffa, spesso questa è evidente fin dagli inizi. Se andiamo a guardare gli esordi di chi rappresenta parte della loro fonte di ispirazione, Robert Plant aveva vent’anni all’uscita di Led Zeppelin, l’accoppiata Jagger/Richards era poco più che ventenne quando ha scritto (I can’t get no) Satisfaction e Angus Young era appena maggiorenne quando sono nati gli AC/DC.
In realtà le due band, oltre che per la tenera età, sono accomunate dall’appartenenza al variegato mondo del pop rock e da un talento innegabile. La band dei fratelli Kiszka si è già fatta apprezzare da un vasto pubblico grazie ad un suono orecchiabile, anche se “già sentito”, da “Instant Classic” caratterizzato da una voce smaccatamente “plantiana”.
La band romana, più funky/crossover alla Red Hot Chili Peppers, invece al momento è solo carismatica ma priva di canzoni. Insomma i Maneskin sono un bell’involucro ma mancano ancora di contenuto. Un aspetto secondario pare… creare l’artista dal diamante grezzo è l’obiettivo dichiarato dei talent. I Maneskin sono un prodotto da laboratorio e ogni loro nuovo passo verrà studiato e guidato con la massima cura. Per la serie, prima lo show e poi la sostanza. Addirittura la loro mancata vincita a X Factor non deve essere dispiaciuta più di tanto: ha fatto gridare al “gomblotto” e la loro mancata aggiudicazione ha contribuito a fare ancora più notizia.
Cosa suoneranno poi nelle decine di date già sold out non importa, qualcosa gli verrà “assegnato”, l’importante è che l’onda lunga di X factor 11 duri fino a marzo/aprile quando si terranno i primi concerti. E allora pronti adesso a farsi le ossa con il Tour negli store e nei centri commerciali… bah
I Greta Van Fleet, a differenza della “Band di Damiano”, oltre ad avere già un piccolo repertorio musicale e a presentare un suono più hard rock con influenze blues, manca di un entourage che da zero ne stia curando un’immagine da cattivi, da rockettari navigati e da maledetti. Prendete Josh Kiszka, il cantante: faccia pulita, sandali, pigiama e un codino improponibile anni ottanta. Mancano i calzini bianchi e sarebbe un perfetto tedeschino in vacanza in riviera (vedere per credere ). Davvero poco fashion non solo se venisse giudicato dagli occhi esperti di Tommassini. Per carità su questo fronte ci sarebbe da lavorare ma quello che li sta facendo conoscere al mondo, come dovrebbe sempre essere per tutti i musicisti, è la loro musica. La voce da brividi di Robert Plant, il tempo di John Bonham e John Paul Jones e gli assoli di Jimmy Page. Cinquant’anni dopo ritroviamo tutte le caratteristiche del sound dei Led Zeppelin. Un’ottima cover band se non fosse che i brani sono autografi e che il suono risulta ancora sempre molto attuale.
I Greta Van Fleet hanno capito che per essere piacevoli e originali non si devono inventare nulla di nuovo ma solo reinterpretare e rivisitare il meglio di quanto hanno avuto la fortuna di ascoltare e di cogliere come bello.
Oltre ad essere bravi qualche santo in paradiso devono averlo pure perché il loro album è stato prodotto dalla Republic Records (Universal) e la loro musica è arrivata anche nella periferia del rock ovvero qui da noi in Italia. Il singolo Highway Tune viene passato a ripetizione su Virgin Radio e questo brano, così come Safari Song, ben si integrerebbe in una qualsiasi programmazione Classic Rock.
Il loro album, o doppio EP, From the Fires é uscito da poche settimane e non è composto interamente da materiale inedito per due ragioni: la prima è che un altro EP Black Smoke Rising con 4 canzoni, già pubblicate nella primavera scorsa, viene riproposto anche in questo disco. La seconda è che ci sono anche due cover ad impreziosire l’album: il classico soul blues A Change is gonna Come di Sam Cooke e il Brit folk Meet on the Ledge, una vera chicca di Richard Thompson/Fairport Convention.
In attesa del nuovo album (o triplo EP…) una bella soddisfazione se la sono già tolta: intraprendere un lungo tour in Europa, dove però non si spingeranno in Italia, e poi al loro rientro in patria far parte della line-up del mitico Coachella.
Quindi ne vedremo della belle? Maneskin, Greta Van Fleet sperimentate e continuate a suonare la musica dei vostri padri ma fateci una cortesia: per la miseria quella maglietta basta! Toglietevi la linguaccia degli Stones di dosso!